lunedì 11 luglio 2011

Strane coincidenze

Appare così strano, mentre sono sull'amaca, il pensiero che mi sta prendendo e mi fa sorridere. E' un pensiero triste, su quanto è effimera la felicità.
Un tempo lontano, appena uscito da un vecchissimo dramma, scrissi:
"...Il sorriso campeggia dentro di me, forse nascosto dalle occhiaie, forse suggellato dalla stanchezza, ma c'è ed è dentro me. Spero che non sia una cosa effimera, una gioia passeggera, ma anche se lo fosse, sarebbe la dimostrazione che si può ancora sorridere realmente, come ho fatto sabato, come sto facendo ora. La felicità è il nostro obiettivo nella vita, e dobbiamo fare di tutto per raggiungerla. Come dissi altre volte, abbandonare ora sarebbe come un pilota che in testa alla gara, per paura della pioggia che inizia, si rintana ai box. La pioggia che cade è sempre asciugata dal sole, e il vento cambia. Ne sono sempre più convinto....".
Adesso so che sbagliavo. Adesso so che tutto quel sorriso era esclusivamente una gioia effimera. Ne è passato di tempo, in questi 3 anni.
E non riesco a capire come mai adesso le famose promesse non sono state mantenute. Credevo quantomeno di ricevere un famoso messaggio che mai è arrivato. Mi sto ricredendo, o meglio, mi sto convincendo che le promesse non sono mai e mai state mantenute.
Ho forse avuto a che fare con dei marinai? Probabilmente sì.
Non importa la risposta adesso. No, non importa. O meglio, la curiosità è sempre tanta ma l'istinto di conservazione ha prevalso.
Stasera ho voglia di star solo, per chiudere nelle scatole le idee e le voglia di vivere cose nuove. Ho voglia di vivere con me stesso e basta. Ho voglia, per davvero, di pensare a me. Ho voglia di trattenere quelle lacrime che inevitabilmente, di giorno, vogliono scendere quando ogni gesto, ogni respiro, ogni azione che compio mi riporta, inevitabilmente, a tramonti lontani non condivisi, a una serie infinita di periodi tesi.
Ho voglia di correre, di nuovo, per un qualcosa che mi faccia star bene. Ora non è possibile. Ho sempre gli stessi freni che mi impediscono di prendere nuove strade.
In più sono frenato dalla paura di "scendere da un treno in corsa", dal non poter tornare indietro, dalla paura di deludere.
Mi sono ritrovato come un coccino leggero che si rompe alla minima pressione. Eppure, ho sempre interpretato il ruolo opposto e, ancora oggi, mi trovo costretto a dire di sì quando non voglio.
Dovrei pensare a me, a questa strada che ho davanti.
Ma non ci riesco. Proprio non riesco ad essere quello che vorrei e che gli altri vorrebbero.
E mi domando se, davvero, passerà questa disillusione che, a poco a poco, è stata dal mio inconscio assorbita in modo quasi inaspettato, quando uno spettacolo dietro di me è passato sotto silenzio, giorno dopo giorno, parola dopo parola, frase dopo frase. Ignaro, forse. Volutamente ignaro, anche adesso.
Non ascolto cosa realmente il mio cuore direbbe, perché sarebbe come lanciarsia a 200km/h contro un muro a secco.
Il mio cuore direbbe: scaccia tutti. Scappa da tutto. Ma ciò non è possibile, così come trovare il giusto compromesso.
Eppure è così semplice dire di sì ed ignorare quello che uno prova.
E allora, questa "Long long road" deve avere come obiettivo primario la solitudine e, forse anche un minimo di egoismo. Basta soffrire. Basta insistere e perseverare. Basta. Evviva la strada. Quella difficile che però ti fa arrivare.
Quella sognata. Che non è questa.

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