Rientri e concetti

Rientrare. Tornare. Il concetto di "rientro" è qualcosa che è dentro di me. Il rientro avviene sempre quando uno è partito. Concetto che, se portato all'ennesima potenza, favorisce il pensiero, l'introspezione, il guardarsi dentro e, forse, l'evoluzione personale.
Ricordi di rientri: il primo, bellissimo, nel mese di ottobre, da Perugia. Una domenica sera di ottobre, quando tutto andava male, quando tutto pareva perduto, quando l'inverno entrava di prepotenza a gamba tesa e c'era la voglia di abbracciarsi e scaldarsi soprattutto il cuore. Parole, 150km di traffico, ancora parole. Dolci e gentili.
Risate che mancavano. Il resto del mondo che diventava un pendolare della settimana. Io, osservatore, un passo indietro, del mondo esterno che su quell'autostrada aveva voglia di arrivare. Io avevo voglia, invece, di scappare e lo stavo facendo.
Ma le fughe si interrompono. Si interruppe, quella fuga, giorni dopo. Giustamente, ero tornato su una vecchia strada. Ma quella sera c'era qualcosa di magico, nell'aria frizzante che iniziava a far arrossare la pelle, nel vino rosso che avevamo bevuto e nel rumore confortante della Lancia che si accontentava di poco e dava tanto.
Mi sentivo uno che rientrava la domenica sera, da un qualcosa di più lungo, dalla consapevolezza che di meglio, rispetto a questa grande sofferenza, c'era.
Bastava saperlo cogliere, in effetti, ma non ci riuscii.
C'era la sensazione di rientro quando Aethalia, alla fine dell'estate, entrava nel porto di Piombino con un giovane carico di speranze. C'era la sensazione di rientro quando da Roma il Pullman Sena "dava tutto", di notte, in silenzio totale.
Ho voglia di rientrare, adesso. Di ricominciare. Di sorpassare questo interludio di cronico grigio. Mi sento, adesso, un immaturo e insicuro bambinone col corpo di un legale di 30 anni.

Come detto prima, per tornare si deve partire. E allora ho voglia di partire. Con me stesso. Inevitabilmente alla ricerca del cambiamento. Sofferto, ma sempre cambiamento.