Fermo; come sempre, in fondo.
Fermo, in un certo sistema di riferimento; in fondo la Terra gira, su se stessa; e gira intorno al Sole; e mi trascina con se in un movimento di cui non ho alcuna responsabilità, né ho alcuna influenza.
Mi muovo nel mio immediato spazio fisico; casa, ufficio; casa, ufficio; casa, ufficio.
Tutto entro quattro grandi muri (più o meno) immaginari; muri di paura, di panico, di confusione, dove non faccio altro che continuare a sbattere, in un grande flipper di emozioni e di strette al cuore.
Pianti nascosti sotto la mascherina e dietro gli occhiali, che nemmeno avessi occhiali da sole, almeno riuscirei a nasconderli veramente; ma il più delle volte sono pianti a metà, dove non ho neppure il coraggio di piangere veramente, per paura di sembrare debole. Come se non lo fossi veramente.
The Midnight in cuffia; musica atta a stimolare vaghi ricordi; ricordi che iniziano a svanire, di un passato nonostante tutto spensierato, privo dei fitti cumulonembi che coprono il presente.
Così la nostalgia va e viene, a ondate, tra visioni, sogni, e profumi di un passato che inizia inevitabilmente ad essere riscritto nella mia memoria nei termini, ahimè, del presente.
Che poi non è che non abbia voglia di tornare; ma vorrei farlo alle mie condizioni e nei miei tempi. Forzarmi fa solo peggio, e mi allontana sempre di più; aumenta solo la sensazione di essere intrappolato in un tempo, un luogo, una situazione che non riesco a controllare.
Inchiodato, dalla paura.
Paura di essere nuovamente la goccia che fa traboccare il vaso.