venerdì 31 maggio 2013

Occhi negli occhi


Occhi negli occhi,
alla ricerca
di una realtà che si delinea,
in testa ma non nel cuore,
con la perfezione apparente
di un teatro nuovo,
ove i sogni e le speranze
si alternano e scendono,
sparendo nel buio.

mercoledì 29 maggio 2013

Morbo


Il morbo è in me. Me ne rendo conto giorno dopo giorno, pervaso da quella strana e inspiegabile continua ansia. Sento che c'è un vortice forte, che mi butta giù. 
Starei ore a scrivere quel che sento negli attimi di lucidità, e quello che combino nei momenti in cui la corrente mi porta via. Ma non lo faccio, meglio di no. 
Non ho altro da dire, se non che sento che ho terribilmente bisogno di aiuto. Solo io posso aiutarmi. E ce la farò. 

martedì 28 maggio 2013

Direzione obbligatoria

Ci sono giorni in cui vengo avvolto da un desiderio di partire per un attimo, e fare un gesto semplicissimo: lasciare una rosa nella cassetta della posta. 
Gesto agevole per chi è fortunato ed ha vicino la persona che vorrebbe accanto.
Gesto agevole per coloro che non si infilano in casini epici solo grazie alla loro insicurezza, non ascoltano No more I love you's di Annie Lennox, per sciogliere nella stupidità quello che fa male, quello che nessuno sa ancora decifrare, me compreso.
Mi sono ripromesso di non amare più, di inaridire quello che un tempo provavo, quello che mi ha fatto male.
Gli altri mi sorpassano, e io rimango al palo. Fermo.
Rimango al palo perché chi è già un po' avanti ed attende cosa riserva il futuro con spavalderia non si rende coto che magari insiste su una direzione obbligatoria.
Obbligatoria è una parola orribile secondo me. 
C'è chi si auto obbliga a scappare; chi semplicemente si autoconvince che l'amore non esite; chi come me, solito povero illuso e anche un po' bischero, sa che c'è e si ritrae.
Vorrei la libertà di non chiamare, per una volta. Vorrei la libertà di star solo e non dovermi sentire obbligato a riempire il tempo che passa. 
Io vorrei solo la mia nave gialla e il mio Duetto rosso in questo momento.
Vorrei essere cullato dal mare, forse pure solo. Anzi, soprattutto da solo.
Verrebbe quasi da dire devo fare una sosta. Una sosta su questo percorso che mi porta solo ad assecondare aspettative altrui senza guardare le mie.
La verità è che non dovrebbero esistere direzioni obbligatorie. Mai. 
Qualcuno se le autoimpone per autodifesa, qualcun altro per paura. 
E allora buon futuro a chi non si obbliga.
Io non ci resco.
 

lunedì 27 maggio 2013

Full steam ahead alla cieca.


E' un periodo strano, di quelli che alla fine uno potrebbe anche non ricordare. E' un periodo in cui scopro lentamente me stesso ed imparo a conoscermi.
E' un periodo che mi ha visto protagonista di iscrizioni al Registro Europeo Alfa Romeo. 
Non è un percorso semplice, anzi, è più duro di quanto pensassi. Inciampo però. Inciampo nella mia solitudine che non sono in grado di vivere a pieno.
Non so più se sono fragile o se sia una mia maschera.
Ma la via sembra tracciata, nonostante certe correnti mi trascinino via chissà dove chissà quando e chissà come, come avvolto da un vortice che non so gestire.
Forse dovrei saper mancare alle persone nella vita.
Dovrei imparare a non darmi tutto a tutti, ma qualcuno non sa che i passi avanti li ho fatti, eccome se li ho fatti.
Dovrei imparare a conoscere gli altri ascoltando.
Ma una cosa ho iniziato ad impararla.
Ho imparato a non chiedermi perché, a non domandarmi cosa e chi fosse più avanti nonostante i sospetti evidenti e il ribollire dentro di me di una lava sopita come nel Vesuvio.
I ricordi, quelli tappati dentro, premono e fanno male.
Pugnalano l'esterno della mia corazza ed entrano nella carne. La lava dei ricordi schizza fuori, putrida, brutta, odorosa come i freni surriscaldati delle vecchie carrozze degli Intercity.
Il marcio è lì, in momenti bene individuati che mi ero scordato.
No.
Dico no.
Il mio sorriso non è del tutto vero. Non lo è nemmeno quello di chi mi circonda, in questo alone di fumo che esce dalle mie orecchie.
Dei flash, quelli traumatici che i denti stretti hanno per anni tenuto dentro e i cui terribili risultati di una elaborazione distorta la bocca aperta ha rovesciato e rovescia su chi mi circonda da tempo immemborabile sono lì che sfidano questo povero cavaliere solitario, senza cavallo, senza un obiettivo apparente da raggiungere, con la consapevolezza che, una volta vissuto questo momento e risolto il tutto, il risultato sarà solo il vuoto e tante belle parole finiranno in un secchio come l'insalata andata a male vola nell'organico, nel cassonetto marrone della Sienambiente.
Il cavaliere si arma di tutte le effimere possibilità che gli spettano: di una Mito rossa, un tempo Eroica e che ora ha mutuato il soprannome latino di Trabicculus da una sua cuginetta più piccola di colore blu; di un duetto iscritto al Registro Europeo Alfa Romeo; di troppe parole inutili, di sorrisi facili e di silenzi riempiti fino all'orlo di quel nulla cosmico.
E' splendida l'età in cui si ricerca la perfezione negli altri. Sono i 20/25 anni che ruggiscono tra immense compagnie, uscite, auto, discoteche, banalizzazione di aspetti fondamentali, nell'illusoria ricerca di quanto di meglio esiste nelle cose e nelle persone.
Col passare del tempo, tuttavia, tanti iniziano ad accontentarsi di qualcosa di meno. Rimangono delusi dall'aspettativa altissima che nutrono in se stessi, una volta arrivati a quota 30.
Il mio principale difetto è dissentire totalmente con tali limiti autoimposti, e continuare a cercare quello che mi fa stare bene, inevitabilmente rivelandomi un ventenne illuso con la carcassa da quasi 32enne spavaldo.
Giorno dopo giorno questa carcassa arrugginisce, perché oggi non sono più in grado 
Che non è così.
Il Vulcano dentro di me è ancora tappato, la lava esce ma molto piano.
Per i 32 so che il regalo più bello me lo faccio da solo, ma è un bene materiale (caro assaettato ma che soddisfazione!) e chi tenta di farmi ritrovare la retta via sa bene che il ribollire dentro di me di tutto questo magma interiore forse non sa che prima o poi riaffiorerà qualche relitto.
Mi sento una nave che vaga alla cieca nella tempesta, con l'obbligo di dare un full steam ahead senza tener conto degli scogli che forse affioreranno.
Vorrei svegliarmi un po' di tempo fa, quando la mia idiozia era recuperabile.
Non è possibile. Un piatto rotto non si incolla facilmente e i segni rimangono tali.
Prendiamone atto e andiamo avanti nel mare scuro a tutto vapore.
Oppure con la cappotta aperta.

giovedì 23 maggio 2013

Resisti

Tu Resisti.
Resisti al tempo, alla neve, alla pioggia, al sole estivo
che si alternano
in questa vita.
Resisti,
e non ingiallisci mai come la carta lasciata fuori.
Resisti,
al principio e alla fine,
alla notte e al giorno,
alla sveglia e al sonno.
Resisti,
a testa alta,
come una statua in una piazza che non ha paura del trascorrere del tempo.
Resisti,
in me, in te, in noi, e forse anche negli altri.
Resisti,
nelle strade tortuose,
negli occhi che si soffermano,
a pensare a chissà quale momento preciso.
Resisti,
alla vita e alla morte,
alla paura e al coraggio insufficiente,
alle dimostrazioni inutili
o forse utili solo a chi le mette in pratica.
Resisti,
all'evoluzione di tutti noi,
al rosso che rimane sul cofano,
al blu che mi è sempre piaciuto poco,
al beige che mi avvolge adesso.
Resisti,
nel cuore e nell'anima,
nei perché e negli alibi,
nelle ragioni e nei torti,
anch'essi espressione inutile
del fatto che si perde comuque entrambi.
Io resisto,
nei cuori altrui
quelli che non voglio e non volevo toccare,
nel verde e nel blu,
nelle bandiere sventolate da chi non sa più cosa dire,
nelle vetture dei treni
un tempo arancioni e viola
adesso verdi e bianche
ma sempre le stesse,
nei cerchi neri.
E Resisto a te,
e al tempo che sarebbe migliore.

martedì 21 maggio 2013

Una strada nel sole


Cammino stamani, dal parrucchiere allo studio. Capita spesso che ci si soffermi, come fa il nostro Costante ma Improduttivo, a guardare nei volti delle persone.
C'era un periodo, fino a qualche giorno fa, in cui vedevo solo pierròt al posto delle persone, sottolineavo le mani che non si intrecciano più, le persone che non si guardano in volto se non per abitudine. Forse in alcuni casi è così.
Pierrot, strade grigie...ma sarebbe tempo di fare una bella strada nel sole, magari con la decappottabile dei miei sogni.
Il meteo obiettivamente non aiuta: Colle sta diventando una città della zona di Galway da quanto è verde. Le piante in giardino diventano di un vigore estremo.
Comunque oggi non vedo nessun pierrot. Oggi, l'amore esiste invece ed è un rifiugio per le persone che fuori lottano. Si fonda sulla positività, sulla voglia di stare insieme. Beati voi altri che amate.
Dal canto mio, troppe volte nella vita sono partito a capofitto in qualcosa che portava a degli eccessi.
Apprendo con stupore da una mia maestra delle elementari che mia madre andava a dire in giro stavolta pensavo fosse la volta buona. 
La volta buona sarà quando sarà, mamma.
Anzi, quando sarò un trentaduenne anche dentro. 
Lezione imparata per la prossima volta.
Il cielo rattoppato di baglioniana memoria si fa spazio dopo questa notte di note, in cui non ho dormito molto, ma i pensieri erano altri.
Ho sonno.
I vincenti e quelli che hanno capito tutto della vita dormono fino alle 9, chi si guadagna da vivere col proprio lavoro si alza alle 7:20, si fa i capelli in modo eccentrico alle 8 e qualcosa e si infila in ufficio alle 9. Purtroppo non rientro nella prima categoria, penso mentre salgo in macchina causa pioggia vistosa.
L'eccesso è quello che fa male.
Lo sto imparando in ogni campo.
Anche l'eccesso di amore porta a delle conseguenze gravi, alla fine di tutto.
Flames to dust, lovers to friends. 
Per una volta, la locuzione "andiamo piano"
Peccato che io sia poco in grado di contenere le emozioni forti.
In questo sono sedicenne.
Ho un terribile e impellente desiderio di dimostrare a me stesso che i 16x2 ci sono.
E ce la farò.

Non sarà facile, sono spaesato come un gattino bagnato in mezzo di strada.

Volti

La metro gialla scorre veloce sotto le vie del centro di Milano mentre cerco, tra centinaia di volti ignoti, uno di cui potermi innamorare; pochi, pochissimi minuti, fino alla mia fermata; quel tanto che basta per percepire che c'è ancora qualcosa di buono in questo mondo che si muove in fretta da un posto all'altro, sempre alla ricerca di arrivare da qualche parte; ...dove? Forse non lo sapremo mai veramente. 

Forse c'è chi ci riesce, ad arrivare da qualche parte; o forse da qualche parte ci arriviamo tutti. No, tutti no; qualcuno non arriva mai. Così ricomincio; ricomincio per l'ennesima volta, dopo aver ricominciato tante volte senza spostarmi ed una volta migrando a Ovest, anche se solo di poco più di duecento chilometri; ma si sa, le vere distanze non sono quelle fisiche; la distanza materiale aiuta solo ad acuire le distanze spirituali.

Ho perso tante persone in queste rivoluzioni, in questi periodici sconvolgimenti forzati, e quasi nessuno, effettivamente è rimasto; pochi, pochissimi hanno saputo tener testa ai miei silenzi, che per quanto da lontano possano sembrare molto meno evidenti, sono sempre lì e non hanno mai accennato a diminuire la loro portata. Quello che è sicuro è che nelle mie ultime due vite ho trovato diverse persone che questi silenzi li hanno saputi accortamente e piacevolmente riempire; non molte, ma ci sono state e ci sono; ora alcune fisicamente più distanti ma altre inaspettatamente vicine.

Capita perciò spesso, in questo periodo di intenso lavoro individuale in preparazione della prossima rivoluzione, di trovarmi a fare compagnia ai miei stessi pensieri, magari leggermente riscaldati da qualche goccia di vino rosso; tornano a mente discorsi di incompatibilità, raggi di sole rimasti sempre distanti, tramonti osservati da lontano e voci a cui avevo incautamente consegnato troppe responsabilità. E viene la paura che questi ricordi e queste persone possano svanire nel tempo come quei volti nella metropolitana che riempiono la mia vita per tre minuti o poco più, facendomi capire che sotto sotto, al volo, qualche sentimento sono capace di provarlo, ma che poi, proseguendo per la loro strada, mi lasciano, come sempre, solo in balia della mia mente.

domenica 19 maggio 2013

Soglie e gradini


Milano, una domenica mattina illuminata da un sole beffardo, discorsi post-colazione (tardivissima) che inevitabilmente non riguardano altro che il mio futuro prossimo, anche se l'interlocutore è passeggero ed estraneo alla mia vita; sono di fronte a un gradino, enorme, su cui ho iniziato ad arrampicarmi, a differenza di certe soglie che, alla trentaduesima volta, vengono passate quasi automaticamente, senza che buona parte degli amici neanche se ne accorga.

Eppure riconosco l'affetto vero di chi comunque si sbatte per me e vuole far parte anche da lontano del mio viaggio verso quel futuro a medio termine di cui continuo ad ignorare la direzione; quello che è certo è che i gradini saranno ancora molti, ora che questa mia amata città adottiva mi vede prendere decisioni di cui, per crescere, devo imparare ad accettarne tutte le conseguenze, mentre seicentosessanta chilometri a sud-sud-est da qui tanti amici si riuniscono per la prima volta dopo anni senza di me.

Riflettevo due notti fa, tornando a piedi da una piacevolissima serata passata con un amico a discorrere dei nostri futuri, di come uno dei motivi per cui mi piaccia Milano sia il modo in cui quasi chiunque, qui, abbia una storia da raccontare, fatta di scelte e di bivi che li hanno portati in questa città, l'unica italiana (a parte forse Trento e Bolzano) ad avere un sapore mittel-europeo; e spesso queste scelte e queste strade non si fermano qua.

Scelte, gradini, che portano più in alto e più alla luce, anche se ogni tanto viene da riguardare indietro e notare l'ombra sotto cui era comodo riposare, lì sulla soglia, sotto l'alzata; ma ci siamo arrampicati, ci siamo spinti più in alto, mossi da una forza che forse non sappiamo bene neanche noi cosa sia; ambizione, certo; la voglia di una vita migliore; i sogni, forse. Certo, i sogni! Sogniamo tutti; ma ci sono persone che vogliono continuare a sognare, che non smettono di crederci.

E dai miei sogni ricompare, in compagnia di altri amici che continuano ad affrontare i gradini della loro vita, il palco di Piazza Duomo, dopo quasi sette anni; ma questa volta sono di fronte, lontano, e la colonna sonora è diversa... non ci sono più i Figli di una luna storta con me e non canto più "Capire come sono, da dove ho cominciato e dove voglio andare col fuoco che mi sale ... mentre la ruota gira...". Ma non smetto di sognare.


Three Cars Ahead


Raccordo autostradale direzione Siena, 110km/h. Eccomi qua, tornando da Firenze, dal Caffè letterario, casomai non si sapesse che siamo fave che amano la cultura.
Tra amici si ride dei casini altrui. Ma è ora di ripartire.
Quella che un tempo era l'Eroica Mito va benissimo, procede nel suo solito silenzio, con una ritrovata aderenza delle gomme.
Su strada si guarda sempre avanti, e di preciso tre macchine avanti. Se quello frena, freni anche tu, segno che c'è un intoppo. Ma non c'è nessuno e procedo solitario nel buio.  
Dopo un passato glorioso, e tante storie da raccontare si trova spesso in fondo al garage, accantonata come una vecchia elettromotrice che prima espletava i rapidi, poi i locali.
Metto piede in questo posto silenzioso e la mia faccia assume le sembianze di un contratto pierrot, ed è notte, per cui non ho occhiali che mi trincerano da questa espressione.
Tiriamo avanti nel buio, non c'è modo di tornare indietro. O meglio, non stanotte.
In questi giorni si svolge il Nazioleo a Siracusa. Per chi non è edotto della materia, si tratta dell'evento più importante che il Leo Club Italia effettua durante l'anno. E' un'associazione a cui sono particolarmente legato, da oltre un decennio. Mi ha dato amici, fidanzate, l'ultima in particolare.
Mi hanno chiamato come minimo 7 o 8 persone per dirmi di andare.
Ho sempre risposto "No secco". La scusa ufficiale è l'eccessivo carico di lavoro.
Ed in effetti, per ottemperare a questo e crearmi un alibi, mi sono scadenzato ad un ritmo martellante una serie di pratiche, in modo tale  da vedermi costretto a dire no anche alla voglia di andare a Firenze, pagare una cifra astronomica per montare su un aereo e andare.
Venerdì mi hanno pure telefonato intimandomi di partire il sabato, pena decapitazioni o altre pene corporali (Chiara, grazie!). 
In realtà potevo organizzarmi: quelli sono appuntamenti che puoi revocare con una telefonata. Lo so bene, non è il caso di mentire a me stesso ancora una volta. 
La versione reale è che non sono andato perché devo lasciare andare una persona che è lì. Per esclusivo rispetto non sono partito.
Proprio per questo, le ultime notti sono state un calvario. 
Forse quella tra venerdì e sabato è quasi andata bene, ho recuperato in mattinata, ma quella appena trascorsa è stata un calvario.
Sono piuttosto tranquillo, lo sapevo prima di mettermi a letto che sarebbe andata così.
C'è una guerra in corso tra le mie due parti: quella conscia e quella inconscia. 
La prima ha detto a tutti che è andata oltre, che si guarda tre macchine avanti, che si procede a dritto come dei treni, che è giusto così, che se la lascio andare va benissimo, che la distanza in sti casi aiuta, vai tranquillo Gaetano è tutto a posto, ragazzi il Boss è tornato.
Niente di più sbagliato: maledico chi ci ha dato lo specchietto retrovisore.
La mia parte inconscia, infatti, trasforma contro la mia totale volontà il mio viso nel pierrot suddetto, non mi fa dormire, mi fa pensare a scenari apocalittici, al fatto che non mi pensa più. Ed è così. 
Come uno studente asino, nonostante tutte le spiegazioni che la mia parte conscia gli dà, il pensiero, morboso, tossico, intriso di paura e adrenalina arriva, fa capolino.
Sto male. Male veramente.
Chi s'è prefissa l'obiettivo (previo salato pagamento) di portarmi fuori da questo fosso non ha ancora capito dove e come si deve agire, a mio parere.
E si prosegue, consci che prima o poi andrà meglio.
Come su questa superstrada che ci costringe ad andare dritti.
Quella che un tempo era l'Eroica Mito, guidata da quello che un tempo era il pilota, e che ora e un buon avvocato civilista, prosegue.
Tre macchine avanti c'è un incidente. Fiammelle. Lampeggianti blu.
Spugnosa reazione del pedale del freno. 
L'Eroica Mito e il pilota Pierrot si fermano. 
Consci che si riparte, ma con difficoltà. 
Buon viaggio nel sole (cit.)

giovedì 16 maggio 2013

Malinconia


Piove. Ancora, in questo maggio un po' strano, piove. 
La gente si attarda nelle rotatorie, chi va a piedi e in bicicletta sale sui mezzi a quattro ruote di proprietà, snobbando gli autobus. Stamani l'ho fatto anche io, ma solo perché dovevo, dopo ben due settimane, andare a far benzina. 
Non sono metereopatico, anzi. 
Tuttavia, piove sulla voglia che avrei di andare al mare, di prendere una nave a Piombino e partire di nuovo. 
Piove su quella voglia che ho di salirci quando qualcuno direbbe non ci metto più piede.  
Piove su quella voglia che ho ancora, in modo del tutto irrefrenabile, di averti accanto, che ogni giorno acuisce quando non ci sei.
Piove sui sogni, quelli che si sono incagliati e che non si disincagliano ormai e sono sempre sbattuti dalle mareggiate, arrugginendo e ingiallendo col tempo che passa.
Piove sul quella dimensione delle cose che è andata oltre al vecchio, su quella novità che dovrei cogliere e non colgo dentro di me, sui tentativi che faccio di essere adeguato ai miei quasi 32 anni.
Piove sul senso di inadeguatezza, di malinconia, di bruttura, di grigio che non riesco a togliermi di dosso, e a cui non riesco a dare un colore, per quanto io tenti di immaginare una tela con me dipinto sopra.
Piove sui concetti che ho espresso mille volte, sulle parole che sono sempre le stesse e che collidono ormai in modo inevitabile con un astio che, invecchiando, indurisce ulteriormente e si cristallizza.
Piove su un pontile preciso che non ho modo di visitare, da solo. Piove sui desideri realizzabili e su quelli che sono "a un passo dal possibile", che solo per paura degli altri, e forse anche mia non vanno avanti.
Piove sulle lancette che sempre meno vanno in zone alte del contagiri, sulla benzina che metto sempre meno, sui miei addominali che tirano forte per le corse e per il nuoto, sul fiato che aumenta, su tutti questi inutili sforzi di apparire migliore.
Piove su di me, e alle volte vorrei fermarmi e dire "scendo", un po' come feci, di colpo, su un'autobus della città di Romeo e Giulietta  in un tempo ormai lontano e freddo,  in cui mai avrei pensato che, oltre due anni dopo, sarei stato così male per una pioggerellina primaverile.
Ieri pioveva, e l'ultimo tram l'ho perso, senza ombrello, per lungaggini improvvise di persone che manderò via dalla mia vita appena posso.
Ho perso il tram come tante occasioni per stare zitto, per esser felice, per rendere felice chi se lo sarebbe meritato.
Ho perso tanti viaggi. Quanti aerei sono partiti senza di me? Iniziano ad essere diversi, e sono partiti con chi mi fa pensare male, sempre peggio, in ottemperanza a quanto diceva il neo defunto Andreotti.
Ne è partito uno anche oggi, nonostante gli inviti di mille persone, i giorni che potevo saltare di lavoro eppure è bene tenersi impegnati, non fosse altro che magari ci si sbaglia
Sì, gli stronzi vincono. Lo vedremo sicuramente in questi giorni. Lo vedremo anche in futuro. Sempre.
Eppure io perdono, sempre, costantemente, per quanto non venga mai perdonato per le mie caratteristiche.
Nuovi orizzonti si apriranno a chi me li ha chiusi in faccia sbattendoli in modo pure brusco. 
Pioveva stamani, e al posto del tram o di andare a piedi oggi ho preso la macchina, tante volte mi facesse male troppo movimento e troppo fitness.
Secondo me presto si verificherà la replica di "La forza della rabbia, in corsa". Avrà una grande valenza positiva, in effetti, solo che devo stare attento al degrado delle gomme, alle condizioni meteo, al rischio di un terribile schianto contro il muro.
In tutti i sensi.
Ma fu utile all'epoca, come lo sarebbe ora.
A tratti sarebbe meglio non sapere, ma non importa.
Rimane il fatto che ho perso me stesso. Ho perso chi amavo. 
Ho perso quattrini, tempo, viaggi, voglia.
Ho perso gli stimoli a riprendermi ciò che era mio. In fondo adesso ho altre cose da prendere. 
E ora piove ancora. Semplicemente.

martedì 14 maggio 2013

Oltre la maschera


Contro le insidie di questo mondo ci si difende come si può. Ma anche contro le insidie dell'amore, la bestiaccia nera che ci aiuta a star bene e male. Non ci si disincaglia facilmente. E allora si porta una maschera: lo dico in generale.
Beh, ci ho pensato quando internet sul tablet non faceva più a causa delle mie montagne e l'introspezione faceva capolino forzata dal veloce incedere del pullman e dal silenzio.
Capita a tutti. Qualcuno se la mette più bellina (non io), e si veste da persona orgoglionsa e a tratti superficiale.
Io mi vesto da persona forte quando non lo sono.
Parlo troppo, per riempire un silenzio che penetra dentro di me e alle volte fa anche male. Lo riempio connon so che tipo di rumore.
Me ne accorgo di divenire molesto. Me ne accorgo di essere una persona che non esprime a pieno il proprio potenziale, che non tollera grigi, per cui o bianco o nero, nero soprattutto di recente, come il mio umore.
Non è confortevole questa situazione, per niente. Non è confortevole quello che avviene in questo mondo, quando la paura prende il sopravvento e le persone stanno arrabbiate per mesi. 
Ma chi va oltre questa maschera sa trovare cosa c'è di vero dentro di me. Troppe volte le persone si sono innamorate dell'involucro. 

La realtà è che per quanto possa ostentare sbandierati intenti di svolta, pure veri, per quanto dica di essere andato oltre, e magari chissà ci sono pure andato, c'è sempre bisogno di disincagliarsi, di rientrare nella propria vita.
E per me è solo una, quella che mi porta nell'Emisfero nord, in un punto preciso, con Duetto o non Duetto, fidanzata o non fidanzata, vita vera o non vita vera.
Con te o senza di te.

lunedì 13 maggio 2013

La soglia dei 32


32. E' un bel numero, in effetti.
Negli scacchi, sono 32 i quadrati neri sulla scacchiera, i quadrati bianchi e il totale di pezzi (neri e bianchi) all'inizio del gioco.
Nella scala Fahrenheit, 32 sono i gradi a cui congela l'acqua al livello del mare.
32 sono i denti dell'essere umano adulto.
Come e quando ci ho pensato?
Contestualizziamo: Pullman Bologna-Poggibonsi. Waze indica 110km/h, tratto Appenninico dell'A1. La mia strada è qui sotto e ho delegato a qualcun altro il compito di riportarmi a casa.
L'autista schiaccia il pedale a fondo, e in formazione c'è pure un Setra serie 315 diretto a Perugia, immediatamente dietro a noi, ma non ha il minimo senso della traiettoria. Potrei andare a dirgli come fare quei curvoni. Ma questa, come sempre, è l'ennesima divagazione che tiro fuori dal mio cappello. Dispersivo.
Torno da un fine settimana in terra emiliana, in cui ci si diverte, si ride, e combatto con l'introspezione che mi porta al solito l'incedere preappenninico di questo pullman col mio nuovo tablet.
Si ride, si cammina, si scherza. Già un passo avanti.
Vai, pullmanaccio, portami a casa nel mezzo del diluvio.
Ah, dimenticavo, oltre a queste curiosità, 32 saranno presto i miei anni.
Il tablet suona Hide and Seek di Imogen Heap.
Non so perché, ma a Bologna ho visto che sempre meno gente si tiene per mano. Sempre meno gente dimostra reciprocamente affetto e tira dritto come un treno ad alta velocità, sospinta dall'egoismo.
C'è un senso palpabile di bianco e nero, e un sapore un tantino amaro mentre la canzone finisce e guardo la signorina bionda accanto a me, che mi ha rivelato di avere 25 anni e che quando mi sono messo a sedere mi ha pure dato del lei.
Non so come mai, nonostante i giorni splendidi, guardo un po' indietro, come mi è stato detto da chi inizia ad intendersi della mia testa bacata e disabitata.
L'obiettivo è adesso quello di riguardare il tempo perso, ricercando un qualche evento traumatico che sta scatendando tutto questo bollito misto dentro la mia testa.
Dopo due conti mi accorgo che ho perso ben 5/6 anni. Vado a chiedere il conto a chi me li ha portati via, in quei brutti periodi, oppure devo riguadagnarmeli?
Ecco, la soluzione per me è la seconda. Ne ho quasi 32 e forse è tardi, ma ho appena aperto un conto corrente per metterci i soldi per i viaggi da fare, che sono tanti. Altro che Duetto o BMW Z4.

Perfetto: sono quasi 32, sono un Avvocato, mi merito del lei dalla bionda, peraltro parecchio carina, seduta accanto a me sul pulman Bologna-Poggibonsi in una domenica sera come tante in cui si riflette sulle opportunità perdute in una vita
Ma questa non è vita. Me l'avevano detto che sarebbe stato un percorso duro, lungo e tortuoso, un po' come questo tratto appenninico dell'A1.
Ma tutto questo sforzo mi porterà a demolire questa sweeping insensitivity of this still life. 
32, come i Farenheit.
Ci siamo, ma non mi lamento. 
Mi chiedo che regalo vorrei.
Non il Duetto sopra menzionato, ma la felicità. Semplice e banale. Forse sin troppo, per pretenderla da chi non me la vuol dare.
Chi ha orecchie per intendere intenda. O faccia orecchie da mercante. In fondo, sempre di orecchie si tratta.
Ho la sensazione che sarà piuttosto amaro come compleanno. 
Eviterò di pensarci. 

venerdì 10 maggio 2013

Stimoli e pretese


Capita a volte che una persona si guardi dentro e che ostenti quella forza che non si ha. Si dà dall'esterno una sensazione di forza, indistruttibilità che poi non corrisponde al vero.
Forse mi è capitato sin troppo di farlo in passato.
Sono partito a tutto gas per un percorso, con l'entusiasmo di chi ha capito dove sbaglia e la voglia di riprendere a camminare per una via retta e non tortuosa.
Sono partito e mi vengono a consigliare di riportarmi su un momento felice, quello più felice che conosco.
Eccolo: Autostrada A22, 130km/h primi dell'anno 2012. Fiducia piena. Totale confidenza. Motore che non urla, la stradale che si scansa. Freddo. Il bus n.2 col biglietto a soli 60 centesimi, perché lassù si può.
Terme. Felicità. Felicità. Felicità.
La sensazione di aver vinto. Di aver trovato qualcuno di giusto.
Come tutte le belle cose stupende quella felicità finisce. E finisce pure presto.
Mi hanno detto di ripensarci, a dove voglio arrivare. Mi dà l'idea che sia un bell'impeto masochista. 
Finisce in un rovesciamento da parte mia di tutte le mie insicurezze su fondamenta che non ce la fanno a reggerle. Bel terremoto che hai causato almeno qui, caro pilota/Avv./innamorato non corrisposto.
L'innamoramento dura 180 giorni, come dice una Collega, Amica e blogger (grazie a metà della redazione di Eatmecousin!). Sarà condivisibile la cosa, però dopo le cose devon diventar facili. E non lo diventa mai per me.
Mi arrocchetto, mi contorco al ritmo delle mie idee e divento difficile, da principe azzurro con la spada spuntata a diavolo rosso incazzato come le mine senza motivi apparenti.
Bravo, Andrea.
Non ho pretese di scardinare equilibri vecchi. Non ce la faccio, perché la mia "pancia" sa bene cosa c'è e cosa ci sarà.
Mi riferisco a quella dimensione intima e sentimentale che tutti abbiamo, all'ultimo pensiero che abbiamo prima di andare a letto, all'idea di salire su un bus, un treno, o su una macchina ed andare via, prendere il largo con certi sistemi da innamorati veri.
Per ora non è così. Non lo sarà nemmeno, credo. Finirà un una bolla di sapone, in una spider due posti secchi e nel rinnovamento millantato e mai costruito, a colpi di Ray Ban Wayfarer, di quattrini volati in un cesso, di una sicurezza che non arriva, un po' come un treno locale di notte o l'intervento divino più volte richiesto.
La Missione, le cose eclatanti, le mosse per dimostrare il mio amore erano e sono frutto di una voglia di dimostrare qualcosa a me stesso in primis, ma soprattutto agli altri.
La paura di perdere una persona muove montagne, macchine, finisce treni di gomme, terribilmente inadatte agli Appennini d'inverno, come terribilmente inadatta è la Mito alle lunghe precorrenze, esattamente nel modo in cui inadatto sono io a percorrere un tratto di vita superiore a 180 giorni (ri-grazie Eatmecousin) senza intoppi.
Inadatto. Bell'aggettivo che mi descrive ora. Inadatto a vivere bene.
Self control: diventa un imperativo categorico da raggiungere, e una degna trincea che manifesto quando tutto fa male e di cui difetto nelle bischerate.
Ci arriverò. Sono partito bene.
In fondo, il dolore diventa sopportabile adesso. 
Devo dimostrare il self control nel gestire la mancanza, nel bastarmi.
Nel non accontentarmi.
Perché prima o poi tornerà chi se n'è andato, vedrà il nuovo (magari anche un Duetto in garage) e dirà che è bello questo nuovo.
Forse.
O forse no, si accontenterà delle abitudini che giustamente ha.
Non mi compete, adesso non devo e non posso ripensarci. Penso che dormo bene quando non ci penso. Settimana veramente riposante anche se distruttiva dal punto di vista lavorativo, la cartella "Caronte" di Dropbox più volte impegnata a ricevere atti scritti di notte.
Per questo non ci ho pensato e non ci devo pensare. Fino a che non sarà il momento opportuno. Opportunissimo.
E ora, a fondo.
Senza pretese ma con molti stimoli. In fondo sono io e resterò sempre io.

martedì 7 maggio 2013

Ripartenza (dietro la safety car)



Non guido oggi. Forse cammino ma ho poca voglia. Scrivo solo mail di lavoro, ma il resto non importa. Voglio stare a riflettere. Mi pare sia giunta l'ora di parlare di cose che non esistono
Ormai doveva andare così,  ha detto stamani l'amica comune Annarita, che di queste cose se ne intende. Doveva andare così perché in fondo non siamo pronti ad affrontare nuovamente questo insieme di emozioni contrastanti.
Ha vinto la rabbia, ha vinto la paura sul sentimento forte. 
Ho perso io, tanto per cambiare. Anzi, ha perso una parte di me, quella che non piace per nulla nemmeno a me, se devo proprio esser preciso.
In ogni caso, sono sempre stato bravissimo nelle ripartenze, per lo meno alla prima curva. Quando la safety car della vita se ne va, sono sempre stato uno che scattava in testa.
Sei in ballo, come un pilota legato con le cinture a 6 punti di attacco al sedile della tua macchina.
Il problema però è che non ci rimango nemmeno un minuto in testa.
Perdo pezzi per strada.
Perdo la calma e la fiducia in me stesso.
Perdo le persone che amo.
Riparto a tutto gas, anche a piedi.
E' il momento di affrontare quello che non ho avuto il coraggio di combattere sinora.
E forse, ricevo amore. L'amore di chi mi ha fatto notare tutto questo.
La safety car riparte.
E devo avviarmi alla vittoria.

lunedì 6 maggio 2013

Forse forse


Uno splendido weekend milanese pieno di momenti da ricordare, amici da incontrare dopo mesi di lontananza, vecchi sorrisi sempre nuovi e tanto relax.
Scendo dal frecciarossa che mi riporta a casa e mi sembra di respirare un'aria pesante (e pensare che Milano dovrebbe essere imbattibile!) e poi, presa forse da mille pensieri, decido di lasciarmi andare, di lasciare che per una volta la corazza che da alcuni anni a questa parte mi sono creata, cada; decido che voglio dare una possibilità anche ad altri che non siano sempre quei 4 punti fermi della mia bussola. 
Momenti piacevoli, tante chiacchiere, i saluti e risalgo sulla mia macchina con il triplo dei dubbi dell'andata.
E per l'ennesima volta mi ritrovo a fare i conti con la mia testa e con il mio cuore: cosa voglio? Chi voglio? Perche' sbaglio sempre i tempi? Alzo il volume della radio per cercare di annebbiare i pensieri già offuscati..
La cosa peggiore, in questo caso, è che dalla mia scelta dipendono le delusioni di altre persone, forse una in particolare che non lo meriterebbe, ma si sa: la vita è una ruota che gira, per tante volte sono stata male io e ora, purtroppo, tocca anche a me far soffrire... 
Forse scrivere mi aiuta a mettere insieme, come un puzzle, i pezzi. Forse.


venerdì 3 maggio 2013

Permanenze


Risalgo in treno, questa volta dopo parecchio tempo; così tanto che la destinazione non sembra più consueta, anche se in realtà è sempre la solita, la città dove sono cresciuto, dove restano alcuni dei legami più forti che ho imparato a riconoscere. Ma quanto difficile è esprimere e comunicare la forza di quei legami? Come tante altre cose, alla fine restano dentro. Certo, una volta non mi accorgevo di queste sensazioni, o forse le confondevo con altre.

Torno così, sempre con la mia relativa calma, a casa; ci torno nel mio classico posto 13B tra la rassicurante presenza di somiglianze non veritiere e bellezze acerbe; ci torno dopo aver festeggiato già tre volte con diverse persone del mio presente, seppur in modo sommesso, il passare degli ultimi dodici mesi; ci torno con poche speranze di incrociare tutte le persone del mio passato meno recente che speravo di riuscire a ritrovare in questi due giorni; ci torno con l'ansia per le prossime sfide e la consapevolezza di essere sempre in ritardo.

Ma la mente non è più da nessuna parte ora; non è a Milano, non è a Padova, non è in questo treno, ma neppure guarda completamente avanti alle possibili nuove mete del mio peregrinare; come se fossi sospeso in un limbo di possibilità e di dubbi, anche se in realtà dubbi non ce ne sono, e gli ultimi incontri di due settimane fa, tra una mozzarella e l'altra con la vista delle guglie del Duomo dietro una sottile pioggia che ben poco aveva di primaverile, hanno sicuramente contribuito a sfoltire qualsiasi nebbia offuscasse lo sguardo.

Ed in tutta questa confusione cerco di non fermarmi a guardare i raggi di sole che spuntano inattesi, sento note nuove, ascolto ritmi che non conoscevo e lascio le mie dita scorrere liberamente sui tasti bianchi e neri con una forza ed una passione che prima avevo sentito solo nelle corde vocali; mi manca però il microfono, dopo che l'assaggio teatrale di marzo e la mini performance di Sestri hanno riacceso la fame del palcoscenico lì davanti... ma non c'è solo la voce... mai dimenticherò quelle melodie che non finiscono di quella serata sul Naviglio di fronte a quei pochi ma buoni che hanno fatto da bellissimo contorno ad un importante battesimo.

Ma tutto resta transitorio, passeggero, volatile... certo, non le amicizie; e proprio ora che la scelta di una permanenza iniziava a sembrare non più così insensata, tutto si è rimesso in discussione.
Ma prima devo uscire da questo limbo... ancora qualche settimana...

giovedì 2 maggio 2013

Amore amaro (metafora alcolica)

Se uno apre Facebook, specialmente in corrispondenza di giorni di festa, non può che constatare la presenza di foto di coppie, tutte perfette, in giro per il monto. La dolcezza fa da padrona. Bravi, ragazzi! 
La realtà appare diversa da quel che è. Secondo me, in questo periodo tanti vivono solo per pubblicare la loro attività del momento, e non ne godono la reale essenza senza vincoli.
Difetto che ho anche io, a dire il vero. Mi sto disintossicando. Intanto questa è la prima cosa che mi riesce, ancorché piccola.
Ma l'amore non è dolce come lo dipingono i quadri, le foto, le smancerie che in questo preciso momento ritengo terribilmente rivoltanti di tante persone che ostentano quella sicurezza e quella indistruttibilità che una coppia non ha, e magari il mese dopo sbaraccano anche. 
Per me l'amore è amaro. E ad esser del tutto sincero, gli amari come l'Averna e il Ramazzotti non li ho mai amati, mi sono sempre dato al limoncello.
Amore amaro. Un bel semianagramma che fa muovere la mente. E' una locuzione utile, in ogni caso. L'amore amaro aiuta molto a maturare, è il sapore che ti porta in bocca che vuoi scacciare di continuo (magari anche a colpi del summenzionato limoncello) e quindi sei costretto a muoverti per fare il possibile per riavere il dolce. 
Se non è amaro non è amore o se non è amore non è amaro? Bah, dilemmi strani, da risolvere davanti a una Ichnusa da 66 e con un tubo di Pringles davanti.
In ogni caso,  l'amore amaro insegna. 
E fu così che imparai, lezione dopo lezione, molte cose, ancorché in terribile ritardo rispetto alla media delle persone. 
Ci sono arrivato tardissimo. Nonostante le mega tirate per strada. E la proverbiale falsa puntualità, perché parto sempre in costante ritardo e premo come un disperato. Povere turbine sotto sforzo.

E infatti, ci sono pure ripassato: SS223, 110km/h.
Fu qui che iniziò l'amaro, e la prima lezione imparata e tesaurizzata. Ora come ora, do una importanza marginalissima a quel periodo.
Però era amaro, che si alternava con un momento dolce. Alternato a sua volta con una bottiglia intera di amaro. Poi con uno zuccherino, poi con una bottiglia da 5 litri di amaro. Poi con una damigiana di amaro. Seguita dal mi sono rotto i coglioni, frase tipica del toscano centrale che si è stufato di bere l'amaro, specialmente quando gli piace il limoncello.
Seguita a sua volta da ci siamo rotti i coglioni, frase tipica di due toscani centrali che si sono stufati di sopportarsi a vicenda.
Lezione imparata, ovvero: la gestione è problematica. Sono problematico, lo so da me.  
Cerco di trattenermi alla prossima volta dichiarai quando l'amaro era all'apice e coinvolgeva tutte le papille gustative posteriori della mia lingua. E in effetti fu così quando dovetti ripartire.

Ripartiamo per l'altra strada dell'amaro (no, non è una guida turistica per chi vuole sbronzarsi): travolgente, appagante, bellissima. 
Un amore con una forza indistruttibile ad oggi. 
Strada esaltante e conosciuta, ovvero il tratto appenninico dell'A1, poi A13. Poi boh. Ri-boh. Non si vede nulla dall'uscita dell'autostrada, ma credo ci sia una città, oltre la nebbia. Non ne sono sicuro, ma c'è.
Comunque, nonostante l'inclemente costante umidità, un tempo ci si sparava a velocità aeronautica come ciechi nel buio.
Tutto questo, lo facevo per bere la crema di Limoncello. Sciaguattavo la bottiglia, con troppa forza e cattiveria, e nonostante quello la crema era buona, ottima. 
La migliore che avessi mai assaggiato, oserei dire.
Poi la bottiglia si è rotta i coglioni di essere sciaguattata (termine toscano per dire agitata). 
E allora è arrivata l'autocisterna di amaro. Sì è parcheggiata lì, davanti al mio cancello, e non se ne andava via. E' un'autocisterna di quelle grandi, da distributore.
E di recente ho bevuto l'autocisterna intera di amaro, e credevo fosse finita lì, credevo mi fosse data di nuovo la bottiglia di crema di limoncello.
Invece no. Arrivano autocisterne ancora più grosse piene di amaro.
Non ce l'ho fatta a berle tutte. Troppa amarezza alla fine non la reggo nemmeno io, ancorché responsabile di dover ingoiare l'amaro fino in fondo. .
E quindi, arrivano i conseguenti, quasi automatici, ringraziamenti. Saluti. Baci. 130 co-di-ci-sti-ca-men-te ri-gi-dis-si-mi km/h. Ciao amore. Ciao scemo. Ciao fava. Ciao bischero. Scusa ho sbagliato mi riprendi? Sì ma forse no. No ma forse sì. No ma forse se cambi...Sì ma no ma dai ma su ma che importa. No. Secco. Irrevocabile.
Game over, ciccio. E non c'è niente da bere, se non una birretta a cena, pure di quelle piccine, caso mai una grande facesse male visto che i miei vent'anni sono solo uno sbiadito ricordo.
E qui viene il punto focale della nostra ipoteticamente alcolica narrazione.
Sono io che ho sbagliato a far diventare la bottiglia di crema di limoncello un'autocisterna di amaro.
Però ora imparo, mi rimetto in carreggiata. Non posso farcela da solo, per questo mi attrezzo.
Perché in fondo il dolce mi piace, solo che alle volte la bischera tentazione di bere l'amaro mi prende sin troppo, e devo imparare a contenere questo.
Non so perché ma dopo la Paella che mi sono cucinato (non Buitoni, non Coop, ma autoprodotta), ho un retrogusto speziato che non vuole andare via.
Ci vorrebbe giusto un po' di crema di limoncello, ecco. 
Perché alle volte un po' di amaro serve, aiuta a migliorarsi.
Un po', appunto, non troppo.
Ma sto imparando anche questa lezione, molto più dura della precedente, visto anche il valore che attribuisco alla persona, a me stesso, ad una cavolo di Chiesa ottagonale o ad una più piccina. L'unica volta che l'ho mai pensato. 
Con amarezza riesco ad essere incisivo e ad uscirne fuori.
Lo faccio affinché il prossimo amore esista, e sia vero, non come tante coppie fintissime che si vedono passare nelle strade con un sorriso contratto e sfinito.
E che non sia così amaro.
Ma dolce.
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