lunedì 28 maggio 2012

Capitoli della storia

Torno per l'ultima volta con la valigia nella mia stanza-non-casa lontana dai miei vecchi mondi, vicina alle mie nuove paure, dopo un weekend sempre meno da pilota, poco più di due giorni abbastanza spenti, con poche strade e nessun passeggero. Domani mattina dovrebbe iniziare un nuovo capitolo di questa vita; importante certo, anche se forse non il capitolo che vorrei io; evidentemente quello verrà più avanti ed è ancora tutto da scrivere; evidentemente i capitoli vanno scritti uno alla volta.


Evidentemente devo chiudere prima questo capitolo in cui continuo a scappare dai miei problemi pur di non trovarmi a tu per tu con me stesso, questo capitolo in cui la nuova libertà acquisita si trasforma in una prigione di solitudine, questo capitolo in cui le cose non si aggiustano semplicemente cambiando i pezzi, questo capitolo di traguardi accatastati l'uno sull'altro senza reali soddisfazioni, questo capitolo di sentimenti inespressi.

Forse non è un capitolo ma un'intera parte del libro; intanto domani se ne aprirà uno nuovo di capitolo; un altro, non quello. Il capitolo che vorrei iniziare si conclude con una spalla su cui scaricare le mie lacrime e le mie tensioni, invece di trattenerle a stento continuamente; in quel capitolo imparo a guardarmi dentro senza cercare prove e conferme. Ma non è questo.

...e ancora cerco un passeggero a cui affidare i miei sogni e da abbracciare la sera... ma in questo capitolo il posto alla mia destra è ancora vuoto. Ogni tanto mi chiedo se invece io non stia cercando un pilota a cui far da navigatore.

venerdì 25 maggio 2012

Cronaca di un naufragio annunciato

Lo so, sto abusando di questo spazio nato per raccontare di viaggi compiuti e da compiere, di mezzi di trasporto, di strade... ma cos'è che ci spinge a muoverci, a guardare in una direzione e seguire un itinerario che ci porti , anche se non sappiamo esattamente dove sia quel ? Perché la nostra testa si ostina ad indurci a spostarci con la speranza di trovare qualcosa di meglio?


Tanti spostamenti, tanti binari, un sogno, tanti problemi da risolvere con me stesso, una solitudine da riconquistare per non farla diventare una malattia, tanti sbalzi di umore ancora da gestire. Stasera lascio Phil Collins cantare Oughta Know By Now per me, mentre gli amici, vecchi, nuovi e ritrovati, proseguono giustamente le loro vite tra divertimenti, lavoro e relax; io provo a godermi qualche parola amica per scacciare i fantasmi del recente naufragio e affrontare la notte che sta scendendo.

I Genesis nelle cuffie, una camomilla fumante nel bicchiere, ma la testa è qui, questa volta. Certo, un po' penso ai tramonti sul mare che non ho visto, alla brezza di Scirocco che ora ha ripreso a soffiare (anche se ormai più che Scirocco è quasi un Levante), a tratti anche ai sogni lasciati a metà ai piedi dei monti (a questo punto praticamente abbandonati) ed anche alle strade sbagliate; ma devo cercare di ricomporre il percorso senza cadere nelle buche e riprendere a viaggiare, ad andare avanti per una strada mia.

Sì, viaggiare... intonava il grande Lucio, evitando le buche più dure, senza per questo cadere nelle tue paure... certamente non volare, ma viaggiare!

mercoledì 23 maggio 2012

Bivi che si avvicinano

Mi siedo su una panchina al sole, con una leggera brezza che mi accarezza lievemente quei lembi di pelle normalmente sotto le maniche della camicia, ora tirate su in una dimostrazione di momentanea serenità; mi prendo qualche minuto per me, dopo troppo tempo passato a guardare in un'unica direzione, seguendo dei binari bagnati, con una nuova porta che inizia ad apparire invece di un muro, lì dove la nebbia inizia a diradarsi.

Ancora non so cosa ci sia esattamente dietro quella porta a vetri, per quello ci vorrà ancora qualche ora; certo è che quello che inizia ad intravedersi al di là di essa si fa sempre più interessante; sicuramente si celano nuove sfide, ma in fondo è quello che cerco, io che non riesco a percorrere vie dritte ed ho sempre bisogno di misurarmi con me stesso (perché con le altre persone non riesco a farlo).

Ancora qualche ora di attesa e poi avrò in mano le carte per scegliere la strada da prendere, anche se potrebbe voler dire abbandonare con dispiacere una strada che proprio negli ultimi mesi iniziava ad essere maggiormente tracciata, quella strada che mi ha portato, non senza ostacoli ma comunque abbastanza agevolmente, fino a questo bivio.

Tramonta il sole e mi rimetto in testa la frontale, forse deciso a non aspettare che risorga, cercando di convincermi per una volta di aver dato il massimo e che qualunque altra pazzia e qualsiasi altro sforzo per ritrovare quel sole sarebbero inutili. Se è vero che "L’amicizia e l’amore non si chiedono come l’acqua, ma si offrono come il tè" è anche vero che non si possono regalare a vuoto, non oltre una certa misura. E mi preparo ad un periodo di buio, attrezzandomi con il solito supporto di amici ed amici-fratelli.

...e il bivio si avvicina...

lunedì 21 maggio 2012

Pezzi di vita da ricostruire

Autostrada A7, 140km/h, pioggia abbondante, pomeriggio inoltrato, la MiTo turbo nera di Andrea (non il nostro velocissimo direttore... a parte il colore lui non ci avrebbe mai messo il cambio automatico) mi riporta a ritmo di tutor verso la mia triste stanza-non-casa; il giovane guidatore cresciuto in fretta trasporta un fintamente maturo passeggero che inizia ora, con diffidenti slanci di follia, a cercare di crescere.


Ero partito sabato sul non più moderno Intercity (un Frecciabianca pre-restauro, per intenderci) Milano-Ventimiglia per due giorni di nuovo vicino a quel Mare che non conoscevo; due giorni che avrebbero dovuto allontanarmi dalle ansie e dalle vane pazzie, da illusori ed infruttuosi sentimenti, dai dubbi; due giorni che non hanno aiutato a riportare il vento nelle vele sgonfie in questa disorientante sacca di bonaccia.

Si susseguono momenti da pesce fuor d'acqua, con la spiaggia che sparisce dalla vista; momenti di solitudine cercata, con la musica (questa volta la mia) nelle cuffie, per isolarmi da quanto mi stava succedendo attorno e dall'allegria che mi circondava ma in cui non riuscivo ad amalgamarmi; momenti di frivole risate tra amici buoni e concludenti, loro; momenti di sonno in attesa di piccoli e grandi segni, con uno piccolo che arriva quasi inaspettato.

Sarò capace di ricominciare? Sono veramente arrivato ad un punto di non ritorno? Quante illusioni ci sono in quelle lacrime che spingono sempre per uscire e non lo fanno solo per la paura di sembrare quello che sono veramente? Ed intanto Phil Collins canta nelle mie cuffiette nuove, al posto mio; "One more night...". Sono buono solo a fare pazzie che non servono a nulla se non a creare, a me stesso, immaginarie ed ingannevoli speranze.

È inutile... in fondo non cambia nulla, neanche sostituendo i pezzi. Forse non ci credo più.

venerdì 18 maggio 2012

Clocks

Padova (o, meglio, da qualche parte a una decina di chilometri da Padova), nel nuovo appartamento di mamma, a sistemare le ultime cose del trasloco che si è ultimato mentre ero via. Tornata da tre giorni dalla Mia Londra, già andata a tornata da Trento, carte consegnate, libri presi. Quella strana sensazione di confusione che mi prende ogni volta che torno da un posto in cui sono rimasta abbastanza a lungo da sentirlo diventare parte di me. Un po' il sentirmi fuori posto dove sono ora, seduta in cucina con in testa un elenco infinito di cose da fare e accanto la stessa vecchia radio di quando ero una microbimba, la stessa in cinque case diverse. Un po' il ricordo già annebbiato - come accade quando stai sognando qualcosa e ti svegli all'improvviso - di quando, solo una settimana fa, a quest'ora ero seduta al mio desk vista Tavistock Square. E intanto guardo, impaziente e curiosa, l'iconcina Mail, in attesa di veder comparire la risposta per iniziare ad organizzare i miei prossimi mesi, le mie prossime partenze, sperando sia la risposta di cui ho bisogno. Penso che quella targa che avevo notato in un baracchino a Portobello Road sabato scorso avrei dovuto prenderla, almeno come autoaugurio per il futuro: una casa senza un cane è solo una House, non una Home. E che senza la mia Tea continuo a sentirmi come se mi mancasse un pezzo.

Am I a part of the cure? Or am I part of the disease, singing
You are
Home, where I wanted to go, home

Stasera sale a Padova la Dolce Metà, e questo è uno di quei momenti in cui un abbraccio è l'unica Cura di cui ho bisogno. Per ricordarmi chi sono e cosa voglio.
Intanto io ti ricordo così, Londra, col cielo inquieto ma carico di promesse.

mercoledì 16 maggio 2012

Il cerchio che non si chiude

Continuo a camminare da solo, nonostante i consigli e le parole buone degli amici, chiedendomi quali errori io stia commettendo per essere tornato in questo stato di nervosa e negativa apatia, nonostante vada "tutto bene". Deve pur dipendere da me, da qualche falla nel mio carattere e nel mio modo di vedere le cose; da dove nascono le mie paure e le mie insoddisfazioni? Credo di dover tornare al vecchio argomento del riuscire a vincere tante battaglie tranne quelle che vorrei.


Sì, forse è così; è facile dire che va tutto bene; ho un lavoro che non mi dispiace, ho trovato un posto da chiamare casa per il futuro prossimo, ho degli ottimi amici. Perché non riesco a trarre soddisfazione da tutto ciò? Quelle tre cose dovrebbero rappresentare gli indicatori di una vita soddisfacente, di risultati raggiunti, di successi ottenuti. Allora perché guardando il mare cerco sempre qualcosa oltre l'orizzonte? Perché salgo sulle montagne ma osservare il mondo dall'alto non mi appaga più? Dove voglio andare? Dove voglio arrivare? Cos'è che mi manca?

Ogni tanto qualche risposta provo a darmela, ma le risposte che trovo non fanno altro che aumentare l'insoddisfazione se non addirittura darle maggior fondamento; e se una volta affondavo le mie ingiustificate delusioni nelle passioni che mi hanno sempre accompagnato, ora non riesco più a farlo, non riesco più a trovare uno sfogo a queste onde emotive che non sia quello di buttare parole al vento in questa asettica e dispersiva cornice, illudendomi del fatto che giungano a destinazione (oltretutto sapendo che anche in quel caso risulterebbero di difficile comprensione).

E allora riprendo a camminare, ringraziando quei pochi temporanei compagni di viaggio e quelle voci amiche che, pazientemente, sopportano le mie lamentele, cercando di aiutarmi a trovare un'incomputabile quadratura a quel cerchio che non si chiude.

sabato 12 maggio 2012

Passi verso l'ignoto

Cammino... l'ho fatto molto in questi giorni; ho attraversato più volte il centro di Milano da parte a parte, al telefono, oppure semplicemente con la musica a farmi compagnia, in attesa di vedere qualche amico, bere qualcosa, fare due chiacchiere, con la caviglia che non è ancora del tutto a posto e ogni tanto reclama attenzioni. Cammino, nella tiepida aria primaverile, immerso nei miei pensieri, tra i piacevoli recenti ricordi di un luminoso e colorato bianco e nero.


Cammino, perso tra i continui dubbi e le (per quanto minori) paure; cammino, la mattina, finalmente sotto un cielo azzurro, con A Song for You di Bublé che mi fa venire voglia di piangere senza un motivo particolare, solo per buttare fuori le tante emozioni che continuo a reprimere per timore di mostrare di essere capace di provarle. Cammino, scendendo dalla metropolitana una fermata prima per fermarmi a prendere un cappuccino ed una brioche con calma.

A Song For You by Michael Bublé on Grooveshark

Cammino, cercando di mitigare, nella musica, le solitudini che continuano a farmi paura, ogniqualvolta io permetta a quelle di riempire gli spazi vuoti della mia vita; cammino, anche per riempire, da solo, quegli spazi. Cammino, e mi piacerebbe non farlo da solo, ma il mio vecchio timore di disturbare, di intromettermi nelle vite altrui e di essere inopportuno mi fa rimanere un camminatore solitario; come sono sempre stato.

Cammino, ignaro del mio futuro, certo senza alcuna pretesa di emulare il grande Kurt, mettendo in fila, uno dopo l'altro, tanti passi verso l'ignoto.

mercoledì 9 maggio 2012

Binari lungo il mare

Domenica pomeriggio, linea ferroviaria Ventimiglia - Genova, l'Intercity per Milano continua ad entrare ed uscire dalle lunghe e numerose gallerie che caratterizzano questo tratto di strada ferrata lungo la costa; nei momenti in cui il convoglio non è in galleria, dal lato destro la visuale si apre quasi a centoottanta gradi sul mare, e per una volta mi dispiace non aver preso il posto vicino al finestrino, avendo invece optato, come d'abitudine, per la libertà di movimento garantita dal posto vicino al corridoio.


Certo il corpo era libero di muoversi, l'avesse voluto; solo che gli occhi erano incantati a guardare quel limitato rettangolo di mare che la lontananza dal vetro e la prospettiva mi lasciavano osservare. Era lo stesso mare che solo due ore prima osservavo dagli scogli di San Remo; lo stesso della Baia del Silenzio, che ha cullato il mio breve sonno della notte precedente; lo stesso mare che avevo intravisto dal finestrino della MiTo del mio nuovo amico sabato pomeriggio, mentre ricevevo la prima delle due telefonate che avrebbero concluso positivamente la mia ricerca di un punto fermo. Quello stesso Mar Ligure che fino al giorno prima non conoscevo.

Dopo la breve sosta a Genova il treno si infila nuovamente in una lunga serie di gallerie, fino quasi a Tortona, lasciando solo un ricordo degli ampi spazi che hanno accompagnato il viaggio sino alla città della Lanterna. E così come del mare, resta il ricordo di una giornata in compagnia di amici fino a poco tempo fa lontani (non che ora siano proprio vicini, ma almeno la distanza s'è dimezzata), amici che mi hanno fatto scoprire questo litorale che prima potevo solo immaginare, alla ricerca di tramonti che non riuscivo a scorgere.

E rientro con domande ancora in sospeso e con tramonti non visti, con colori rimasti celati dietro le nuvole e con i venti che si incrociano disturbando la navigazione. Certo, tornerò; la bussola sembra calibrata, ma quei tramonti che non ho visto meritano un'altra visita...

lunedì 7 maggio 2012

La sinfonia del silenzio

Riparto con quell'azzurra valigia fedele compagna degli ultimi viaggi, anche se in realtà non è neanche mia; riparto a bordo di un treno nuovo, verso un Mare che conosco poco, verso una costa che conosco ancora meno, verso una regione che non conosco per niente; riparto attendendo notizie che potrebbero dare una svolta al mio peregrinare degli ultimi mesi, mettendo un punto fermo, certo non definitivo, ma fermo; riparto con gli occhi ancora pervasi da quella luce che poche ore prima li aveva illuminati.


Un nuovo amico mi preleva alla stazione e mi fa da autista lungo un pezzo di quel bordello di curve e gallerie che è l'A12; e arriva la prima telefonata, quella che allunga di qualche ora l'attesa, complicando leggermente la situazione (ma forse avvicinandomi alla meta); giungiamo a destinazione sotto un cielo plumbeo che non promette nulla di buono, ma lo spirito non ne è pregiudicato e, dopo una sosta ristoratrice, raggiungiamo le persone che rappresentano il vero motivo per cui siamo lì, persone che portano avanti, con dedizione, non senza sacrifici e difficoltà, progetti ed incarichi di cui si sono presi la responsabilità.

Un'ulteriore sosta ci accompagna fino a cena e poi al dopocena sul limite del molo, praticamente in mezzo al mare; ma non era quello il mare che cercavo, c'era troppa confusione, troppa ostentazione di vite comunemente tristi. Poi decidiamo che è ora di concludere la serata e ognuno se ne torna per la propria strada... ma io mi smarrisco a pochissimi metri dalla meta; vengo rapito da un suono che già avevo percepito vagamente qualche ora prima, un magico, dolce e sommesso mormorio; vengo rapito e resto lì dieci minuti, forse anche venti, chi lo sa, il tempo non esisteva più.

Baia del Silenzio la chiamano. Ma quale silenzio, quella è una sinfonia, una musica che cancella i problemi e le preoccupazioni, un canto che libera la mente...

venerdì 4 maggio 2012

A Happy Place

I'm going to find a happy I'm going to find a happy I'm going to find a happy place ...

Dieci giorni e torno. Orrore. Ho preso seriamente in considerazione di incatenarmi alla mia scrivania con vista parchetto popolato da scoiattoli e corvi. Io QUA mi sento molto di più a casa, lavoro meglio, ricevo più stimoli. Qua dove le persone sorridono un po' di più. Torno è un'espressione buffa. Torno dove? Alla mia eterna peregrinazione delle Tre Città, che è un po' un non-luogo, in fondo. Riparto forse allora è più corretto.

... let the fire rise and enter, tap into the primal power rising like a gaint tower, creating energy recieving cut a hole right through the ceiling ...

Katie Melua nella testa, stamattina in autobus dava il ritmo ai miei pensieri. Mail da mandare, scadenze da rispettare, finalmente qualche occasione valida, tempo da creare per mille cose, treni da prenotare, di nuovo.

... find a star, send down a beam to where you are. An elevator of life, taking you somwhere where you will always be loved ...

La prossima meta certa doveva essere Canberra. Anzi, ho già accettato. Ma dopo ben quattro giorni di dolce metà a Londra tornano i mille dubbi. Canberra è lontana, ma proprio lontana che più lontana non si può. E i biglietti costano. I rimborsi dell'università e la prospettiva di mesi di spese ridotte all'osso coprono giusto giusto i miei di costi, mica anche quelli del moroso se mi viene a trovare. Però la scelta di partire non riguarda mica solo me. E quando non ce la fai già più della vita-limbo che ti ritrovi, la stessa vita che fai da quando eri una matricola, senza avere ancora alcuna possibilità di stabilizzarti un po' e pensare di costruire qualcosa di stabile... l'idea di partire per tre mesi dalla parte opposta del globo non è facile. Certo, sarebbe una figata pazzesca. Ma non è facile. Essere in Due a volte rende le cose più complesse. Ma ne vale la pena.

 I have found that stress and nonsense puts me in a zone of avoidence. Could my mind be moving faster pulling like a super cluster. Can be hard to trust a felling, bubbly and ends seeeeing ...

Quindi? Boh. Si vedrà. Canberra è ancora in gioco, parecchie altre mete sono possibili. Al solito, budgets da gestire fra mille stress e valigie da preparare, chissà se con vestiti estivi o invernali. Forse rimanderò il mio Natale in spiaggia e il mio ventisettesimo compleanno tra i canguri. Magari in Australia ci si torna tra qualche anno, in vacanza. Insieme. 

... we're going to find a happy  bo bu ba ba we're going to find a happy, a happy place ...

giovedì 3 maggio 2012

Un compleanno speciale...

"Uno in più, nient'altro che un numero.
Uno in più, nient'altro che un simbolo." (Uno in più-883)

28/04/2012
E' un sabato mattina bollente, quello che mi attende all'uscita di casa in un orario che, in effetti, gioca la sua parte sulla temperatura.
Oggi si festeggia il compleanno di una principessa ed anche il mio, anche se sarà tra un paio di giorni.
Mi avvio, sotto il sole cocente delle 14, verso il supermercato più vicino, insieme ai miei amici di sventura: dobbiamo comprare un sacco di cibo! Sembriamo delle trottole: a giro di quà e di là, in lungo ed in largo, per il supermercato alla ricerca del necessario, tra una risata e l'altra. Sono in defibrillazione: tutto deve essere perfetto! Non ci deve essere il minimo errore: è troppo importante questo giorno!
Dopo due ore di accurata ricerca del cibo mi incammino, con un mio buon amico, verso casa per iniziare a cucinare. Le casse del pc suonano, da prima, un ottimo cd degli Skorpions, per finire con uno degli ultimi album di Springsteen. L'emozione sale, minuto dopo minuto. Controllo meticolosamente ogni dettaglio, anche il più insignificante, ma tutto deve essere perfetto.
Poi arriva la principessa, bella come non mai, seguita dai miei amici e, infine, dalle sue amiche.
La cena viene intrattenuta da quei soliti personaggi espansivi e simpatici, quei tipi, per capirci, che attaccano subito bottone, fregandosene di quel che dicono e di come lo dicono: basta dirlo!
La serata passa, tra una risata e l'altra, forse troppo in fretta. E' stato un evento in cui ho potuto, finalmente, godere di quelle "gioie semplici che, alla fine, sono le più grandi". Quelle risate sane, semplici, ancora mi risuonano nelle orecchie: ne avevo bisogno! 
Quegli occhi, lucenti, emozionati, non li scorderò mai!!!

30/04/2012
La sveglia suona presto stamani, ma il mio corpo non se la sente di tirarsi su da quel morbido, accogliente materasso: dopo tutto, oggi è il mio compleanno!
Le telefonate e gli sms, però, si moltiplicano minuto dopo minuto ed io, da bravo gentleman, sono costretto ad alzarmi per rispondere a tutti quelli che hanno avuto il pensiero che io, proprio io, 22 anni fa nacqui in quello stesso giorno.
Non mi sento di avere 22. Ne sento, però, il peso quando, per ovvi motivi, si vanno a fare i conti di cosa ho combinato in questi anni di università: è qui che il tempo, acerrimo nemico mio, pesa come un macigno sulla mia schiena! C'è solo una soluzione: devo darmi da fare!
Attendo l'arrivo del mio secondo pilota, oggi un pò malaticcio, mentre aiuto il mio solito buon amico a preparare il pranzo.
Arriva tutta trafelata e bagnata dalla pioggia battente. I suoi occhi dicono tutto, senza bisogno di parole!
La sua lieve indisposizione la costringe, a malincuore, a riposarsi nel mio letto mentre io ed il mio amico ci concediamo un pomeriggio di playstation per soli uomini.
E' stato uno dei compleanni più belli della mia vita. Anche oggi ho gioito di quelle gioie semplici che sono gli occhi di chi mi vuole bene ed una birra, sorseggiata col mio caro amico, in un pub pisano mentre, in sottofondo, suona Pulse, uno dei miei live preferiti dei Pink Floyd.
E' stata quella musica, accompagnata, diciamocelo, dagli 11 gradi delle birra (!!!), a farmi capire ancora di più che questo non è il mio posto. Voglio che la mia permanenza in Italia duri il meno possibile. E' come quando ci si mette un paio di scarpe più piccole di due numeri: puoi camminarci ma, a lungo, te le devi togliere!

martedì 1 maggio 2012

La valigia azzurra

Arrivo in questa fredda stanza che non voglio chiamare casa, apro la valigia azzurra ed inizio a tirare fuori le memorie di due giorni in mezzo a tanti amici; due giorni con un viaggio a "bassa velocità" per risparmiare qualcosa (ora che devo starci più attento). Vestiti, scarpe, magliette, memorie... memorie di chiacchierate, di risate, di lunghe notti, di gite con un piglio internazionale, di amicizie mantenute ed approfondite nonostante vittorie e sconfitte al di là della barricata, dove ancora si può giocare.


...ma quel vuoto che c'è dentro come si riempie? Quel continuo senso di incompletezza, di insoddisfazione verso me stesso e la mia vita? Ora che, forse, inizia ad arrivare un po' di voglia di costruire qualcosa, di attaccare qualche chiodo al muro. O forse no. Di certo fino a qualche tempo fa anche solo il forse sì non sembrava apparire nemmeno all'orizzonte.

Eppure quella valigia vuol dire tante cose; questi treni, questi binari, questi viaggi... mi sto costruendo qualcosa, una vita, forse, finalmente mia. Con tutte le difficoltà che questo implica, soprattutto senza un secondo pilota a cui affidare le mie insicurezze (e che affidi a me le proprie), anche se ci sono sempre quei grandi amici ed amici-fratelli ad indicarmi la strada ed a rispondere agli SOS che ogni tanto invio.

Eppure non riesco a scacciare quella brutta sensazione, quella malsana convinzione che mi spinge a continuare a credere di riuscire a vincere tante belle battaglie tranne quelle che vorrei veramente vincere, contro le mie paure, contro quella cronica paura di non riuscirci. Così volo vicino al sole per qualche minuto e mi lascio intirizzire dal freddo che cala appena sparisce dietro l'orizzonte, perseguitando in quella mia battaglia verso una felicità mai raggiunta se non per quelle due ore quando il sole era sotto le stelle ad illuminarmi.

E continuo a riempire valigie, invece di quel vuoto...


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