domenica 30 giugno 2013

Something happened on the way to heaven



L'estate avanza. La gente va verso sud rotolando facendo finta di divertirsi, e magari ha come unico scopo quello di caricare foto di Facebook
I cartelli blu delle superstrade, quelli verdi delle autostrade, vengono guardati con distacco perché la strada è lunga.
Eh già: l'imperativo è fare strada. Fare strada. Con le medie più alte possible ma senza strappi, come diceva Battisti.
Appennino, ancora una volta. Autostrada A1, 130 km/h.
Sono partito con le solite raccomandazioni, in effetti. Quelle di chi dice "vai piano" e tanto io vado a 130, nonostante il mio passato da pestatore scoordinato di acceleratori.
E soprattutto ho 32 anni e poca voglia di fare il bischero. 
C'è chi non dice niente, e  forse mi fa capire di più degli altri che mi vomitano addosso parole inutili. C'è chi non sa che le candele che accendo nelle vuote Chiese hanno una finalità precisa. Ma probabilmente Lui non mi ascolta in quel senso. Eh vabbè, ci siamo capiti male.
E infatti, con la solita maestria della danza appenninica,  esco di curva, prolungo all'inverosimile e oltre ogni limite del buon senso, il contakm  saldamente piantato sui 150km/h quando avevo detto "vado piano".
Vado piano, e conosco ogni singolo punto di corda. 
E pochi centimetri superano la strada verso un piacevole weekend da una tragedia. Pochissimi cm dalla mia ruota anteriore sinistra separano un cordolaccio di cemento.
Forse millimetri. Me ne sono accorto tardi.
E sarebbe stato forse il disastro. Non voglio immaginare il resto ma forse sarebbe stato sin troppo rapido per rendermene conto.
Ma qualcosa succede comunque. Coda. Frenate. I "piloti" messi pari ai vecchini lenti irriverentemente superati.
Ma in questo cuore c'è sole. Stranamente splende forte questo sole.
In fondo le verità non sempre coincidono con quello che uno all'inizio avrebbe voluto.
Per strada c'è di tutto, in questi 185km: camion, macchine, casini, cuori, messaggi, silenzi, amore mancato, amore vissuto.
Silenzi. Obiettivi che si mancano per una stupida coda.
Mi viene da pensare che l'umiltà di dire le cose che mi sono guadagnato sul campo, anzi, per strada, anzi, a dire la verità su questa strada, sia finita chissà dove, non avendo ricevuto segnali adeguati.
Vorrei ricevere la stessa chiarezza e umiltà che do ma non mi pare possibile a nessun livello.
In fondo, alle volte non sempre il cuore ha ragione sul cervello. Vince spessissimo, ma non quando ci sono io in ballo.
Pace. E' successo qualcosa.
E me ne sono pure accorto. 

giovedì 27 giugno 2013

L'amore conta: a distanza e sulla distanza


Non ho mai avuto tante fidanzate vicine. Ne ho avute tante, ma quasi tutte le più importanti (Giulia esclusa, era di Montalcino) sono sempre state  in zona "oltre 100km".
Non so perché mi infogno (piacevolmente) nella difficoltà che la distanza impone, e a dire il vero non me lo sono mai chiesto.  Nel disperato e comunque inutile tentativo di dare una logica a queste situazioni, mi rispondo che forse  ciò avviene perché amo davvero anche la strada, il contesto da "sabato del villaggio" che pervade tutto il viaggio, che amo le mie macchine.
A tratti si ama più il "contorno", forse la strada. Mi è capitato a 18 anni, con la prima delle mie decappottabili.
Forse è proprio il contorno quello che amavo su questa strada, dove mi trovo adesso, con la Spider Veloce, protagonista ignara di questo viaggio che mi porta automaticamente nelle aule di Tribunali lontani, come ho sempre sognato, di fare l'Avvocato a lunga percorrenza.
Sicuramente anche lei, nei suoi tanti anni di vita, ha tante storie da raccontare.
Non le voglio sapere, come il passato con le donne. Basta angustiarsi per le cose inutili. Lei è mia adesso.
Ed eccomi sulla SS223, a 110km/h, capelli al vento, anni dopo rispetto a quando ci passavo con significato con la prima Ammiraglia, ormai vecchiotta ma velocissima.
All'epoca c'era un teatro di tramonti di novembre su Montecristo, in discesa.
Ci passo anni dopo a momenti intrisi di paura: e alla fine, la paura di perdere una persona prevale sull'amore, sul sentimento stesso. Riflettiamoci. E' proprio quella lo stimolo che ti fa cambiare, che ti fa volare su cose che, col tuo cavolo di cervello di Avvocato evoluto, nemmeno avresti guardato di striscio.
E allora questi curvoni veloci intrisi di adrenalina ormai andata a male non mi fanno che giungere a una conclusione, mentre faccio il percorso inverso: non era amore, solo paura di perdere chi fuggiva. 
Ed era brava a fuggire.

Se ne fa una tragedia per mesi, ma dopo la fine di una storia, il mondo comunque andrebbe avanti semza cagarti minimamente, Italo e gli ETR 500 e 600 (scusate, faccio fatica a chiamare quei cosi FrecciaRossa e Frecciargento) tra Milano e Salerno ci vanno comunque, le navi non smettono mai di passare le macchine tra Piombino e Portoferraio, rapinandone i passeggeri, ecc. ecc.
Nemmeno la strada è più esattamente la stessa, c'è un tratto nuovo che assume connotati di perfezione autostradale, in cui, ormai, la traiettoria giusta non ti fa più gadagnare tempo rispetto a quando qui, al posto di questa perfetta quattro corsie, c'era una stradaccia dissestata e curvilinea.
Nemmeno noi siamo gli stessi. Ci evolviamoe capiamo, come me adesso.
Radio Italia si diverte a prendermi per i fondelli, in quanto ho scordato la chiavina beige a casa e mi sparacchia nelle casse potenti della Spider Veloce L'amore Conta di Ligabue, che mi ricorda davvero che l'amore è importante.
In quel caso non lo era: dopo, sì.
Quante briciole restano dietro di noi, ancora oggi. Perché andandosene, qualcuno che hai amato veramente, si porta via un pezzo di te e non te lo restituisce.
Ovviamente parlo di chi ho amato veramente. 
Probabilmente si è portata con sé L'Andrea della Mito. 
L'Andrea del Duetto, entrato in grande stile nell'estate 2013, è rimasto un po' incompreso. Da sempre pesantone, ma molto meno. D'altronde basta NON VOLERLE GUARDARE le cose, basta non dar loro la prospettiva giusta quando invece si pensa bene.
In amore, si pensa sempre bene.
Ci sono pure i cocci rotti, per carità.
Però, come dice un'amica, si può guardare il vaso dalla parte intera. Tutto vero. Sono io il primo che, in tempi andati, avrebbe comunque guardato nei postacci.
Ora no. Mi sento cambiato, diverso, meno ansioso.
E nonostante le costanti critiche che ricevo, io sono davvero l'Andrea del Duetto. 
Comunque, certi amori per me vengono fuori alla distanza, nella loro completezza. Un po' come una macchina che rimonta alla 24 ore di Le Mans e magari, per uno strano arcano motivo, ce la fa pure a vincere.
L'aria fresca forse stimola il  mio cervellaccio nelle considerazioni che uno a 32 anni dovrebbe fare. A 32 anni ci si dovrebbe pure sposare, in estrema ratio.
Ma il mio cervellaccio non si accontenta tanto facilmente, ed aveva la brutta tendenza a sparacchiare merda su chi ha la sfortuna di starmi accanto.
Sono migliorato. E nessuno l'ha visto.
Tutte le strade cambiano, ora sull'A1 si va dritto invece di girare a destra a Bologna, e va bene così, anzi va meglio.
Semplicemente guardo le cose con occhi diversi.
In questo mondo tanta gente, per la paura di decidere, per la paura di muoversi, scende a compromessi coi propri sentimenti. Li nega furiosamente, fa chiodo scaccia chiodo, si illude di trovare il meglio. La paura fa da padrona: paura degli amici, dei genitori, delle persone accanto.
La paura di perdere la persona accanto, che menzionavo prima, ci rientra. 
Il problema è che, se uno prova a negare i sentimenti, magari ce la fa anche, per un periodo. Magari ha anche l'illusione di aver svoltato.
Alla distanza viene fuori tutto, però. Viene fuori un dolore lancinante, una pietra piantata sul cuore.
Ma ormai si va oltre, e si vive ogni giorno sorridendo, e da un lato è stupendo.
M'abituerò a non pensare alle cose indietro, né a cercare qualcosa nel retrovisore della Spider Veloce.

Il tempo mi darà ragione, alla distanza. Io mi do già ragione adesso. In fondo, sono il mio avvocato. 

martedì 25 giugno 2013

L'amore impossibile e quello possibile (il mio battesimo sull'Ammiraglia)


Ho sempre paragonato le mie macchine a delle piccole navi. Il motivo è semplice: non le uso mai per brevi spostamenti.
Eppure sarebbero tutte nate per una mansione opposta a quella che svolgono: la Mito sarebbe da tirare sulle curve di Volterra, la Ypsilon che avevo fino al 2010 era una stracittadina.
Il Duetto forse è l'unico che andrebbe usato per il Gran turismo e la lunga percorrenza, mentre lo adopro solo per Colle e poco più.
Bravo Andrea. Faccio fare le 24h di Le Mans figurate alle vetture da città e da curvoni veloci, ne snaturo la motivazione per cui sono fabbricate.
Devo dire che la Ypsilon si guadagnò il ruolo di Ammiraglia sempre sulla A13 Bologna Padova, strada che conosce a menadito, sull'Appennino che uno ama follemente solo se è un pilota. .
La Mito se l'è guadagnato di recente, l'appellativo di Ammiraglia.
E' Ammiraglia nell'anima, eroica nel passato. Silenziosa, veloce. Le Missioni touch and go sono state la sua specialità. Adesso no, però.
E' Ammiraglia della mia piccola flotta composta da due navi, una nuova e una vecchia, entrambe affascinanti e terribilmente veloci.
Solo una per ora è carica di ricordi, l'altra l'ho dal 4 giugno: every car tells a story, è tutto vero.
La mia Ammiraglia ne racconta diverse, mi sa. Forse più di una. Forse troppe. Forse è logorroica come il pilota in preda ad un attacco di insicurezza.
Racconta il suo Shakedown a Montaione, in un periodo di "interludio" tra una fine e una ripresa dell'amore impossibile, con accanto chi è una vita che mi aspetta e continua a farlo ancor oggi.
Racconta anche che, per andare a riprendermi quello che all'epoca (fine 2010) supponevo esser mio, le tentai tutte. E ci riuscii. Anche lì avevo sbagliato, in modo più grave di quanto avvenne dopo.
Racconta la prima Missione Eroica, direzione  Roma, emozionante ma costruita.
Racconta il silenzio in un 27 marzo strano e brusco.
Mai una piega, mai un'esitazione.
Racconta anche la storia di una bellissima ragazza addormentata alla mia destra quando a Ladispoli finisce l'Aurelia bis e inizia l'autostrada per Civitavecchia, Grosseto, Siena, Colle. Casa.
Racconta anche di piogge battenti all'esterno, di piogge di lacrime all'interno, delle mani sul volante di pelle poste nel modo più stretto possibile.
Racconterebbe anche di qualcosa di bello che avvenne a fine dell'anno successivo, di una guida spericolata per una statale padana, di una strana quanto bella vita passata in Appennino a rincorrer sogni, e forse anche  a viverli per la prima volta.
Racconterebbe, se potesse parlare, anche di chi si sentiva navigatore e chi si sentiva pilota.
Racconterebbe di un tour to the Moon and back (Savage Garden), in cui la felicità non era così lontana.
Racconterebbe di una SS12 fatta per 100km in uno stato cadaverico, di una deviazione fantastica verso un museo particolare e unico, di una neve che quando arrivò non mi fece fare nemmeno una piega.
Quello che contraddistingue il 90% dei km fatti dall'Ammiraglia racconta storie di amori impossibili, uno in primis, tenuti su fino all'inverosimile, prolungandone oltre ogni termine essenziale l'agonia, in nome di un legame inesistente.
Racconta che l'impossibile diveniva effimeramente possibile. 
Racconta di furtive uscite da Via Bologna, dei 12,20€ di casello sola andata, delle buche di quella stupida e orrenda superstrada, della neve di Sestola nei 47km fino a Porretta con le gomme da track day, e lì sì che ero stato un pilota professionista di quelli veri.
Racconta anche di pianti, risate, di tratti pianeggianti a 130, dell'Appennino che domina alla perfezione.
Racconta delle recenti puntate nella città della Maserati e della stazione delle ferrovie vicinali, delle stradine irte di rallentatori.che il navigatore mi fa fare perché le città si aggrediscono da Sud, quando lì sarebbe comunque meglio uscire dopo. Forse la proverò questa strada.
Racconta delle speranze che ho riposto e ci ripongo, lassù oggi. 

Custodisce la storia delle bugie che mi sono detto, e sono tante e pesanti, ma lei è bravissima a mandarle via.
Custodisce le bugie che ho detto agli altri e che ho smesso di dire. 
Racconta la storia di un cambiamento necessario, e non compreso da chi doveva, racconta la storia di un giovedì sera strano e, oserei dire, magico, i cui sogni si sono infranti chissà dove la domenica successiva.
Racconta tutta la mia storia recente, quella vera, quella vissuta.
Racconta solo la mia di storie.
Racconta che, dall'altro lato, esiste anche la possibilità di amare in modo possibile. C'è a 30 anni, a 32 per la precisione questa sonora possibilità. Basterebbe volerlo. E io alla fine lo voglio.
Combatto per non accontentarmi.
Racconta che sono destinato a vita ad essere pendolare per amore, e non con i treni. 
Il mio battesimo sull'Ammiraglia si consuma in una strana atmosfera estiva, con la calma e la sonorità assente che contraddistingue letteralmente ogni tratto di auostrada col tutor che ti costringe alla disciplina.
Con la calma che contraddistingue la pianficazione delle conseguenze di una scelta brusca e di rottura. 
Quante ammiraglie avrò ancora?
Poche. 
In fondo sono solo oggetti ma sono intrisi delle mie emozioni calde e terribili.
Di amore impossibile, come quello di Sandy e Rolando in acqua e sapone, grande film di Verdone. Di amore possibile, come quello che finisce bene, senza grandi punte emozionali e da cui sono fuggito col piede in fondo per 32 lunghi anni.
Racconta la storia della vita insoddisfacente di chi si vedeva un tempo surclassare da stupidi trentunenni mantenuti,  da chi, con la velocità di un lampo, toglie le tende quando dovrebbe starti vicino, da chi, invece, ad una festa strana si trasforma in una bambola mora con gli occhi verdi che ti prende per un braccio e ti fa sentire nuovamente vivo.
Eh già.
Every car tells a story. Mine more than one.

lunedì 24 giugno 2013

53 minuti di ritardo

...tanti ne aveva il treno su cui sto ancora viaggiando, mentre ripartiva sotto il cielo grigio da Pescara Centrale nel primo pomeriggio di questo primo lunedì d'estate; sul binario a salutarmi c'era l'Amico che negli ultimi 12 anni forse più di tutti ha capito, rispettato, e perché no più di qualche volta anche apprezzato, i silenzi miei e dei luoghi che amo. Al suo fianco l'ottima e fedele compagna; le fedi lucide e splendenti da appena due giorni alle loro dita.

"Ho letto la letterina... ringrazio ogni giorno di aver sentito quella volta...". Trattengo a fatica le lacrime (e a dir la verità non sono proprio riuscito a trattenerle del tutto...) quando leggo il messaggio che mi giunge in questo vagone che nel frattempo si è popolato, seduto nel mio posto 13B, mentre il treno continua a correre nella pioggia forte senza riuscire a recuperare il grande ritardo accumulato a Termoli. E ripenso a quell'abbraccio sul binario, forte come mai altre volte.

Ripercorro ancora gli ultimi giorni con la mente, come mio solito al contrario; i cornetti enormi, gli ultimi scorci della Majella da Bucchianico, i Queen ad accompagnare i nostri trasferimenti nella comoda Delta rosso lava ("...eh? vuoi dire che non è nera?") nelle mani del fido Mauro; le montagne di arrosticini seguite dal cheesecake alla nutella, i bagni fanciulleschi in mare ("...andare in acqua ci toglie quindici anni..." "...ma se già sembra che torniate a venti quando venite in spiaggia?!??" "appunto... togline altri 15!"), le parole crociate a quattro teste, il gelato, la crema al pistacchio, le linguine allo scoglio, le partenze della mattina coi primi abbracci... tutto questo in appena ventiquattr'ore.

Ed il giorno prima? Beh, a parte le lacrime di gioia e le emozioni credo ci sia poco altro da descrivere... Sì, ho cantato... sì, ho pianto sommessamente quando la sposa è entrata in chiesa e ha raggiunto lo sposo... sì, ho rivissuto memorie di tempi e vacanze andate... sì, ho trovato comunque il modo di sognare... sì, sono rimasto comunque legato a pensieri che non mi lasciavano staccare del tutto... sì, in fondo sono sempre io, coi miei minuti (quando non ore, giorni, mesi o anni) di ritardo sulla vita, anche se questo treno, ora nel sole emiliano di fine giornata, sta cercando disperatamente di recuperarlo, quel ritardo, non riuscendoci.

Ma quel pomeriggio di relax al mare e quell'abbraccio forte e sincero mi hanno ricordato che per certe persone e certe Amicizie i tempi e le distanze sono e saranno sempre relativi.

24 ore (parallelo tra corse e amore)


Autostrada A1, 130km/h. Il pilota nuovo, Quello del Duetto, rapidamente si insinua verso nord nel tratto nuovamente a tre corsie dopo anni di lavori. Firenze è alla destra del mezzo rosso, stavolta moderno, ma la mentalità è diversa.
Siamo nel giorno dopo la 24 ore di Le Mans.Vittoria Audi, dietro Toyota.
E' la mia gara preferita e milioni di volte ho paragonato le storie d'amore a questa massacrante competizione automobilistica.
C'è chi vince, ed è spesso l'Audi. La Toyota prova con un mezzo di tutto rispetto a vincere lo strapotere della casa degli anelli e non ce la fa.
La seconda Audi sbatte forte.
Errore di uno dei piloti. Si trascina claudicante ai box. Si è rotto qualcosa, in effetti. Torna in pista e VOLA TUTTA LA GARA.
Vola, sull'acqua e sull'asciutto. Volano i piloti, vola la vettura. Vola con una perfezione che quelli di testa non hanno e mai avranno. Con una precisione e una bravura che in testa non hanno.
Tentano di rimontare con la forza della disperazione, della rabbia, in corsa. 
Loro lo sanno di avere perso.  Lo sanno che non vinceranno.
Sanno che i primi sono andati, sono in cima, col loro passetto medio-veloce, a giocarsi la loro facile superiorità rispetto a chi rincorre.
Hanno sbagliato, loro. Rincorrono. Si trovano costretti per i loro errori ad avere un ruolo da comprimari, pur essendo i migliori in pista. Velocissimi ma inconcludenti. Velocissimi. Inconcludenti. Ne sorpassan tanti, ma i 6 giri di gap non sono colmabili. Si sdoppiano due volte.
Ma non è sufficiente. Quando qualcosa si rompe non si riattacca. Non si rimette. E' rotto. E non basta scusarsi in centomila modi. 
C'è da pedalare. 
Come quei disperatoni, che sono arrivati quarti, fuori dal podio, con una serie di giri veloci all'attivo da record, e la vittoria potevano prendersela tranquillamente. 

Così è in amore. Lo voglio ripetere: Quando qualcosa si rompe non si riattacca. Non si rimette. E' rotto. E non basta scusarsi in centomila modi.  
E' strano come certi cambiamenti avvengano in modo così rapido, come certe illusioni si trasformino in delusioni e certe voglie di vedere le persone si azzerino così, in un lampo.
E' facile, quando si ama di nuovo dopo tanto tempo.
Facilissimo, oserei dire. Anche troppo, se mi posso permettere.

Metto  la freccia, svolta a destra. Scalata di quinta, poi di quarta marcia, dentro il curvone a seguire. Certi pensieri si esauriscono con una facilità estrema, eh? 
Frenata. Brusca. Pestone sul pedale.
In fondo, ero uno che sapeva guidare un tempo. Odore di freni (alla fine pure loro).
Sogni di gloria che in tre giorni nascono, si sviluppano, e poi si arrestano in 2 parole: Ho scelto. I suddetti sogni si infrangono come una macchina sulle barriere.
Ne esci accartocciato ma illeso, caro Pilota.
Ne esci comunque perdente, se non sai trovare le contromisure adatte.
Ne esci con l'idea di non intrometterti più nel futuro.
Ne esci con l'idea che tutto sarà meglio.
Stranamente ne esci con un sapore dolce al posto dell'amaro che avrebbe dovuto esistere. 
Così sono io, che le gare di durata le conosco.
Sbatto nelle prime fasi, sbaglio, recupero.
Rasento la perfezione, ma qualcosa nel mezzo si è comunque rotto e chi si prende la MIA vittoria va avanti ed è irriprendibile. 
E la coppa va nelle mani altrui, la macchina in garage.

Lovecats dei Cure. Slash che incattivisce col suo album Apocalyptic love il tuo percorso breve casa-lavoro. Messaggi che non partono né arrivano. 
Bugie supposte che nemmeno esistono. 
Moti alternativi, stati di ansia, idee cambiate in tre minuti caratterizzano questo periodo.
Allora le dirigo verso il bello, il bel tempo, il piacere, le vittorie, sofferte e non.
Non è accontentarsi, è cercare la felicità, nella lunga attesa di strani eventi che avverranno, nel futuro lontano.
Stavolta non sbatto, vado dritto alla distanza.

sabato 22 giugno 2013

Ci sono sere.... (reprise post rientro)


Ci sono sere in cui il cuore chiede ascolto: lo chiede in modo particolare e il cervello gli dà retta.  Inizia anche a dargli retta l'Andrea del Duetto, che mionta sulla Mito, e forse ha anche voglia di correre, di testare le gomme nuove coreane. Scusa ufficiale, molto bella da dire a me stesso e agli altri.
Ci sono sere in cui, nei nostri cuori, i titolari storici ritornano a giocare, anche se recentemente soppiantati da nuovi titolari temporanei.
Non vorrei tornassero a giocare quelli temporanei, vorrei tornare a giocare io.
Ci sono sere in cui sai quello che vuoi, lo sai al 100% , ma forse non lo pretendi perché la cosa dipende da una scelta altrui. Tu, hai già scelto, e forse non hai mai cambiato idea.
Ci sono sere in cui l'Eroica Mito diventa Ammiraglia, guadagnandosi il titolo sul campo, perché aiuta ed asseconda, col suo fare imperturbabile, i tuoi tentativi di trasformare l'incerto in certo, il difficile in facile, il brutto e il bello.
Ci sono sere in cui contano i sogni, quelli che realizzi. 
Ci sono sere in cui, più che le mani, intrecci i cuori e il tempo vola.
Ci sono sere in cui sai che devi farti scegliere.
Ci sono sere in cui lasci libera l'altra persona di sceglierti ogni giorni.
Ci sono sere in cui nonostante tutto speri.

giovedì 20 giugno 2013

Spartiacque

SS223, tratto in Direzione opposta e contraria, estate in arrivo di colpo, 110km/h. Il km 71 di questa storica strada, ancorché ad oggi svilita di ogni contenuto perché il passato è passato e il futuro mi aspetta. 
Comunque, capita che ti trovi in un lungo periodo di patologico stato di ansia, fatto da insicurezze che non fanno dormire, da persone prese e messe lì dove non devono stare e a cui vorresti dire tante parole, ma non riesci.
Baricco, in Castelli di Rabbia, libro molto particolare che trasuda il ribollire di storie al limite del surreale, direbbe:
Maledizione. Con tutto quello che uno vorrebbe dire...
E invece niente, non esce fuori niente.
Si può essere fatti peggio di così?

Succede che, di colpo, arriva dal niente qualcuno che ti conferisce fiducia, e si apre, col cuore e con le parole, ti racconta la sua vita affidandosi a te, per farti fare tesoro dell'esperienza acqusita nella sua trentaduenne vita.
La ventata di autostima che ne consegue è totale, pregnante, calzante.
E tu, cara V., vorrei fossi orgogliosa perché mi hai indicato la porta della felicità, del fregarsene degli altri, dell'andare avanti meglio di chiunque altro. Alle volte gli amici danno valore a ogni singola tua fibra, quando tu, soggetto impegnato a fare spadate coi fantasmi, colpisci sempre l'aria e qualche volta infliggendoti un taglio forte e non ti accorgi di quanto vali.

"Sei l'Andrea del Duetto o quello della Mito?" tuona la persona maschile targata Padova che seguirei in capo al mondo e che mi mancherà, nel suo solito tirar fuori perle di saggezza in poche parole.
"Sono quello del Duetto ma vado con la Mito perché ho il contagiri a riaccomodare".
E' qui la differenza.
Devo essere quello del Duetto che guida la Mito, non quello della Mito che guida il Duetto.
Vento di novità vuol dire vento di miglioria.

Ricordo una sensazione ben precisa.
E allora seguo il cuore, senza mezzi termini, senza compromesso alcuno, senza chieder pareri, senza una parola di troppo agli altri.
Chi ha orecchie per intendere, stavolta intenda.

martedì 18 giugno 2013

Le cose del cuore


Nella mia ansia ho sempre esagerato con le parole. Ciò avveniva sia nel numero delle stesse, palesemente eccessivo e logorroico, oltre che nei contenuti, visibilmente tendenti al gonfio. In effetti sto facendo i conti con me stesso, pago, anche se il viaggio è lungo e le settantadue comode rate mensili sembrano non finire mai.
Probabilmente sono sulla giusta strada per riprendere in mano la mia situazione personale, supportato anche da persone vicine che sanno perfettamente come sono.
E' così strano, eppure, nonostante le incertezze e il percorso in ogni cosa lungo e veramente difficile, dall'esito tutt'altro che scontato, mi sento estremamente fiducioso su quelle che potrebbero essere le alternative per il futuro.
Ci sono componenti che il cervello non controlla alle volte: l'eccesso di dopamina quando due occhi incrociano gli altri due, i battiti accelerati e chi più ne ha più ne metta.
Sono sensazioni che tornano alla mente quando uno alla fine può anche aver maturato la convizione di poterne fare a meno. E chiaramente non è così, non se ne può fare a meno.
Procedo imperterrito, nelle belle strade toscane sul mio stupendo nuovo acquisto d'epoca, che ancora non ha nome, o forse ce l'ha ma non è pronunciabile perché rivelerebbe qualcosa di dirompente.
Quello che so adesso è che ho voglia di essere unico e insostituibile e dare la cosa per assodata, senza paura, con la massima fiducia.
Ho sempre sbandierato, alla ricerca di un moderato consenso amicale, ogni mossa che avrei fatto che si traduceva in un pesante continuo bombardamento di "che ne pensi?" ai danni di chi mi sopporta. No, non è così adesso, o per lo meno mi sto attrezzando in ogni modo.
Adesso no.
Sono armato di cappellino, dei miei soliti occhiali, di una bella polo dell'Aeronautica militare.
Stavolta però non dirò niente. La verità, quella del cuore, che a volte si contrappone con quella razionale ed esterna, è dentro di me. 
Le cose del cuore non hanno bisogno di parole: si fanno e basta.

mercoledì 12 giugno 2013

La forza della rabbia, in corsa 2 (reprise per chi lesse il primo)


Strada statale 68, 100km/h, verso Campiglia. Questa è la strada che come al solito porta a Volterra, in un giorno come tanti.
"Vado, Ciao".
"Ciao".
Eh già, ciao. Come ogni giorno e ogni pomeriggio che si rispetti, salgo sull'Eroica Mito, o meglio quella che un tempo era tale e oggi un po' meno, che come al solito si avvia col suo solito rombo quasi esplosivo. 
Il motore è freddino in effetti in conseguenza della temperatura bassa.
Quasi due anni fa, questa strada fu teatro di uno di quegli addii, quelli che avvengono dentro, quelli con cui sancisci la fine di qualcosa che c'è stato e che come al solito ha teso a non andarsene via. 
Respiro. 
Rispetto a quel periodo ho molta ma molta più ansia. Moltissima di più, tanto che troppe cose mi stavano scappando di mano prima dell'intervento della Dottoressa che sbroglia i nodi dentro questa testa.
Sono andato terribilmente a peggiorare, da quel periodo là, per carità.
Anche se obiettivamente l'amore è tornato, giusto o sbagliato che sia (ma per me è sempre giusto). Ci sono cose che non mi vanno giù negli altri. In primis, il loro anteporre la paura delle espressioni genitoriali e amichevoli e il non fare di testa loro.
Ci sono mille cose che non vanno in me: in primis questa ansia insana, gravissima, sbagliata, che mi ha fatto scappare le persone a cui tenevo: Diletta, Francesca, Jacopo, forse anche Gaia a suo tempo e che rischia di mettere a repentaglio chi è qui accanto.
Mi contengo.
L'imperativo categorico è non se ne parli più.
Ebbene, eccoci sulla strada sessantotto, a 100km/h, con il motore che è entrato in temperatura. L'Eroica Mito è sempre lei. Un tempo, qui ci si passava affidandosi a quattro gomme Pirelli Pzero Corsa con doppia spalla per mascherare le cretinate automobilistiche che uno fa. 
Di cretinate ne han viste poche, in effetti, quelle gomme. Sono durate 41.000km e han fatto il loro lavoro da passiste autostradali, insomma, tutto il contrario di quello per cui erano nate, così come la mia macchina ha fatto solo autostrade, salvo sfoderare qualche punta d'orgoglio su questa strada.
Ora se possibile sotto ci sono delle nuovissime Hankook non so che modello ma pure meglio delle Pirelli. 
Ansia. Ancora più forte. 
Campiglia transita pianissimo alla mia destra. Mi sento come quei trabiccoli delle Montagne Russe che ti portano su su su su lentissimamente.
E infatti inizia la discesa, su questo curvone a destra.
Con una freddezza paurosa che contraddistingue i miei momenti lucidi schiaccio e avvolgo le mie mani sul volante.
Giù. Seconda, 6500 giri, poi terza. Leggera curva a destra senza guardare chi c'è di là, ma la traiettoria tiene nonostante lo sporco su queste gomme.
La mano trema, tento di ignorarla nel pieno controllo fornito dall'eccesso di adrenalina continuo. 
Trema mentre si avvicina il tornante in discesa. 
Mi attacco ai freni con un pestone terribile, abituato come sono a quelli del vecchissimo Duetto che ho messo in garage di recente.
Mi impaurisco, mi attacco a tutto quello che posso. Stringo la curva, e la turbina piccola inizia subito a dare il massimo, schiacciando il mio povero collo disperato al poggiatesta.
Seconda marcia, 6700giri. Troppo, forse.
Appoggio metà delle gomme nuove sul ciglio senza uscire dall'asfalto, calcolando millimetricamente questa traiettoria intrisa dell'odore della paura. E non è paura di sbattere, anzi.
Di nuovo terza, ancora regime intermedio dove la coppia è massima e la spinta paurosa, dove il primo e l'ultimo pensiero adesso si azzerano tuffandosi in questo mare palpabile di sensazioni sbagliate.
E' venuto tutto fuori ora. Tutto. 
E' venuta fuori la paura di perdere gli amici, e quei pochi terreni consolidati su cui camminavo si sono sciolti pian piano.
Non riesco ancora a vivere, lo so.
Giù di nuovo per il secondo tornante, e lo taglio, oh se lo taglio, peraltro benissimo, per poi finire di nuovo sul rettilineo della Pieve.
Al terzo albero tolgo la sesta e butto dentro la quinta, ma sono quasi a 200km/h.
Freno. Mi rifermo in cima alla salita, alla fattoria di Mugnano, teatro di un pranzo di Natale con un fugone conseguente per andare via.
Lì non avevo ansia.
Ma la devo sciogliere in qualche modo. Giro. Mi riconfondo nel traffico come fossi una vettura normale, correndo nel mio quattrocentesco studio a subire gli effetti della incontenibile nomofobia facebookiana.
E sono pure conscio di dove sbaglio, ma la parte "irrazionale" vince sempre. 
Risalgo, lentamente, queste curve. La Mito sembra grata, per una volta, di esser stata portata a fare quello per cui era nata, un po' come una donna innamorata di un amante stronzissimo che vede poco a discrezione di lui, e che respira e trae una boccata d'ossigeno e di falsa speranza nel vederlo.
Non disperare, Eroica Mito. L'Appennino è sempre tuo, anche se si prosegue un po' più in su.
L'ansia non se n'è andata, e con essa il mio vivere a metà. Quanto vorrei che sparisse tutto questo vortice, ma una volta tirato fuori esso diviene di proporzioni colossali e ancora più forti.
Forse è un decorso naturale delle cose, così come le persone voltano pagina devo farlo anche io con questa malattia. 
Forse è un aggravamento. Forse è qualcosa che non so. Forse. 
Quel che so è che non ho più terreni consolidati tranne uno. E due macchine rosse sottoutilizzate.
Benvenuti nel mio mondo. Quello attuale.

martedì 11 giugno 2013

Bandiera a scacchi (reprise)


Sventola la bandiera a scacchi. Fine della gara. 
Giro d'onore del vincitore.  E tutti gli altri in garage, pure i vincitori della gara precedente.

domenica 9 giugno 2013

Attimi di relax prima di una ripartenza

Solito Frecciabianca delle 17.47, questa volta posto 14C invece del 13B (con i biglietti premio non si può scegliere il posto...); fuori piove, il tempo è grigio, come molto spesso nella prima metà di questo duemilatredici che sembra continuare a portarsi dietro un crescendo di emozioni e di soddisfazioni inattese. Non senza rinunce.

Notti passate a studiare, a ragionare, a scrivere; giorni di attese, di stanchezza e di ansie dissimulate; ore di tensione e batticuore finale ed i problemi che uno ad uno si vanno a risolvere, anche se ce ne sono ancora molti di cui venire a capo. Tanti dubbi ancora ma una certezza, ormai: questo rientro pare proprio che inizierà ad essere uno degli ultimi.

Sì, partirò.

Partirò, e la valigia sarà nuovamente grande; e non ci sarà un treno questa volta a portarmi verso questa nuova destinazione, ma un aereo, bello grosso anch'esso; e volerà lontano, verso nuove avventure, verso una scommessa importante ed onerosa, in cui mi sono buttato di testa con l'aiuto ed il supporto di chi mi ha dato fiducia, costantemente, di chi ha scommesso su di me; e nonostante tutto sarà solo una tappa verso altre ripartenze.

Lascerò tante cose; lascerò i tramonti sul mar Ligure al loro nuovo destino; lascerò il sole offuscato di Milano con le sue speranze; lascerò amici nuovi e vecchi che continuano a costruire il loro futuro passo dopo passo; lascerò persone a cui sono riuscito a dire un sincero mi manchi; lascerò le voci che tornano sempre più distanti; lascerò fratelli acquisiti; lascerò molte altre cose, ma per una volta ho pensato egoisticamente a me ed al mio futuro, lasciando da parte tutto il resto.

Mi sono preso allora qualche minuto di relax all'Arco della Pace, quando le notizie non erano ancora certe anche se i giochi erano già fatti; un amico inaspettatamente sincero al mio fianco. Non c'era la frenesia della vita milanese in quei minuti, con il sole che faceva capolino timidamente tra una nuvola e l'altra; e volevo godermeli tutti, quei minuti, finalmente senza qualcosa a cui pensare costantemente, senza la preoccupazione di perdere tempo prezioso. Quei minuti erano per me; così come dovrà esserlo questa nuova direzione della mia vita.

La vera verità (o per lo meno la mia).


Ci sono momenti in cui le sere passano, e senti il bisogno di puntualizzare qualcosa. Non capisco come mai, ma ho una pressante necessità di chiudere un capitolo dentro di me, esponendo, come mai fatto prima in vita mia, la verità dei fatti su un determinato argomento che sta diventando fritto e rifritto dentro di me.
Ne sento la necessità in quanto credo che sia opportuno mettere un punto ad una cosa che ormai diviene desueta, e invitare la controparte ad una riflessione serena e concreta.
Lo sanno i lettori abituali (e qui mi concedo un momento di gasamento alla Coelho, autore che peraltro non mi piace granché in quanto parecchio commerciale), che la guida stimola le riflessioni.
E puntualmente, le prime favorite dal Duetto che deve essre guidato come nessun'altra macchina che ho avuto, arrivano. 
E' festa rinascimentale a Colle oggi. Il campanile del Duomo svetta tra i cirri che ancora il frescolino trascinato tiene lassù, con uno stupendo effetto che fa sembrare il cielo un canovaccio blu costellato di fili di seta.
Le comparse rinascimentali sorridono, e io saluto i Carabinieri sorridendo.
Dentro di me sento la mancanza di quel nuovo che avanza sempre con maggiore forza e mi trascina via sempre più avanti: prima o poi dovrò far digerire a me stesso anche questo aspetto.
Difficilmente vado avanti come sono andato adesso, con la dimensione dell'"oltre" che pochi, in primis proprio io, si aspettavano.
Non ho avuto il coraggio di dirlo a molti, sinceramente. La motivazione è che comunque a tratti si smette di sperare di ritrovare la felicità e invece, di colpo, la si ritrova.
Passato e futuro figurativamente e letteralmente siedono accanto, e questo è anche normale. Quando il passato si alza rimane comunque il futuro a costruire ed elaborare i sogni, a metterli in una valigia, a caricarli in macchina e sparare un road trip lunghissimo tra Austria Slovenia e Croazia. 
Sperare era la parola chiave, forse sbagliata anche se un cuore infranto non può essere criticato. Lo era fino a poco fa. 
Costruire è quella necessità, imperativamente categorica, di adesso. 
Comunque è ora di centrare il nodo dell'argomento del post: la verità.
Cosa mi è rimasto di quel passato che si è seduto ed è andato via?
Lo dico subito: una perfetta conoscenza del tratto appenninico dell'A1, una rarissima Spider Veloce d'epoca in garage per riprendersi, molta amarezza, e tante lezioni imparate.
Nel percorso che sto facendo, mi sono accorto che dovevo dirla questa verità ed esprimere quel che penso.
Fa bene all'ansia che provo ogni giorno, regolarla e controllarla diviene obiettivo primario.
La mia vita è questa, adesso: assume connotati interrogativi, in effetti, su quel che sarà il prossimo futuro in ogni campo.
"...That part was fun but now it's over, why can't I just leave the stage?..." canta Phil Collins. E' stato bello e divertente recitare la parte di quello che in modo indistruttibile reggeva ogni conseguenza delle proprie azioni, come un debitore nel vortice delle spese legali ed esecutive.
Debitore, ecco cosa mi sono sentito, e probabilmente la cosa aveva un certo fondamento. 
E' vero che l'amore muove le montagne, che il destino ti fa ritornare, ti fa vivere di nuovo ecc.  Tuttavia, per me va aiutato. E non l'abbiamo per niente ausiliato nel suo lavoro, ma questo è chiarissimo. 
In fondo, le cose da risolvere, non solo per me, c'erano e ci sono ancora. Le abbiamo fatte diventare insormontabili, grazie a mille remore e altre
Quello che seriamente mi dispiace, e lo dico adesso che siamo usciti a tutto gas da questa nuvola con un aereo supersonico, è che sia stato dato peso alla paura e non alla voglia di riprendere davvero le cose come si deve.
Probabilmente, in un momento preciso, ci saremmo pure ritrovati.
L'ho in mente in modo del tutto nitido. Conosco il quando e il come.
Alle volte il giudizio degli altri, la paura,  la rabbia ancora repressa e mai tirata fuori, vincono. E tu, cavaliere oscuro dalla spada spuntata, non puoi niente nonostante la tua manifesta superiorità razionale.
Mi sono sentito una vergogna da non ostentare, per la cronica e costante paura di subire critiche. Eppure andavo, su e giù, facendo fuori treni di gomme (a proposito: addio Pzero Corsa, benvenute cattivissime Hankook) interi e acquisendo un senso della traiettoria ancora migliore.
Non ho rimpianti di non aver tentato, seriamente. Qualcuno dovrebbe averli, belli pressanti come una spada di Damocle, ma evidentemente siamo tutti diversi in questo mondo.
E' qui che vorrei cascasse l'accento della riflessione: con la paura, con la soggezione dell'altrui giudizio si va da pochissime parti. 
Stranamente, però, certe apparenti sconfitte aprono nuovi orizzonti, con una consapevolezza diversa e maggiore, con l'idea che la vita può sempre essere migliore con o senza chi ci ha fatto battere il cuore.
Vorrei fosse una riflessione del tutto condivisa questa, ora che il "nuovo" nelle nostre vite avanza velocemente e non può che farmi piacere. In fondo, questa verità non l'ho mai detta, non l'ho mai elaborata. Ci sono cose che comunque le senti dentro di te, in un modo inspiegabile. E io le sento e le ho sentite, come non mai. E' innegabile che ci siano, nonostante gli altrui impeti negazionisti e riduttivi di quel che costituisce quel sentimento. 
Non c'è nessuna critica perché in questo campo ognuno fa quel che si sente e magari alle volte uno dice è stata la mia fortuna. Non io, però ne esco arricchito, con spunti di riflessione che vorrei facessero tante persone. In fondo, uscire dal seminato serve un po' a tutti, come l'ho fatto io. 

L'amaro lascia spazio al dolce e alle idee che ci si fanno di un determinato finale lontano, dei muri alzati da chissà chi e chissà cosa, dal fatto che essere pilota ecc. non porta a nulla.
Mi manca una compagnia stabile di amici adesso per fare mille cose che indietro ho perso, per recuperare il tempo perduto.
Comunque, tanto dovevo, ecco la mia verità in materia.
Spero che chi legge capisca quello che intendo senza malizia né cattiveria.
Ora, è tempo di "nuovo". Purtroppo o per fortuna.

sabato 8 giugno 2013

Prince


I love you my Prince. Ricordo che questa frase uscì su Facebook in un tempo non molto lontano se si guarda il calendario, ma molto distante come modo di pensare, come felicità e come azioni svolte.  
Oggi l'utilitaria è a cambiare le gomme.
Pareva fosse destino, e probabilmente, con la solita inconcludente voglia di dimostrare chissà che, l'avevo detto a tutti che era la volta buona.
Nel mio cuore, forse lo credevo, che fosse destino.
Qualcuno, che se non ricordo male era Romano Battaglia, diceva: Bisogna seminare un carattere per raccogliere un destino.
A tratti è meglio star zitti, forse, per non far male agli altri.
Colpa di questi stupido carattere esuberante per mascherare chissà cosa. 
Eppure ho dato avvio ad un percorso. 
Il pensiero inevitabilmente casca lì, dove sempre, e non c'è spider che tenga. Fendo l'aria col musetto rosso della Spider Veloce, e mi domando se credo nel destino.
Ci credo.
Eppure so benissimo che vorrei sbloccarmi e sbloccare tutto quello che è accanto.
Ora gli orizzonti sono diversi. La priorità n.1 che diceva Silvia è quella da ottemperare. E allora si vive, di nuovo, anche col sorriso, con punte addirittura di felicità quasi inaspettata.
Ci sono notti che non racconteremmo mai agli amici, perché abbiamo paura che ci giudichino, in fondo tu all'esterno dai un'immagine di te che non corrisponde esattamente alla realtà. 
In realtà loro lo sanno che non è così e accolgono a braccia aperte i tuoi miglioramenti o per lo meno la volontà di esser meglio. 
Si corre pieni di tristezza verso obiettivi che non sappiamo nemmeno se raggiungeremo, o, peggio, si rincorre un risultato che "...al massimo può essere un pareggio...".  Pareggiare non è da me: forse perdo, ma lo faccio comunque avendo tentato.
E stavolta, in questa strana figura ibrida contro cui mi trovo a competere mi fa sorridere. Ho un fratello del nordest che mi dice cosa fare anche se non si stima per niente, ma non si convince di essere una persona unica.
Mi ha aiutato molto in questo frangente, a tener su l'autostima, anche se studia sempre e ha da fare. 
Ci sono notti, in cui Faster degli Within Temptation accompagna una apparentemente trionfale galoppata, e tu arrivi nelle "zone esplorate", sfiori i 200km/h con un aggeggio che sembra galleggiare sulla strada dai troppi anni senza accorgertene perché la via non scorre, non ne vuol sapere, e le nuvole lontane minacciose di qualcosa che è avvenuto troppo di recente esercitano il proprio potere di incutere timore agli automobilisti, a chi ha la casa che rischia di allagarsi, e allo stesso tempo infondono speranza nelle piante di rinascere e di alimentarsi.
Tutto questo mondo che corre, vive e muore, con le macchine che vanno sempre più piano per la benzina costosa, con la gente che non sorride più, con i colori che lasciano spazio a sin troppe tonalità di grigio, non mi va più bene.
Non mi va di ritrovarmi una sera con una telefonata in cui mi si dice che chi ho accanto non ha più la minima voglia di lottare.
Rifletto indipendentemente dalle circostanze attuali, nonostante i vani e molteplici tentativi di rimettere in sesto le cose, dal mio voler essere "...troppo..." coerente al modello che gli altri vogliono e non a quello che voglio io. . 
Troppo, ecco il problema. Troppo presente, troppo dolce, troppo insicuro alle volte, troppo ferrato su certi argomenti da far star zitte le persone. Troppo, appunto.
La bagarre prosegue. Non la si vede all'esterno, perché faccio di tutto per non far apparire come sto. Ma ho sempre paura di chi è là, vicino.
E ho la paura che qualcuno, invece di trasformarsi in farfalla, preferisca rimanere bruco, saldamente ancorata al muro che l'ha generata e nella calda e pacifica normalità del proprio, inosservato, bozzolo.
Chi vivrà vedrà.
Dissi:

Ad oggi invidio persone che vedo felici e che si stanno vicine l'un l'altro.
E ora vorrei indipendenza, casa mia e qualcosa che non ho adesso, ma che presto ci saranno. Sono sempre più intollerante, sempre più triste e abbandonato, quando gli altri sanno pretendere il minimo quantomeno. Io non ne ho facoltà. Complimenti Andrea. 


giovedì 6 giugno 2013

Festeggiare


Un desco imbandito,
a festeggiare qualcosa che è stato,
riducendo la vita ad una pura
formalità
spegne
le speranze
i sogni,
nel colore rosso della candela.
Il muso lungo fende l'aria
a ricordarci
che il piacere esiste
seppellito dentro di noi.
Lo dissotterro
ma chi vorrei accanto è chissà dove.
Sei nel cuore.
Io sono nel cuore.
E nel vento che
inevitabilmente mi porta a te.

The thirty second June 4th


Strada statale 1 Aurelia, 120km/h. Sotto il sedere non c'è la Mito, un tempo Eroica, bensì la Spider, new entry del parco macchine di casa.
La Spider ebbe la sua prima immatricolazione in un anno in cui son nate tante persone importanti che conosco, ora sparite. Lei è un'Alfa Spider Veloce 2000 ultima serie, quella perfezionata, quella che ha un motore che non finisce mai, quella che sa bene dove andare, e che istiga alla velocità.
E' un ammasso di radica di noce, vernice rossa, pelle beige pregiatissima, che sfreccia su questa strada, l'Aurelia, altrettanto vintage.
Procede, questo sogno realizzato, con la cappotta aperta, sempre più veloce, verso casa.
Da Roma a Grosseto ci andai tempo fa, con la Mito da poco Eroica, e una donna tanto amata accanto. La strada era questa, da Torreimpietra si prende poi l'A12 e si va su su su per Orbetello, Grosseto e di lì sulla famosa 223 verso casa. 
Accanto c'è mio padre, che è pure salito sul pullman per 3 ore per godersi lo spettacolo.
Il motore è perfettamente a punto, la vettura grazie al vecchio ponte rigido posteriore che fa molto anni '60 galleggia in curva. E' adatta, perfettamente adatta alla mia guida che vive di traiettorie senza sporcature inutili.

Ci siamo capiti subito io e lei. Subito.
Pure il mio anziano babbo si commuove per le sensazioni che le persone veramente appassionate di macchine vere sanno provare.
Il non plus ultra è sotto di me, ancora una volta.
Dopo quarant'anni risale lui su una spider.
E vabbè, così è se vi pare, ho spendicchiato. 
Siamo veloci come il vento, come la gente che ci guarda attonita da quanto è bella questa macchina. Ma non è questo che mi interessa.
Ho il portachiavi personalizzato.
Manca qualcosa. O qualcuno. Eh già. Qualcuno che avrebbe apprezzato. 
Pace. La Laguna di Orbetello in questo sole si stende accanto a noi. 
Si estende come la mancanza che quotidianamente si fa spazio in me. Non è una mancanza malinconica ma sorridente, che passerà pian piano. 
Il rombo del famoso due litri Alfa è qui, potente come pochi, che tenta di insinuarsi nei miei pensieri, mascherati dai Ray Ban e vivi in me come non mai.
Tuttavia non riesce a vincere la battaglia con la mia mente. Troppo difficile, in effetti. 
Grosseto è a sinistra come sempre, a sempiterna memoria di centinaia di litri di benzina bruciati invano. La Spider Veloce prosegue ottemperando all'aggettivo che la contraddistingue, portandosi dietro i pensieri e i ricordi di questo strano periodo che non ha bussato alla porta prima di entrare e si è piazzato lì, senza volersene andare.
Povero me (in effetti ho speso). Sono curioso di sapere adesso cosa e come mai le persone passano e se ne vanno, passeranno e se ne andranno come sempre. Non ho risposte come sempre.









lunedì 3 giugno 2013

Homeless


Autostrada A1, 130km/h. I 12 altoparlanti dell'Eroica Mito, ammiraglia della flotta automobilistica di casa mia suonano per la telefonata in arrivo.
Anzi, è l'ammiraglia della flotta MIA di macchine. Soddisfazione. 4 giugno in arrivo.32, bel numero ma non andiamo avanti ok?
Idioti con la Uno che entrano in terza corsia a Firenze Scandicci. Uscita dall'autostrada e il tratto che, quando c'era il nordest nella mia vita, pareva "di casa". Non lo è e non lo sarà mai più. Le distanze si sono accorciate. 
Casa è casa, punto.
La felicità degli altri è la mia, ormai.
Quanta umiltà c'è in un "ti penso", quella di chi sa bene che l'altro è indispensabile. Quell'umiltà di cui tantissimi hanno paura e che fa allontanare le persone.
Ti penso, sì. Sempre più. Non ho paura. 

Casa è dove scordo che ora è. E' così strano, si contano sulla punta delle dita quei momenti.
Li conosco precisamente e non ci so arrivare, ma sono tutti distanti. Roma, Bolzano, Colle, città sperdute.
32 anni forse con poca felicità, per esclusiva colpa della mia testa malata.
Sono un senzatetto perché non so sentirmi a casa. Semplicemente.
Oppure so che la mia casa è lontana da qui. Oggi, ancora di più.
Senzatetto.
Portatemi a casa. 

Redde rationem


Sorrisi
celano rese dei conti
quando il sole tarda ad arrivare.
Come quando aspetti il treno
il tempo non finisce mai.
Nonostante il denaro acquisti soddisfazioni
rese banali
da tensioni immotivate
da notti di sonno profondo
da navi che mollano gli ormeggi
senza di te.
Porte si aprono
per gli altri
quando tu sai che hai preso una via.
Una via lontana ma che si fa bella
giorno dopo giorno.
Sembra quasi una scoperta nuova
o un viaggio in un territorio inesplorato.
Pago il conto. E' ora. Con tante scuse.
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