domenica 26 ottobre 2014

A due passi dall'Equatore


Dubai, notte fonda. L'elegante B777 della compagnia degli Emirati si prepara a partire verso sud-est, verso una meta nuova; inaspettata per certi versi, ma cercata e per assurdo quasi pianificata per altri. Lascio a casa le preoccupazioni per una volta; le lascio in quel cassetto del mio comodino dove le cianfrusaglie si accumulano, anno dopo anno ed esperienza dopo esperienza. Per l'ennesima volta non riesco a capire esattamente cosa mi spinga in quella direzione, ma ormai cosa importa?

Ci aveva provato anche l'Air France a non farmi partire, annullando il volo prenotato una settimana prima; ma con la mia solita testardaggine ho trovato una soluzione addirittura migliore del piano originale. Così eccomi là, a diecimila metri di quota in un Boeing bianco-oro sopra l'Oceano Indiano, dopo una ragionevolmente breve sosta nell'aeroporto che a maggio fu meta finale del viaggio di allora.

Malesia. Cosa mi dice a parte i racconti di Salgari e le Petronas Tower? Poco o niente.

So che ci sarà un amico ad aiutarmi a sentirmi a casa; so che forse avrò un posto da chiamare casa dopo qualche giorno; so che le prime due notti le passerò in un alberghetto in Bukit Bintang; so che la mattina dopo sarò già in ufficio... ehi... ufficio? Sì. Questa è una nuova ripartenza professionale. Dal basso, senza pretese, come sempre; per far vedere chi sono e cosa so fare.

Il resto? Boh... e va bene così!

martedì 8 luglio 2014

Le scelte, nonostante tutto...

VCE - Aeroporto di Venezia Marco Polo; il 767-400 della Delta attende, dopo essersi fatto a lungo attendere, il giornaliero carico di passeggeri da portare a New York. Imbarco a zone, il più velocemente possibile, con gli assistenti di volo d'esperienza che cercano, come possono, di recuperare il ritardo accumulato nove ore prima a 6000km da lì. Stavolta il posto l'ho scelto bene, almeno tra quelli rimasti, salvo essere molto indietro.

Si parte; e come per le precedenti due partenze, una lacrima scende, nascosta. Si parte; e subito si inizia a ballare. Decido, cosa ultimamente insolita, di guardare un film; mentre l'aereo continua ad attraversare una turbolenza dopo l'altra, la scelta ricade su Gravity. Ammetto che vedere l'impatto dello Shuttle con i detriti seduto su un aereo che se ne va in tutte le direzioni in una serie di vuoti d'aria fa una certa impressione... altro che cinema 4D...

Ma quei vuoti d'aria non mi spaventano; so che questi moderni apparecchi sono progettati e costruiti per sopportare ben di più. Sono altre le prove che dovrò superare, a livello personale, in quest'ultimo viaggio in terre inesplorate. Ed è difficile lasciare nuovamente le belle amicizie che restano in Patria, con quegli abbracci forti forti (ed a volte piacevolmente inaspettati) che rendono più bella la vita. Ed intanto le turbolenze non finiscono, con le hostess che servono a tempo di record i pasti nei pochi momenti di volo tranquillo.

Dopo otto ore atterriamo finalmente a New York, a conclusione di quello che ricorderò come il volo intercontinentale più traballante mai provato; come se ci provasse anche il meteo a minare le mie sicurezze ed a farmi chiedere perché io abbia deciso comunque di proseguire verso la West Coast, nonostante tutto. Nonostante io stia guardando a futuri prossimi in tutt'altre parti del mondo (considerato anche che trovare un lavoro qui è pressoché impossibile); nonostante la sempre minore considerazione per questo popolo di "perbenisti moralisti e classisti, ma [che] sei hai una idea ti permettono di realizzarla"; nonostante avrei potuto optare per destinazioni per le quali avrei dovuto compiere meno sforzi (economici e non); nonostante il prematuro addio a Dubai.

Mi ponevo tutte queste domande, ormai già in questa fredda e dispersiva San Francisco, quando arriva inaspettata una voce a ricordarmi che il coraggio è una scelta... in questa giornata in cui, malgrado alcuni residui giri in ottovolante del mio umore, ho felicemente rivisto sorrisi e volti che avevo lasciato in oriente quasi due mesi fa, mentre resta il timore di rivederne altri; a volte mi chiedo ancora perché alcuni dopo siano così complicati, ma è la natura umana. Poi ripenso a quella frase, a quel coraggio; ed un'altra lacrima scende; la nascondo nuovamente.

Ma è vero, la vita è fatta di scelte; e delle loro conseguenze.

venerdì 6 giugno 2014

Nel vortice del deserto


Dubai Marina Beach, a pochi metri dal mare, mezzanotte passata da poco; un discreto bubble tea nel mio stomaco rinnova qualche memoria cinese. Mi siedo sul gradino di pietra scura che introduce sulla sabbia e guardo il mare, per la prima volta, effettivamente, da quando mi trovo in questo apparente, appariscente ed estemporaneo paradiso mediorientale.

Le onde si infrangono con fragore sulla spiaggia, spinte dal vento di settentrione che dovrebbe (così è stato annunciato) essere foriero di una lieve tempesta di sabbia proveniente dall'Iran; ma al momento l'aria è ancora pulita e mi godo l'inusuale temperatura sopportabile. I riflessi delle potenti luci sui palazzoni alle mie spalle rendono visibile ogni singola cresta che muore sulla battigia; inaspettatamente non ci sono molti rumori attorno, nonostante Marina Walk alle mie spalle non sia di certo uno dei luoghi più tranquilli di Dubai. 

Allora chiudo gli occhi e ascolto.

Onde, vento... curiosamente non si sente la risacca; forse solo perché non ci ho posto troppa attenzione. Forse solo perché la mia testa era troppo impegnata nel provare a deconcentrarsi da tutti i turbini degli ultimi giorni, attivare la default network interna, spezzare quei circoli viziosi che la mia autoconsapevolezza inizia malvolentieri a riconoscere.

Cerco di tradurre sensazioni in risposte, ma le recenti lezioni di psicologia manageriale sulla fallacia del nostro cervello e della capacità decisionale umana mi convincono a lasciar stare ed evitare qualsiasi tipo di traduzione. Da un lato diventa ancora più difficile prendere decisioni con queste nuove conoscenze, dall'altro possiamo imparare dove provare a cercare gli errori più probabili.

Dopo un tempo non meglio precisato decido che sia meglio tornare verso casa ed andare a dormire. E la lunga passeggiata tra i contrastanti panorami della zona diventa solo una continuazione di quanto iniziato. Inutile cercare risposte; la testa ragiona per i fatti suoi e le da quando meglio le garba.

mercoledì 21 maggio 2014

All'ombra delle (poche) palme


Da qualche parte nei cieli sopra la Turchia, notte fonda, più o meno 800km/h; l'A330-343 targato D-AIKS procede a velocità di crociera verso DXB. Dubai International, per i meno avvezzi alle sigle aeroportuali. Il sonno ha finalmente la meglio su di me e mi lascio andare nel mio sedile in posizione anomala; nota: mai scegliere la prima delle ultime file a tre sedili; la prossima volta la seconda, oppure più avanti.

In quel sedile è tutto strano; è disallineato da quelli davanti quindi lo schermo non è davanti ma devo girarmi leggermente a destra per guardarlo; il tavolino esce dal bracciolo, che quindi è pieno ed inamovibile, oltretutto eliminando lo spazio per il telecomando del sistema, che quindi è sul lato interno del bracciolo, diventando quasi inaccessibile. Ma in fondo è tutta esperienza accumulata, qualcosa che imparo, per non sbagliare una seconda volta; perché sbagliare ci sta, ma bisogna apprendere.

Continuo a fare cose giuste e sbagliate, in diverse parti del mondo, in loco come a distanza. Ne ho fatte tante negli ultimi 8 mesi e mezzo. Shanghai. Un nome, una città, tante, troppe sensazioni, troppi ricordi. Tante cose rimaste a metà, incomplete. Potrei provare a elencarle ma forse non è questo il modo, non così strutturato in linee, pensieri e paragrafi. È una grande nuvola dai contorni non sempre definiti che va e viene dalla mia mente.

E poi c'è chi va e chi torna. Echi dolorosi lontanissimi che non diminuiscono e voci che, seppur lontane, tornano a regalarmi sorrisi che avevo quasi dimenticato. Tutto circondato da una grande incertezza sul futuro prossimo. Ma soprattutto c'è il coraggio; il coraggio di ammettere di aver sbagliato e quello di perdonare. Roba non da poco.

Commetterò nuovi errori? Chi lo sa...

Per il momento torno nella mia microbica casa mediorientale e mi lascio cullare dal caldo vento del Golfo Persico, sempre tra mille domande; una in particolare grande grande. Ma forse ci penso meno. E forse devo seguire i consigli di quella voce lontana.

venerdì 2 maggio 2014

Sui sogni


La cosa più divertente è che, quando inizio a scrivere, non so mai cosa scriverò. So che il foglio bianco sottostante al falso inchiostro spaventa, quindi lo cambio in un colore che più si confaccia alle mie esigenze del momento. 
Oggi pensavo ai sogni. Ho sempre sognato qualcosa di diverso da quello che possiedo e mi domando se sia qui perché davvero ci sono voluta arrivare o se mi sono fatta semplicemente trasportare con abbandono dalla corrente di un fiume di eventi; malaugurata ipotesi, quanto, temo, reale.

Ho sempre sognato di viaggiare, costruire, vedere il mondo e raccoglierne ogni frammento in una pagina della mia esistenza. Eppure sono ancora qua, ospite della mia stessa casa, con in mano niente se non un foglio ottenuto con tante speranze, poi mandate in pensione prima ancora di essere messe in atto.
Cosa ho ottenuto? Ricordo di aver per un attimo sperimentato la vita che avrei voluto e di aver provato un’insana solitudine tornando nella momentanea casa accampata in fretta e furia tra le mura ammuffite di un quartiere periferico, ma ricordo altrettanto di essermi trovata a lato di persone che riempivano la mia esistenza ed aver provato la stessa sensazione di solitudine, come l’essenza più intima del mio essere fosse altrove in attesa che mi decidessi a partire.

Partire, restare… troppo spesso ci si illude che un’ipotesi sia migliore dell’altra, solitamente la più comoda.
Una famosa canzone dice “you’ll still be here Tomorrow, but your dreams may not”, ma forse non è così. I sogni rimangono, ma diventano semplicemente irraggiungibili. Se c’è una cosa che ho imparato è quella di non rimandare mai un sogno ad un istante più appropriato, il tempo passa e si cade nella perversa spirale di eventi che, con la sua forza centripeta, ti incolla al suolo.


Forse è già troppo tardi per i miei sogni o forse l’orologio sta ancora ticchettando i suoi ultimi battiti prima che il porto chiuda alle navi in partenza.  Continuo a sperare che sia vero che, quando tutto cambia, cambia in modo estremamente veloce, continuo a sperare che ci sia un punto di rottura in cui il soddisfacente non si a più abbastanza; un punto in cui le eliche iniziano a girare e le barriere del porto si aprano verso un orizzonte di opportunità. 
Forse anche questo è solo un sogno destinato a tramontare.

martedì 25 febbraio 2014

Il filo sottile


上海, Cammino veloce sotto la pioggia in 人民广场, sette e mezza di mattina, il cinquetresette si allontana nel traffico, come al solito strombazzando, verso 老西门. I pensieri, quelli no, non si allontanano.

Maledico l'amministrazione cittadina per aver tappezzato il centro di Shanghai di superfici lisce, e contemporaneamente il maltempo per rendere quelle superfici sdrucciolevoli; colpa anche delle mie scarpe invernali che, dopo i chilometri percorsi a Milano, iniziano a diventare lisce. Cammino quindi in equilibrio, veloce ma misurando i passi, combattuto tra l'umidità della pioggia, ora più insistente, ed il rischio di andare a gambe all'aria.

In equilibrio, precario, come sempre da quando sono qui; tra i confronti che non riesco a reggere, le responsabilità che si fanno grosse ed i sorrisi di chi riesce a farmi temporaneamente dimenticare tutto ciò. Temporaneamente. Perché nulla qui è statico, prevedibile; nulla ha un orizzonte più lungo di date, comunque vada punti di svolta, che oggi sembrano ancora lontane; metà maggio, fine giugno, fine agosto.

Sento la suola scivolare sui soliti pezzi di pietra scura in 福州路 a pochi metri dal campus; in fondo ora ogni volta un po' me lo aspetto ma poi mi dimentico e mi fido nuovamente delle mie abilità rischiando di finire per terra. Eppure sento ogni giorno il rischio di cadere, di perdere ciò che ho conquistato nonostante i miei errori e che, a causa di quelli, sento sempre appeso ad un filo sottile che non voglio spezzare.

Eppure quelle date sono là, scritte, a sancire ciò che potrà essere un arrivederci, un addio ...o chissà cos'altro. E non voglio pensarci ma ora è sempre più difficile.

venerdì 31 gennaio 2014

A cavallo del nuovo anno


Shanghai, pochi minuti dopo la mezzanotte del capodanno cinese, boati, luci e colori a non finire tutt'attorno; guardo fuori dalla finestra all'ultimo piano del residence, mentre a duemilasettecento chilometri da qui un nuovo, inaspettato, pezzo della mia vita sorride sullo schermo del telefono.

Il capodanno segna anche cinque mesi di permanenza in questa terra, pur sempre straniera, pur sempre ancora sconosciuta, foriera di continue sfide, di barriere da scalare, aggirare ed abbattere; piena di colori, odori e sapori ancora nuovi. E di persone e di amicizie; da scoprire, da riscoprire, da avvicinare, da allontanare, da conoscere, da conservare.

Come sempre cerco di riguardare tutti gli eventi in ordine cronologico inverso per capire cosa mi abbia portato qui, a sedermi vicino a questa finestra per qualche minuto riempiendo una piccola recente solitudine, prima di riprendere le amichevoli sfide a biliardino di tarda notte tra una birra e l'altra. Guardo indietro e, a forza di cercare, i collegamenti vengono fuori; come se avessi bisogno per forza di spiegare quanto sta accadendo.

Non mancano i dubbi, legati al luogo, al tempo, alla distanza, a tutto quanto successo, alle scelte difficili (più o meno inaspettate) ed alle loro conseguenze (più o meno inaspettate, quantomeno nelle modalità). Ma in fondo se sono qui è anche per abituarmi a vivere nell'incertezza, per capire che non tutto si può pianificare. Imparerò, forse; per ora tocca farlo senza avere tempo per apprendere.

martedì 14 gennaio 2014

Cinquetresette

Mi sveglio, esco lasciando la stanza buia alle mie spalle; metto al collo la mia banalissima sciarpa di pile nera per contrastare il freddo che oggi è arrivato a Shanghai e mi dirigo a piedi verso la fermata degli autobus; pochi minuti di camminata solitaria con la musica nelle orecchie prima della consueto rally nel traffico sul veloce veicolo motorizzato Daewoo della linea 537.

Il bus mezzo vuoto e le note di sottofondo lasciano spazio alla mente per ripercorrere fatti ed eventi di queste ultime settimane; ci sono ingranaggi che non si incastrano a dovere, nebbie che vanno via via diradandosi rivelando grigie realtà e colorati dubbi. Sensazioni già viste, in parte già vissute; con la corda che inizia a tirarsi sulle vecchie cicatrici. Parole lontane di chi mi conosce rassicurano e rincuorano; in parte inaspettatamente ed in parte no; strana cosa l'amicizia.

Ho provato a mettere un paletto, un punto di svolta, in avanti; è ancora lì, devo arrivarci; e prima ancora incamminarmi, invece di restare fermo a continuare ad osservare lo scomodo gradino su cui sono seduto continuando a farmi male. Uno scatto deciso ci vorrebbe, uno slancio, una decisione di cui sono capace solo quando non è prevista e non è ordinaria.

Mi rimetto le cuffie e cerco di trovare il momento giusto per lasciare il fardello di pensieri che mi attanaglia e guardare nuovamente avanti; che di dubbi ne ho già tanti, e non è il caso di perseverare su strade infruttuose se non addirittura dannose. Ci ho provato, non si può dire di no. Non è ora, non è luogo ...non sono io. La strada davanti è la mia e mia deve tornare ad essere, con tutte le insicurezze che la contraddistinguono.

sabato 4 gennaio 2014

Sopra le nuvole


Su nel cielo, mentre il sole tramonta alle nostre spalle colorando le nuvole prima d'oro e poi di rosa, a migliaia di metri da terra. Lascio nuovamente l'Italia cercando di non pensarci troppo su questo A321 russo quando invece, come da programma, una volta in quota ed a velocità di crociera, dopo un altro pasto tanto bilanciato quanto di incomprensibile composizione (riso con carne e carote, salumi e formaggi, pane e marmellata e barretta energetica), i pensieri tornano a farsi vivi.

Provo di nuovo quella sensazione di sentirmi italiano all'estero e straniero in Italia; sento di nuovo le lacrime che per qualche momento vorrebbero uscire per la tensione accumulata e dissimulata fino ad ora, questo momento in cui mi accorgo nuovamente di dirigermi, da solo e di corsa, verso il mio futuro; vedo l'azzurro fuori dal finestrino diventare arancione, poi indaco e tendere quindi al blu; le luci sull'ala che iniziano a brillare nella loro rassicurante intermittenza.

So che c'è chi mi aspetta, qui e lì; c'è chi mi ha fatto passare dei magnifici giorni nel mio peregrinare di queste ultime due settimane a zonzo per il nord, alla ricerca di amici che ci sono ancora, che mi hanno fatto sentire, e mi fanno sentire a distanza, il loro supporto. C'è chi mi attende anche a destinazione, con tutti i dubbi e le paure del caso, tra scelte più che mai complesse, pazzie e sfide.

Tra mezz'ora l'aereo atterrerà nel buio serale di Mosca per la prima tappa del viaggio; meno di tre ore a terra prima di risalire su un altro Airbus grigio-blu-arancione che questa volta punterà deciso ad est; ed all'arrivo sarà di nuovo Cina, di nuovo Shanghai, di nuovo io da solo coi miei possibili futuri.

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