venerdì 27 dicembre 2013

The expat feeling


Padova, casa; sesto giorno da per la prima volta "In Italia per le feste"; forse, ora, inizio a rendermi conto. Inizio a rendermi conto della distanza della Cina e di Shanghai, della distanza di tutto ciò che mi circondava una settimana fa (e mi circonderà di nuovo tra 8 giorni) e ciò che mi circonda ora; della distanza tra me e chi resta. 

Sento la distanza dai racconti di storie ordinarie di persone amiche; percepisco la distanza nelle lunghe e fragorose risate della bambina cinese che giocava col photo booth del mio iPad nelle ultime ore del volo verso la più orientale delle grandi capitali (almeno geograficamente) europee; vedo la distanza nei cliché di questo nordest chiuso su sé stesso, che non mi appartengono più. E so che ormai il divario è enorme e non posso farci niente.

Ed è inutile chiedersi dove sia nata la distanza, quando la barca abbia iniziato ad allontanarsi dal porto nel mare aperto; una sequenza di tanti eventi, tante persone, tanti viaggi, mi hanno portato ad essere ciò che sono ed a vedere ciò che i miei occhi osservano ora. Le ragioni passano dalle magnifiche amicizie di Milano e dintorni, dai pochi ottimi amici rimasti in terra veneta ed alto-romagnola; viaggiano sulle ali dell'A321 che mi ha portato a Dublino, sugli Alstom amaranto di Italo e sui lunghi Frecciabianca della dorsale adriatica.

Vedo e sento la distanza negli occhi a mandorla che mi guardano tra i bit a novemila chilometri da qui, nei sorrisi pieni di speranze e di futuro di chi investe su sé stesso nonostante tutto, quando qui sembra difficile ed incerto anche un presente. E continuo a dirmi che la voglia di tornare c'è, forse cercando di convincermene; ripenso ai luoghi che amo e che forse neppure riuscirò a vedere in questa piccola pausa e penso che sì, vorrei poterci tornare quando voglio, ma so che non sarà possibile.

Volere, potere, pensare, andare, venire, tornare... tutte parole. A quanto pare la vita è altro.

domenica 8 dicembre 2013

Quando e dove... divagazioni sul tempo e sullo spazio


Tempo... cos'è? Sono forse i tre mesi che sono già passati in questo lontano Est? È forse lo scorrere inarrestabile delle ore e dei giorni di questa intensa esperienza? È, forse, la distanza delle memorie vicine e lontane che riaffiorano a tratti ad ogni appiglio, ad ogni coincidenza? Sono forse le ore di sonno perse notte dopo notte, e mai recuperate, dietro a progetti, sogni, relazioni, presentazioni e letture infinite? È, forse, il bicchiere fumante di tè qui a fianco che inizia a raffreddarsi?

Tempo, spazio; due concetti che qui perdono il significato che avevano nel Nord Italia che non riesco a non amare nonostante tutte le sue contraddizioni e le sue diffuse bigotterie, ancora più evidenti se viste da qui. Qui, dove i confronti cercano di essere costruttivi, dove trovo persone da stimare e che mi stimano, dove le amicizie si provano a costruire sulla sincerità, dove le sfide sono giornaliere, dove neppure capirsi è scontato, dove affetti, lontananze e vicinanze assumono forme e contorni nuovi.

Cerco di misurare le distanze e Shanghai mette sempre alla prova; "prendo il bus per andare in centro" significa un viaggio di almeno trentacinque minuti; andare nella zona di Xuhui in metropolitana vuol dire cinquanta minuti quando va bene; prendere la linea numero tre la mattina è una missione impossibile, meglio perdersi nel traffico con l'autobus per quaranta minuti. Ventitré milioni di persone che si spostano; una rete di trasporti, nonostante tutto, funzionale, estesa ed efficiente. La rete di metropolitana più estesa del mondo nella stessa città che solo vent'anni fa ne era completamente sprovvista.

Tanti cambiamenti che avvengono nel tempo e nello spazio, attorno alla città e dentro la città; attorno a me e dentro di me.

E sì, ancora mancano poco più di cinque mesi all'addio a questo mondo così distante da tutto ciò che ero e che conoscevo, ma, anche se magari farò in tempo a cambiare idea, già inizio ad accorgermi di cosa mi mancherà di questo popolo che fino a tre mesi fa mi era completamente ignoto; la loro semplicità nel fregarsene di tutto e di tutti; la loro mancanza di pregiudizi; il loro non aspettarsi nulla; la loro praticità.

Cambiano i luoghi e cambiano i tempi; e quando e dove sono sempre meno definiti.

lunedì 11 novembre 2013

Long ride



Oggi, per la prima volta dopo del tempo, una parola è atterrata nella mia mente distratta, che a nulla pensava se non all’usuale cammino verso l’usuale luogo di ogni giornata: “passante”. Ricordo quando, dalla mia vecchia casa (anch’essa una “road to…”) imploravo l’aiuto di un passante distratto, affinché mi raccogliesse dal suolo su cui ero pesantemente inchiodata, dalle eccessive pressioni.
Ebbene, quel passeggero un po’ distratto, mi ha raccolto, così… quasi per caso, come una variazione sulle note della distrazione stessa. Siamo quindi approdati in una nuova casa, la qui presente.
Ed oggi, con la memoria di quello che anni fa fu, riapprodo in questa vecchia casa dal panorama immutato: una strada, tipica americana, con un segnale di attenzione che vuole guidarti, tenerti all’interno della safe route. E’ stato un po’ questo il ruolo della long road to.
La guardo e mi sembra una strada passata, lontana. Ricordo di non aver propriamente seguito le indicazioni, di essermi persa nel deserto, di aver urlato fino a capire che solo i miei orecchi erano in grado di sentire quelle richieste sventagliate con tanto fragore, in un mare di sabbia rossa che si alzava, ai bordi della long road.
E poi fu il giorno in cui tornai in pista, in cui tutto riprese a scorrere in modo più o meno normale, più o meno augurabile.
Proprio in quel momento mi resi conto che ero sola a viaggiare, non c’era più il passante distratto, ormai lontano con la sua ammiraglia, non c’era più la compagna viaggiatrice, ormai lontana con la sua valigia, non c’era più nemmeno il compagno nordico, adesso molto lontano. Tutti erano ad una distanza diversa, non eravamo più assieme e mi chiesi se non era forse questo il senso delle cose. Ognuno aveva finalmente trovato il posto sulla lunga strada e qualcuno, forse, era già addirittura arrivato nella sua personale destinazione…
Chissà se per me questa è solo una tappa. Ad oggi ho avuto il coraggio di cambiare strada, di varcare confini geografici e metaforici, ma sono tornata. Chissà se la mia voglia di continuare ad evadere non sia proprio la stessa forza naturale che mi trattiene qui. Chissà se il posto che non ho mai voluto chiamare casa sia proprio il luogo in cui approderò.

Per il momento, nel generale clima di un ingannevole happy ending, continuo a guidare, curiosa di scoprire se, al di là di questo orizzonte, esistono nuove tappe.

domenica 13 ottobre 2013

Domande di un altro mondo


Dove inizia la storia? Dove inizia la fantasia?
Dov'è la realtà e dove la vita diventa irreale?
"Look at the stars,
 Look how they shine for you..."
Pioggia sulla pelle, vento nei capelli; il fiume e le sue luci riflesse che mano a mano si spengono a contorno; le prime timide avvisaglie di freddo nell'Est asiatico; occhi veri e non che vedono, guardano ed immortalano due sorrisi, lasciandoli sempre più soli nel buio di una Shanghai ancora misteriosa nella sua mescolanza di culture e di epoche.

La musica, note sulle note, melodie senza stelle e stelle senza melodie. Sfide che si intrecciano in cerca di forze e di energie, di abbracci e passeggiate mano nella mano. "Perché così tanto tempo?" chiedono due occhi inquisitori, senza fretta. Inutile cercare di far uscire parole senza un filo logico; in fondo il silenzio è la risposta a quella stessa domanda.

Immagini, sensazioni, flash, bianchi, rossi e neri. Paure di un presente non chiaro e di un futuro ignoto; oggi qui, tra sette mesi chi lo sa? ...ed in fondo proprio ora devo decidere, o almeno dare una preferenza, verso uno o due dei miei sette possibili futuri. Risoluto, aggettivo che poco o mai mi si confà di fronte ad una decisione; fino all'ultimo momento, quando mi trovo a compiere le scelte più improbabili e seguirle a tutta forza.

Ora voglio provare ad esserlo, risoluto; salvo venir smentito all'ultimo come sempre... o no? "Next step: California?". Vediamo di togliere quest'ultimo punto di domanda e trasformarlo in punto esclamativo!

venerdì 27 settembre 2013

Non siamo

Circuito. Oggi ho sentito questa parola tre volte e tutte e tre le volte con significato diverso. Ma è mai possibile che non si riesca nemmeno ad essere chiari? E poi chi ha mai sentito parlare di “circuito” negli ultimi mesi? Accade che un bel giorno, una parola, si presenti alla tua porta come un vecchio amico che non vedevi da tempo e riemerga nella tua vita per qualche sprazzo di giornata. Poi sparisce. Persone… parole… ma che differenza c’è se poi riappaiono e scompaiono come viandanti in un mondo troppo stretto per non rivedersi? E non ho nemmeno idea del perché abbia iniziato un post, dopo così tanto tempo, parlando di una parola sentita troppe volte, troppo per caso. Ad ogni modo, so solo che di recente ho bevuto qualcosa di evidentemente troppo pesante per farmi ragionare lucidamente, sebbene sia stata una bella spinta alla scrittura, di nuovo. Non so perché mi trovi a scrivere in questo momento (tardo) della notte. Sento forse un peso che, da qualche tempo, incombe sulla mia coscienza, fermandomi, strattonandomi per la manica della camicia. “Hey! Dove vai? Ma sei sicura di volerci andare? Ah si? Beh almeno sei sicura di riuscirci?” Perché la risposta all’ultima domanda non si può mai veramente sapere… o almeno non in anticipo. E invece ecco quel moccioso, quel maledetto fanciullino pascoliano che mi ferma e mi si mette davanti baldo e sprezzante del rispetto altrui. E mi chiama, mi pone domande incerte, mi sospinge a riflettere… a dubitare!
Ma forse quel fanciullino qualche spunto di riflessione me lo ha dato, nella sua sfacciataggine.
Penso che troppo stesso sia caduta nel tremendo errore di giudicarmi in base alle etichette affibbiatemi dalla vita sociale: studi, acconciature classiche, vestiti poco sgargianti, faccia pulita, esperienze passate, risultati ottenuti per caso. Ma in realtà non sono niente di tutto ciò, ed  è proprio questo a spaventarmi. Non sono la persona intelligente che è uscita con il massimo dei voti, non sono la persona umile perché indossa un trucco leggero ed un taglio classico, non sono umile e moderata perché gli abiti che indosso comunicano sobrietà, non sono, non sono e non sono niente di tutto ciò che ho fatto, niente di tutto ciò che ho ottenuto. O se lo sono lo sono solo in parte.
Ma eccomi qua, illusa dalla stessa spiaggia d’oro su cui credevo di poter camminare agilmente, che credevo mia. Solo adesso mi accorgo di quanto sia difficile scontrarsi con la realtà, sentirsi inabili e dover imparare a ri-conoscersi, dopo così tanti anni impegnati a costruire un personaggio ad hoc, che soddisfi le nostre esigenze, ma che non è ciò che noi siamo. Eccomi qua, con la faccia sanguinante, poiché troppo spesso, ultimamente, l’ho sbattuta contro al muro. E non valgono le giustificazioni apposte sul momento, a cui in parte vorremmo credere. Noi non siamo quel che abbiamo voluto costruire, quel che abbiamo voluto credere, non siamo, non siamo e non siamo. E ora che lo sappiamo non stiamo certo meglio. Buonanotte.

lunedì 23 settembre 2013

Fiato corto (spin off, poi risparisco).



Conosco un paio di coppie che funzionano. Ma funzionano sul serio, nel senso che vedi due persone felici, che condividono tutto, dalle preoccupazioni per il conto in banca al tovagliolo a tavola, pur mantenendo le rispettive identità, amicizie, passioni. Sono persone che vedi felici anche quando l'altro non c'è, perché sono risolte e piene anche nei giorni d'assenza. Persone che si amano e che ridono molto, che vivono una vita insieme continuando a tifare l'uno per la vita dell'altro. Che non si sentono monche se l'altro non c'è, ma con un braccio in più se l'altro c'è. Io la felicità l'ho vista li'. Il resto, ossessioni, ansie, struggimenti, sono robe che hanno a che fare con l'affanno. E l'amore felice non s'affanna. L'amore felice respira lentamente, a pieni polmoni. Avrei dovuto capirlo, quando mi credevo felice col fiato corto.
Ecco, cito Selvaggia Lucarelli che sulla carta ha pienamente ragione. Ha ragione perché in ogni coppia  anche il singolo deve mantenere la propria indivdualità.
Nella vita sono sempre stato affannato nei rapporti d'amore. Forse perché ho dato tutto.
Tuttavia, a mio parere, c'è una ragione ben precisa. Venvo (e a tratti vengo ancor oggi) pervaso da un eccessivo senso di inadeguatezza. A tratti alterno una eccessiva autostima che è SOLO una trincea per nascondere il fatto che proprio la valutazione che ho di Andrea è pari a zero.
Non so il motivo per cui avviene questo, e per cui ho una costante necessità di essere tranquillizzato. 
Conosco le esigenze di chi ho accanto e, nonostante le sappia bene, alle volte perdo il controllo. O forse non l'ho mai avuto.
Provo a rimettere le cose a posto ogni volta. Mi affanno, in modo allucinante, per contemperare gli interessi della voglia di silenzio altrui e quello che passa, a velocità aeronautica nella mia povera testa che sono i seguenti: "Non sono adeguato", "Sono brutto", "Non la faccio ridere abbastanza", "Non è felice".
Me ne accorgo e non sono il solo, che magari tutto questo in parte non è vero.
La naturalezza è l'imperativo. Forse è più facile di quanto si pensi. 
Ma io sono un tipo avvolto da mostri.Cerco di allontanarli in ogni modo e ora sono meno pesanti, cattivi e ingombranti.
Sbaglio a chiedere conferme continue, comprensione, aiuto quando non è necessario e posso farcela da solo. 
Per dirla con un altro signore famoso:
Ognuno di noi ha i propri mostri, i propri fantasmi si possono chiamare ossessioni, paure, condizionamenti, senso di inadeguatezza, aspettative e chissà in quali altri modi ancora. Sappiamo, però, che sono vivi e sono il filtro attraverso cui chiunque matura la propria, personale visione del mondo. Credo di conoscere abbastanza bene i miei "mostri", mi fanno compagnia da tanto tempo.
Sul quaderno blu, in cui devo annotare gli stati di ansia, avrò qualcosa da scrivere stavolta.

venerdì 20 settembre 2013

La strada che porta lontano


Bund, vecchio quartiere coloniale di Shanghai, lungofiume che si affaccia su Pudong, il moderno quartiere finanziario di questa enorme e popolosa città dell'est asiatico, cresciuto (come altre parti della città) in tempi da record dal nulla. Una moltitudine di luci e colori accompagnano l'imbrunire riflettendosi sull'altrimenti monotono e monocromatico Huangpu durante una delle mie prime esplorazioni in questo nuovo mondo.

Da dove sono partito lo sapete, e la nostalgia c'è; nostalgia delle serate fuori con le parole che uscivano a ruota libera; nostalgia di tutti quegli amici che a Milano mi hanno fatto sentire a casa, che mi hanno regalato un nuovo presente, un luogo dove tornare, che ho lasciato nel migliore dei modi, senza rancori e senza rimorsi, senza scappare, intraprendendo una strada tutta mia.

Ora però, casa, è una fredda stanza d'albergo a più di novemila chilometri da quella precedente; e ci sono tante facce nuove che incrocio giorno dopo giorno, facce nuove che sto imparando a conoscere e con cui sto imparando anche a divertirmi, a ridere, a trovare nuove ispirazioni. Nuovi compagni di viaggio che, come me, hanno lasciato tutto e tutti per buttarsi in questa avventura, in questa sfida; ognuno con le proprie esperienze, le proprie caratteristiche e le proprie debolezze.

Forse faccio ancora fatica a trovare i miei spazi, nascondendo il mio bisogno di rimettere assieme i pezzi, di ripartire, di prendere le misure di questo nuovo mondo, di esplorarlo coi miei occhi, senza pensare sempre e solo agli obiettivi. Così resto al campus, questo pomeriggio, metto Eddie Vedder nelle cuffie e finisco di scrivere quanto avevo qui iniziato, prima di provare a capire se voglio pensare per qualche ora ancora alle tante cose da fare qui o trovare per una volta uno svago serale con una compagnia, come al solito, improvvisata.

Vedo la mia vita che cambia così come vedo cambiare quella di chi negli ultimi nove mesi ha voluto e saputo accettare ed accogliere i cambiamenti che sono scaturiti da un incontro casuale di ormai molti anni fa. Ma in fondo, le casualità, sono semplicemente delle opportunità; e questa opportunità, con tutte le sue evoluzioni e rivoluzioni, abbiamo voluto coglierla a cuore aperto.

lunedì 16 settembre 2013

Sospensione momentanea del Velocissimo ma inconcludente

Eh già: risospendo la scrittura per motivi di tempo e di felicità.
Il nostro buon Jim, il nostro Costante ma Improduttivo, la nostra Conservativa che arriva in fondo prenderanno il posto mio.
Grazie a tutti i lettori.

venerdì 13 settembre 2013

Avrei voluto viaggiare.


Cammino nella mia città anche stamani, non tanto per risparmiare carburante (cosa che poi non è nemmeno così male), ma perché mi piace. 
Non ho Facebook da aggeggiare nel cellulare, prevalente passatempo di tante passeggiate. Lo sto abbandonando lentamente perché gli eccessi fanno male. 
Rifletto, quindi, sulla mia vita passata e quella che vorrei avere in futuro. 
Inizio a credere che di strada ce ne sia ancora da fare e che il tempo ci sia ancora, con le forzature necessarie delle persone che lavorano sodo. 
Ecco che si materializzano, nel percorso stradale fatto di antiche pietre, posti e settimane da prendere. 
Londra, Parigi, gli Stati Uniti, la Cina ad esempio, sono tappe che mi mancano. Vorrei viverle ma a 32 anni pare impossibile starci più di pochi giorni.
E' inesorabilmente tardi.
Devo ringraziare chi, nel fiore dei miei venticinque anni, con la sua banalità e cattiveria mi impedì di partire. Devo ringraziare anche quel bischero di Andrea, che a suo tempo si fece fregare.
Ma in qualche modo devo rimediare. Ne ho una voglia estrema, totale, di vivere qualche nuova esperienza altrove.
Ho lasciato pure il cuore in alcune città, in cui, nonostante le urla di chi voleva vedere solo vetrine e ignorava la necessità di farsi una cultura, devo tornare. 
Devo, appunto, tornare per respirare e vedere cosa mi è mancato.
Guido io stavolta, da inespertissimo viaggiatore, perché la mia capacità di adattamento è sin troppo "Lionistica" ed eccessivamente improntata su inutili necessità.
Non ho mai detto che mi attira pure l'Africa, e tre settimane là mi farebbero bene.. 
Mancano all'appello città italiane, isole italiane.
Vuoti.
E alle volte non mi sento nemmeno amato, ma mi riferisco a me stesso.
Per anni non ho voluto bene ad Andrea. 
Riscontro che la capacità d'adattamento ad ogni situazione di chi ho accanto, rispetto alla mia, è paragonabile alle prestazioni di una Maserati in pista che si scozza con una Pandina a metano, che sono io appunto.
Alle volte credo che il non sentirmi, a tratti, amato come vorrei sia frutto di questa indipendenza eccessiva non mia che non potrò mai sovvertire se non col tempo e con la fiducia che deve nascere e crescere ogni giorno. 
Non riesco a capire alle volte, ogni segno lo interpreto male.
Sgolarmi è inutile ed ottiene l'effetto contrario. 
Probabilmente devo partire e capire. Probabilmente devo vivere quel pezzo di vita durato 5 anni che a causa della mia ansia preventiva e della gabbia in cui mi ero messo non ho vissuto.
Credo che in primis sia opportuno togliermi anche quella cronica abborracciata disorganizzazione che mi caratterizza, che viene mitigata sapientemente da chi lavora con me e per me. 
Credo sia ora di dare una svolta a quel che penso.
Avrei voluto è un condizionale che credo sia opportuno eliminare, in questo percorso di mutazione.
Si trasformerà in un posso. Ne sono certo.

martedì 10 settembre 2013

Quel che va stretto


Autostrada A13, 130km/h. E' notte su questa strada che conosco a menadito, prima tappa del lungo viaggio che al termine del fine settimana stupendo mi riporta a casa. Non guido io su questo nastro d'asfalto di 120km, ma sono passeggero della persona che mi sorregge nella vita.
Già, procede veloce questa vita.
E dal confronto nascono cose che non sono stato capace di dire, ovvero che a me dispiace non aver girato il mondo quando potevo, che avrei davvero voluto che la mia apertura mentale si fosse davvero forgiata fuori da questa città con la cinta muraria e il tredicesimo canto del Purgatorio di Dante. 
Già, mi va stretta.
Vedo Modena, con la gente simpatica, le cose da fare e abbrutisco al solo pensiero che in questa campagna che tutti i turisti amano ci sia gente chiusa e un po' di solitudine quando gli amici, quelli veri, hanno sbaraccato da qui cogliendo le loro occasioni.
Ho costruito, qua. Uno studio e una bella attività.
Ma sono confuso, avrei voglia di lasciare questo posto ma non ne ho la capacità, e forse è anche tardi.
Invidio il fratello padovano per il suo coraggio.
Lo invidio ancora.
Invidio la mia metà che ha girato quando poteva e si è stabilita altrove, ed ha fatto pure bene.
Invidio chi sa stare al passo coi tempi.
Ci proverò, anche se è tardi.
La responsabilità del mio nichilismo nell'andar via risiede probabilmente nelle persone che ho avuto accanto e nel tentativo eccessivo di crearmi qui, a casa, una possibilità redditiva di vivere dignitosamente.
Non avevo tenuto conto di qualche fattore, a suo tempo, e nello specifico dell'amore a distanza, quello che una solta volta nella vita, ovvero questa, ti farebbe muovere le montagne, e trasferire altrove.
Ma senza l'aiuto di nessuno non è possibile.
E allora come fare? Passo il tempo a studiare soluzioni ma nessuna pare soddisfacente.
Nel frattempo, ho voglia di cominciare a viaggiare sul serio. Ma non da solo.

venerdì 6 settembre 2013

Evoluzione (reprise)


Oggi riparto. Ben conscio che il viaggio si presenterà molto lungo, nella calda e lunga fine dell'estate fatta di code a Bologna.
Sto diventando grande lo sai che non mi va. 
Forse l'avrei detto tempo fa, quando rincorrevo cose perdute irrimediabilmente cadute nella trincea, nella barriera che mette tensione e che non aiuta.
E oggi ho una voglia di crescere immensa, del tutto inarrestabile.
Forse perché ho trovato chi mi supporta e mi sopporta, chi digerisce l'eccesso di parole senza batter ciglio, chi mi fa capire che i fatti sono molto importanti e che tenta di eradicare questa insicurezza dalla mia persona.
Ecco da dove parte la mia evoluzione: da un sano e maturo confronto, che si estrinseca senza veli e senza paure.
Dall'esser tranquillo e non far porre agli altri problemi nel darmi e dirmi tutto. 
Ora basta. Spontaneità. E comprensione, è il momento. Altrimenti quanto abbiamo costruito scapperà.

giovedì 5 settembre 2013

The bad name


Strada Comunale delle Lellere, 80km/h. L'Ammiraglia, trasformatasi nell'unica vettura che possiedo temporaneamente, sa che ci vuole un po' di silenzio.
E' opportuno domandarsi perché.
La felicità sta in questo, nell'apprezzare il silenzio e la persona accanto.
E' quello che devo capire per primo e nonostante la ricerca di conferme sia quasi terribile. Devo farlo da solo, semplicemente.
E mi riuscirà. Percepirò quello che realmente c'è accanto, il bello e il buono.
Perché io amo.
Forse a modo mio.
Ognuno ama a modo suo.
Ma la vita è lunga, e soprattutto, tutta da passare insieme. Tutta.

martedì 3 settembre 2013

Social lives


Di questi tempi va di moda il social. Social Network, Social Cooking, Social chi più ne ha più ne metta. Va di moda la parola Social perché a mio parere si è perso molto il gusto della vicinanza delle persone.
Lo notai la prima volta a Porto Rotondo nel 2010. Facebook, il Social Network per antonomasia, era al massimo della sua espansione, anche io ci scrivevo come un deficiente, caricavo foto a diritto.
Comunque in quella stupenda vancanza notai gruppi di persone che non parlavano granché, solo condividevano foto di quanto stavano bene in vacanza.  Era l'inizio. 
Momenti registrati. A sempiterna memoria di quel che sarà in futuro e chissà che non avvenga anche nel presente.
Forse è la naturale voglia di dividere qualcosa con qualcuno portata all'eccesso, che trasforma le uscite in terribili espressioni della necessità di far foto per caricarle su Facebook e non lasciano assaporare gli affetti, le persone, e di tenersi qualcosa per sé.
Lo vedo: le persone fanno dei sorrisi ipocriti la loro bandiera, piantati lì, su FB o su altri ammennicoli, del pavoneggiare la propria stupenda vita sociale.
Sembra quasi che le persone si siano tutte, intelligenti e non, conformate al modello di vita Social. 
Lo diceva Federico. Lo diceva Giacomo, che nemmeno è iscritto. Lo dice chiunque. 
Lo dico io. E questo è importante.
No, inizio ad aborrire tutto questo.

In ogni caso la mia dipendenza da FB, un tempo fortissima, è rallentata, molto. 
L'ho fatto perché ho iniziato a guardare cosa stiamo diventando. Noi come genere umano, forse anche come italiani.
Chi ho accanto me l'ha fatto inconsapevolmente notare, dandomi  a ragione del sedici quando in realtà di anni ne ho esattamente il doppio.
E ho smesso: Carico foto di cani e di macchine, e di bei paesaggi.
Non ne sono immune, ma adesso la volontà di ostentazione inizia pressoché ad azzerarsi, sostituita da una strana voglia di cancellarmi da quello schifoso social network.
Ricordo una vecchia pubblicità della BMW 320, macchina che peraltro  mi piace da morire.
Sei sempre connesso ma....
Sei ancora capace di perderti?
In queste vancanze mi sono perso parecchio, e ho fatto proprio bene.
Voglio ricominciare a farlo. In barba a tutti quelli che campano per farsi le foto e postarle su FB.  
Vorrei che questo post costituisse uno spunto di riflessione per tanti.
 

domenica 1 settembre 2013

Effetti del tempo che passa


Non ho più l'età per fare tardi, mangiar troppo e  bere troppo. Il giorno dopo vedo l'inferno.
Comunque passa tutto, in questa vita.
Pure l'hangover e la voglia di bere. Pure il tempo.
Passa pure la stima per le persone, in effetti. Basta aprire Facebook,e ritrovare persone che ritenevi del tutto intelligenti accanto a te, trasformarsi in bimbiminkia che bombardano di hashtag il mondo con foto fatte con la bocchina a culo di gallina e le sigarette (prima ignorate) in mano.
Sono felice. Felice di non essermi ridotto così, di non vivere nell'insipienza più totale e marchianamente voluta che certe situazioni generano.
Sono felice perché ogni giorno che passa ritengo di aver fatto la scelta giusta, a quel bivio. Perché il mio cuore batte forte e ci sono cose da aggiustare, ma mi accorgo che love is the answer, ma non il #tantolove che ipocritamente va di moda negli hashtag stupidi dei summenzionati bimbiminkia.
A qualunque titolo fossero stati nella mia vita.
Lo dico a titolo esemplificativo, nessuno si arrabbi. 
Via, veloci come il vento io e la mia metà nemmeno ci accorgiamo degli immensi passi che facciamo insieme. Eppure li percepisco, quando mi alzo la mattina e mando il buongiorno a quel mio mondo che è lassù ed ha un nome ben preciso. E nonostante non lo dica, ho la presunzione che pure lei sia al corrente dei passi da gigante che facciamo.
E il tempo che passa ha un effetto benefico su di noi, sempre più. 
E' una persona che non ha fritto la propria intelligenza nel nome dell'apparenza e di quei valori del cavolo che sono falsi come le retribuzioni di questo Paese che tanto vanno di moda oggi.
E mi piace il fatto che lavori, che lotti, che faccia qualcosa in cui crede, ma io non credo di averglielo mai detto questo stato di ammirazione che provo verso di lei.
La ammiro perché mi sopporta, perché è davvero, per la prima volta nella vita, la mia compagna in tutto e per tutto, in quello che voglio fare, nei progetti ampi che sono così difficili in Italia, ma che confido di risolvere in tempi brevi.
La ammiro perché si barcamena tra i mille impegni, tra quello che vuole e quel chiacchierone telefonico che è il sottoscritto, pungolo e rompiballe assicurato. E non sono eccessivo.
La vita negli ultimi mesi, forse nell'ultimo anno, mi ha messo di rincorsa e mi ha fatto vincere una bella sfida.
Sono maturato, con uno spintone. E ho voglia di cose diverse, che non sono necessariamente macchine o giocattoli da adulti. Pure quelli li voglio.
Ho voglia di noi e di un nido, come le rondini. Ho voglia di condividere, e non mi riferisco a quegli hashtag di Instagram, ma  a cose concrete e belle.
Ho voglia di non sbandierare le cose, ma di amare con tutto me stesso come sto facendo.
E alla lunga le cose se le si vogliono vengono a concretizzarsi.
Ah, dimenticavo: la ammiro perché la amo e, nonostante la paura di essere tacciato come pesante, prenderei un megafono e lo griderei al mondo.

giovedì 29 agosto 2013

Distanze da accorciare


Sei partito. E forse ora sei in volo. Sei partito, amico mio.  Sei partito per la tua nuova vita, quella che sembra su un altro pianeta ma in realtà la si raggiunge con 12 ore di aereo agevolmente, e, al giorno d'oggi, senza spendere cifre astronomiche.
Sei partito, per le due tappe da coprire con la tua compagnia aerea preferita. Forse, nella prima hai preso persino il retrojet, quello bello che ha la livrea anni '50, a testimonianza che le cose d'epoca sono, forse le migliori. O che qualcosa di andato ci lascia un vuoto dentro che certe copie e vecchie foto spiattellate sul computer non bastano a colmare.
Sei partito e ora, in questa sera, quel vuoto lo sento. Lo sento come fosse qui, molto più di ogni fidanzata che mi ha lasciato e a causa delle quali ti ho inondato di stupide, vuote, ripetute, eccessive e pesanti parole. 
Sei partito perché hai avuto quel coraggio che in 32 anni mi è sempre mancato, e quella gioventù che non abbiamo più tu la vivi ancora dentro di te.
Sei partito, e come gli incastri del Lego tra mattoncini anche molto diversi tra loro  stanno lì, ora sono un mattoncino isolato circondato da voci blateranti, assurde, continue che prendo come rumori di sottofondo.
Ci farò l'abidutine, un po' come a tutto la si fa. Un po' come i carcerati stanno in cella e sanno che ci devono stare, un po' come chi è esiliato in un Paese straniero si abitua a viverlo perdendo la speranza di tornare a casa. 
Ho pianto e stasera ho poca voglia di scherzare. Penso a domenica, quando io e la mia dolce metà eravamo lì, con te, che sembravi fregartene di tutto e dell'ansia, e delle parole ancora una volta eccessive che ti piovevano addosso, quando sarebbe bastato un bel silenzio per farti capire chi è che ti vuol bene, chi ti mostra la sua futura moglie nella vita, chi ti raggiungerà ovunque tu sarai.
Non sono stato bravo, probabilmente. In fondo, ero impaurito da quel dolore misto a felcità per te che si sostanzia attraverso questa stranissima e forte sensazione inspiegabile.
Ci vorrebbe uno dei nostri silenzi. 
Ora tu sei nel sibilo della pancia dell'aeroplanone che ti porta su quel pianeta che è la tua nuova vita. 
E io piango, qui da solo, perché un amico è un amico e un fratello è più che un amico e la distanza forse non esiste, come dice la mia ragazza. 
Per lei è facile. Per me, annichilito stupido di provincia, no. 
Ma la vincerò questa insana paura. La vincerò perché sono sicuro che la tua mancanza supererà ogni altra idea o volontà. 
Già manchi. Come l'aria. Ma sono orgoglioso di te.
Buon viaggio sul tuo nuovo Pianeta.

mercoledì 28 agosto 2013

Rientri in carreggiata


Strada Comunale delle Lellere, 80km/h. 
Dopo troppo tempo, sono alla guida dell'Ammiraglia, sportivissima dei giorni nostri, dopo aver percorso 3500km di fila sull'Ignara Spider Veloce e mi ritrovo a pensare che questa macchina sia una specie di silenzioso monovolumetto inguidabile. 
Cerco in modo disperato di ristabilirci un feeling tentando di abbassare il sedile che è in fondo, ma non ci riesco. Il volante di pelle al tatto è peggio di quello di legno di noce.
Lo so, sono esagerato. Ma l'Epoca è l'Epoca.
Ma non ho altro a cui pensare se non a queste cose. Non ci sono problemi, e sono proiettato col musetto  O meglio, metto la freccia e li sorpasso, dopo qualche piccola arrabbiatura, che dura tre giorni e sbaracca. 
Si vola, altissimi, in questa fine dell'estate, tra officine e carrozzerie, tra i piccolissimi perfezionamenti da fare all'Ignara Spider Veloce, che sembra ringraziarmi nel modo migliore per averla fatta sgambare, ovvero facendo rinascere tutti i costosissimi strumenti d'epoca precedentemente morti. 
Consuma poco, lei. Meno dell'Ammiraglia nelle lunghe percorrenze. 
Dentro di me, dopo questi venti giorni di ferie, c'è una nuova consapevolezza: che le cose si superano, il male (pochissimo, a dire il vero) si risorpassa, si mette la freccia e lentamente, giorno dopo giorno, sparisce dagli specchietti retrovisori e diventa un ricordo lontano. 
Alle volte certe persone ci aiutano a capire cosa si vuole. E mentre Treasure di Bruno Mars mi ricorda che ho trovato un tesoro quel giorno tornando da Pordenone, quando tutto pareva perduto e c'era uno sbarramento di nebbia ed io ero un antipaticone, beh, ora so che ne vale sempre la pena.
A girl like you should never look so blue
You're everything I see in my dreams
I wouldn't say that to you if it wasn't true

E ci vuole la felicità, quella vera e non ostentata in questa vita. E c'è. Infatti, ogni giorno il cuore batte per le prospettive di non vedere qualche pezzo di questo mondo da solo.
Si inizia così e si finisce per prendersi per mano e farlo insieme, questo viaggio. Tutto.

martedì 27 agosto 2013

Forse mai...

Posizione imprecisata, undicimila metri sopra il Mar Tirreno, l'A320 con livrea verde, bianca e rossa viaggia a velocità di crociera nell'aria estremamente tranquilla del tardo pomeriggio, col sole estivo ancora alto che disturba lo schermo del posto centrale della prima fila della navata destra, su cui sorprendentemente scorreva una puntata di Passepartout. Mezzora più tardi sarei atterrato due voli più a sud rispetto alla regione natia, in una Sicilia che non rivedevo da troppo tempo.

Mi allontano dalle umide terre padane e provo a staccarmi dalle inquietudini rimaste là, ma ci sono ancora troppi pensieri legati a quelle luci lontane che non hanno mai brillato, così basta un minimo particolare, una foto, una parola, un nome, per risvegliarle. Continuo a ripetermi che è stato un errore mio, che nulla di quanto desidererei si può chiedere ma che è solo un regalo che si può ricevere; ma la testa non ne vuole sapere e torna lì.

Nonostante le fantastiche persone, allegre e positive, che ancora allietano le mie serate regalandomi qualche ora di spensieratezza a 110 chilometri dalla casa patavina; nonostante grandi amici sparsi in giro per l'Italia e l'Europa, colleghi di lunghe discussioni impazzite, che iniziano già a mancarmi; nonostante amicizie sincere che riscopro in terra veneta; nonostante gli amici veri di poche parole di cui mai ho dubitato ed i saggi consigli di chi gli sta vicino. Tutto a conferma di quel "Forse mai..." e di quel "Mai..." di due diverse amichevoli voci.

Ma i problemi sono altri ora: un aereo da prendere, una valigia di riempire con tutto ciò che potrà servirmi per i prossimi 8 mesi, carte, documenti, la paura costante di dimenticare qualcosa e di non aver fatto tutto, la coscienza di essere di fronte ad un svolta enorme, il timore per gli innumerevoli imprevisti che indubbiamente saranno da affrontare, sempre sapendo che qualsiasi problema potrebbe inficiare il risultato di questo investimento. Ce la farò... dovrò farcela! Per me e per chi ci ha creduto!

lunedì 26 agosto 2013

After crossing borders


Puntuale sono tornato, per tutti i lettori. 
Autostrada A1, 150km/h Tratto Appenninico, che conosco a memoria, per la prima volta di ritorno con questa macchina. Non ditelo a nessuno che l'Ignara Spider Veloce infrange i limiti  e sdraia i record di percorrenza, ma la sua esperienza è totale e sa benissimo come fare. 
Ho imparato dai miei errori. E senza fatica miglioro.
Non ero partito tanto carico di speranze, perché passare più di 3 giorni con una persona mi ha sempre portato una dose di negatività. Speravo non fosse così e il tempo e i sacrifici mi han dato ragione. 
Ho accumulato self control che non avevo. Nemmeno nelle situazioni da semidramma. Nemmeno quando il mondo frana. 
Casa, famiglia, diventano parole che rimbalzano velocissime in questa mente. Ogni giorno.
Se il mondo frana, pensavo alla guida dell'Ignara Spider Veloce, io lo puntello con un braccio.
L'ho detto mentre scalavo in quarta nei curvoni appenninici da 130 km/h, quando in fondo si può osare anche con una ventireenne signora rossa metallizzata con interno beige e con la radica di noce. 

L'Ignara Spider Veloce, granturismo d'altri tempi che compete ancor oggi con quelle moderne, corre come sempre senza perder pezzi e la sensazione che l'Ammiraglia sia un monovolume mi pervade.
La sosta a Padova ci sta sempre. 
Fatti. Ecco cosa devo guardare. 
Guardo ad un agosto indimenticabile. Ad un abbraccio che pare vero e sincero. A quello che sento.
Non sempre la perfezione ricalca l'emozione. Pare uno slogan della BMW, ma è calzante a quanto è avvenuto.
Per converso tutto va bene, e ho la consapevolezza che strascichi possano esistere anche nelle altre persone, e a questo punto, meglio pensare alle cose belle e positive.
E allora, a fondo. Verso casa e famiglia.
Amore maturo. Amore vero.
Grazie a tutti.

lunedì 12 agosto 2013

Pensieri di ritorno


Ripercorro qualche chilometro in auto in questi giorni di forzata nullafacenza casalinga; mi sposto, vago, comunque poco, sempre meno di quello che vorrei. Il gasolio costa e poi, da solo, quanto lontano posso credere di andare, di scappare? Partirò, ormai è certo, andrò a quasi novemila chilometri da qui, almeno per poco più di 8 mesi; poi potrebbero essere altri novemilasettecento chilometri, nell'altra direzione. Ma fino a prova contraria sarò distante, non lontano.

Saprò coprire queste distanze con le mie forze? Mi rassegnerò mai a voler lasciar libere quelle inquietudini che ancora tornano ad ingarbugliare la mia mente e da sole non se ne vanno? Certo, sono stato io a farle tornare, sono stato io a dire "Non è un problema", a credere che effettivamente non lo fosse più, un problema. Ma la verità è evidentemente un'altra ed i pensieri tornano ancora lì, dove li avevo lasciati poco più di un anno fa; ora non aspetto altro che mettere quei novemila chilometri ed un muro di fuoco in mezzo, anche se ho paura che non bastino.

Forse sto solo scrivendo nella serata sbagliata; una serata in cui dovrei essere fuori a guardare le meteore prendere fuoco nel cielo perfetto di questi giorni, ma la paura della solitudine continua a relegarmi in questa casalinga prigione di cristallo, ad aspettare le ore che mancano al trasferimento di domani verso altri problemi che non avrei voglia di affrontare, il tutto senza la minima parvenza di una vacanza, mentre nella rete impazzano foto di persone felici e spensierate e le parole che arrivano dall'etere non aiutano.

Avrei solo voglia di non pensare a niente per qualche giorno, ma inizio a capire che questo non sarà più possibile per parecchio tempo.


mercoledì 7 agosto 2013

Ritorno

E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta che, da protagonista, ho visitato la nostra long long road to, che qualsiasi cenno di saluto mi pare inopportuno. “Heilà, sono tornata!” Urlerei a piloti già km e km avanti a me, sulle loro strade, che non sono le mie. Che poi… chissà per quanto tornerei ancora? La mia vita è un continuo ritornare, salutare e ripartire, almeno mentalmente.

E’ passato così tanto tempo che non so nemmeno più se riesco a scrivere… guardando lo stile mischiato ed evoluto degli storici piloti, ex neofiti, mi pare di aver solo tanto da re-imparare. Ma, in fondo, dicono ch e scrivere sia come andare in bicicletta e forse questo pensiero mi consola accendendo una flebile fiamma di vecchio coraggio.

E’ passato troppo tempo e non so più da dove iniziare, se dalle parole taciute ad altri, se da quelle taciute a me stessa o se dalle consapevolezze pigiate a forza sotto un tappeto come polvere fastidiosa che non riesci ad eliminare.

I sogni se ne sono andati, i piani futuri che mi davano forza ai tempi dell’università, sembrano scomparsi, travolti e tramortiti da una goffa routine, nemmeno poi tanto soddisfacente.
Nella scrivania disordinata e sempre mutevole della mia vita, tutto è divenuto ordine;  adesso vedo solo due pile di eventi: due costanti. Strano pensare che una delle costanti sia proprio la massima incostanza che mi portò, anni fa, ad iniziare a scrivere e che, fino a poco tempo fa, mi tormentava, apparendo incerta, di passaggio e mostrando alcuna stabilità.  
L’altra costante, nella vita di tutti i giorni (delle persone fortunate, ma neanche troppo) inutile dire quale sia. Lavoro, lavoro ed ancora lavoro. Ricordo con piacere le parole di un ex collega che, parlando di come la routine si comporti da tranquillante per le sofferenze della vita, mi recitò una poesia ricevuta in dono da parte di una coppia di sposi: “la distrazione migliore? Il lavoro”. E come se è vero!

Guardandomi alle spalle, non sono più la stessa, non c’è più la forza di sognare un futuro lontano e migliore, di pensare a me stessa, di riflettere e di scrivere. C’è solo un eterno silenzio ed un’ansia taciuta e sconosciuta, che però non senti, che però dorme. Lavoratori, portatori sani di ansia: ce l’hanno, ma non lo sanno! Ed è questo il rischio più grande, non avere il tempo di riflettere, non avere il tempo di capirsi, di essere irrazionali e seguire, di nuovo, i nostri sogni, le nostre necessità, fino al momento in cui l’ansia si sveglia e ti pervade, senza che tu sappia chi è, cosa vuole e soprattutto il perché.

In un momento di cambiamento sono tornata a guidare, nella mia strada (metafora che a lungo ho usato) per imparare a conoscere la nuova me stessa e chiunque dorma nel profondo del mio inconscio.

lunedì 5 agosto 2013

La distanza tra le parole


Parole... quante ne ascoltiamo e ne diciamo ogni giorno? Quante ne usiamo per costruirci una vita a cui pensiamo di appartenere ma che in realtà esiste soltanto nei nostri pensieri? Quand'è che riusciamo ad accorgerci di quali e quante siano di troppo ed evitare di pronunciarle? Quando riusciamo a farne a meno? Quante non ne diciamo che invece andrebbero dette? ...e quante di queste ultime si riassumono in un abbraccio?

A volte le parole non dette nel passato aumentano man mano le distanze nel presente; a volte, le parole non dette, servono solo a non diminuirle, le distanze, consciamente in previsione di un forzato distacco; altre volte restano semplicemente sospese in un limbo di cronica incertezza e di perenne insicurezza, tra distanze accorciate ma non troppo. Eppure ogni tanto le parole escono, e servono a ridare speranza ed a far uscire di risposta tensioni rimaste sopite, regalando qualche minuto di spensieratezza.

Ma quando le distanze aumentano è possibile recuperarle? Si può gestire una situazione dove la realtà di colpo non appare più come quella che era stata prospettata e si apre una voragine tra verità e fantasia? Quante altre parole ricadono poi in quella voragine che inizia a risucchiare storie e situazioni presenti e passate? Senza un ponte di salvataggio tutto viene rimesso in discussione e le due sponde sono destinate ad allontanarsi.

Allo stesso modo, probabilmente, mi dovrò allontanare, io, da questo mondo virtuale che tanto mi ha dato ma che forse poco rappresenta e rappresenterà la mia vita da qui in avanti. Forse continuerò a scrivere racconti dove le metafore sul mondo reale si intrecciano con la fantasia; forse troverò ancora il tempo di farlo in questo spazio che più volte ha visto sfogare i miei tormenti; forse le distanze non aumenteranno ulteriormente. Forse.

Ora i progetti personali vanno oltre quanto io abbia mai immaginato per me stesso, e ho bisogno di sincerità, quella che ho trovato nella mia pazza seconda famiglia di Milano e che seguiterò a portare con me nel cuore ed in quegli oggetti che, seppur impropriamente, ne rappresentano la memoria.


giovedì 1 agosto 2013

Ferie


Cari lettori, Velocissimo ma inconcludente da domani va in ferie. Per parte del sottoscritto gli aggiornamenti riprenderanno dopo il 26 agosto. Alla vigilia della partenza, da effettuarsi rigorosamente a bordo dell'Ignara Spider Veloce.
Ci vediamo, cari lettori.
Proseguiranno Costante ma Improduttivo e gli altri piloti.
Buone ferie a tutti.

martedì 30 luglio 2013

Progressi, regressi, e giustificazioni


E così avvenne quello che avviene sempre. Compro una macchina, all'inizio ci litigo bestialmemte. Mi ci capisco poco all'inizio e a tratti odio i loro comportamenti.
Così come avvenne per la Mito, adesso l'Ignara Spider Veloce ha avuto lo stesso destino. Ora ci capiamo, sorprendentemente, in solo 1500km, tanto che sto pressoché usando solo lei. Si iscrive in curva in un modo fantastico che solo le trazioni posteriori sanno fare.
Incattivisce con l'acceleratore, ed ha una progressione infinita fino a 200km/h. Infinita. Come l'epoca delle spider vere, che è terminata con l'uscita di scena del Duetto.
E ora, proprio perché iniziamo a volerci bene davvero con questa vecchia signora Ignara, do fondo ai piccoli lavori di perfezionamento per renderla davvero come se fosse uscita ieri dalla fabbrica.
Non è passato molto tempo da quando la presi, il giorno del mio trentaduesimo compleanno.
Ora lei, sempre Ignara (perché non vuole sapere), inanella le curve nella maniera migliore, e mi conferisce un piacere mai provato nella guida.
Pure chi ho accanto se n'è accorta, con un secco quanto ti piace guidare sta macchina.
Pure noi all'inizio non ci capivamo. Quasi per niente. Ogni battuta stonava. Poi col tempo, e soprattutto con la voglia (te la rubo, perdonami), si diventa qualcosa di importante l'uno per l'altra. Aggiungiamoci dei sentimenti, della mancanza quando i chilometri ti separano e un terreno nuovo inaspettato.
Perché all'inizio abbiamo fatto a pugni (anche piuttosto forte, ndr) fino a volerci bene. 
E mentre guido l' Ignara Spider Veloce ho modo di soffermarmi a guardare gli altri, dal basso della seduta della macchina.
Non posso fare a meno di pensare a qualcosa di duraturo, di vero, con chi ho accanto adesso.
Non posso fare a meno di notare che gli altri, ma non tutti chiaramente, sono pervasi dall'abitudine e dalle poche emozioni.
Dal canto mio mi emoziono sin troppo, per carità.
Vedo e percepisco tante giustificazioni che la gente dà a se stessa per negare la realtà.
A partire dal lavoro: quando sento chi dice non si trova e magari a 30 anni è ancora lì a non fare un cavolo facendo le 4 tutte le sere, imbestialisco, perché sono scuse per se stessi, per poi finire in amore, grazie a sopravvalutazioni eccessive. 
Quante volte ci siamo giustificati o abbiamo dato giustificazione terribile ad un comportamento altrui che mai tollererermmo? Tante. Me compreso.
Ho giustificato cattiverie subite per mesi, i comportamenti sbagliati, solo perché, alla fine, avevo paura di perdere qualcosa.  Non qualcuno. Ma qualcosa. E' naturale, per carità. Fatelo voi, io non transigo col mio cuore.
C'è chi lo fa sistematicamente e non si racconta la verità. Pare una cosa stressante, in effetti, fare i conti con quello che vorrebbero gli altri e quello che uno vorrebbe realmente essere e vivere.
C'è chi ad ogni costo cerca di ostentarla quella felicità, con parole come stupendo, bellissimo, superlativi inutili perché la felicità è dentro di noi e se la si sbandiera è segno dell'opposto. Inevitabilmente si mette in mostra qualcosa che si ha paura di perdere. E allora non è felicità, ma una pantomima stupida. 
E quelli che la portano avanti sono solo degli idioti.
Ho sbagliato pure io a giustificare l'eccessivo impeto che ho messo nel tentare di disinfettare una ferita marcia, che andava eliminata, sperando che si rimarginasse.
E come cantano gli Eurythmics, The miracle of love will take away our pain.

Ormai ci siamo capiti. In ogni modo e senso. E non parlo della Spider. E' qualcosa che cresce ogni giorno e che prende una forma sempre più bella, perché a noi di quel che dicono gli altri non importa, guardiamo in faccia la realtà e la viviamo.
E chi l'avrebbe mai pensato che avremmo preso la nave dei becchi?
Comunque sia, ad oggi, non giustifico più nessuno, anzi, stavolta sono troppo critico anche per le bischerate. E me ne scuso. Correggo pure sto difettino, tanto ne ho corretti mille.
Star bene non è facile, è una strada in salita. 
I vincenti trovano il modo, i perdenti sempre una scusa.
Noi, senza scuse, il modo l'abbiamo trovato in modo naturale.
Per la proprietà transitiva, abbiamo vinto. E continueremo a farlo.

lunedì 29 luglio 2013

Ahead to the future


SS223, 140km/h oppure 88 miglia orarie. Cockpit dell'Ammiraglia rossa.
Stessa velocità, che i nati nei primi anni '80 sanno benissimo cosa faceva viaggiare nel tempo.
I nati dal 1985 in poi non possono dare lo stesso valore che noi diamo a quel film, perché sono piccini e peraltro sempre più bimbiminkia regrediti, da quel che vedo.
Comunque, per chi fosse atterrato su un disco volante su questa Terra solo nei tardi anni '80/primi '90, beh, a 88 miglia orarie, racconto la banalità del giorno. A 140km/h la Delorean DMC-12 nella trilogia di film Ritorno al futuro viaggiava nel tempo.
Era una velocità che magari per noi appare normale, ma che per gli statunitensi del 1985 risultava del tutto impossibile da raggiungere su strada, perché gli stessi sono annichiliti da terribili limiti di velocità da 80km/h in autostrada e ferrei controlli radar pressoché incontestabile.
La SS223 nell'ultimo tratto li consente anche in crociera, nonostante il limite sia 110km/h.
Ma non si viaggia nel tempo a questa velocità, solo in certi posti si chiappano le multe in zona ritiro patente.
In ogni caso, le 88 miglia orarie proiettano indietro nel tempo la riproduzione casuale della chiavina USB legnosa, peraltro bellina, recante il marchio Leo Club innominabile al punto tale che probabilmente l'Ammiraglia, colpita da quelle macumbe, arresterebbe la sua corsa.
Di accidenti me ne arrivano tantissimi. A partire dallo sbarramento di nebbia proprio là, quando dissi a Diletta non me ne frega un cavolo, si prosegue a 130 anche se non si vede niente, per poi finire al treno che, proprio là (ripetizione voluta), si inchiodava accumulando i suoi sei irrecuperabili minuti di ritardo.
E mi viene da ridere, perché a me pare di aver pagato quel conto lassù più volte e pure salato e di essermi rifatto completamente una vita, con chi si merita obiettivamente il meglio dopo avermi cacciato indietro più volte.
Comunque, come dicevo, proprio a causa delle 88 miglia orarie, la musica dovuta alla strana riproduzione casuale torna a fine anni '90, come quando avevo la Punto Cabrio 18 anni e un carico di ansie immenso, ma una felicità di fondo. E parte Run to You di Bryan Adams, e Always di Bon Jovi subito dopo. Erano i due colossi del CD da acchiappo, quello che suonava nelle occasioni giuste, nella Punto Cabrio in quei fintamente ruggenti anni, per cui sono ancora oggetto di prese (fondate) per i fondelli dagli amici veri.
E' proprio vero che a 32 si sta meglio che a 20 anni.
Semplicemente perché sto guadagnando passo passo la spensieratezza che non ho mai avuto, proprio adesso. E il motivo lo so, perché in fondo c'ho messo sin troppo a pagare quei conti con me stesso, facendo finta di essere agganciato a chissà cosa.
Comunque, quel giorno in cui tornavo da Pordenone, e in cui trovai lo sbarramento di nebbia, beh, conobbi il mio futuro.
Non fu un bell'impatto, in effetti. La credevo persa dietro ad un bello e dannato che niente aveva a che fare con uno come me, ed in effetti era così.
Dal canto mio, il giorno prima mi ero fermato in un posto strano.
Avevo tirato 150km/h su una pista di pattinaggio su ghiaccio con accanto un'altra persona ignobilmente sparita dalla mia vita dopo avervi giocato un paio di ruoli di primo piano.
Un paio, appunto.
Comunque, in ogni caso si fa a cazzotti con le proprie convinzioni. Ci vogliono mesi, e i bruchi diventano farfalle, i pensieri lasciano lo spazio alla concretezza, ai tratti appenninici, alle settimane insieme, alla voglia di svegliarsi uno accanto all'altro ogni giorno ad orari decenti.
Si vince per bene e si viene pervasi, conoscendosi l'un l'altro, dalla voglia di prendere una casa, di dire "passo a prenderti", di prendere un paio di biciclette e spararsela tutta quella ciclabile sterrata, di costruire qualcosa, di avere un abbraccio ogni mattina, della colazione in giardino, della spider Veloce aperta che non vuoi guidare.
Perché il futuro ce lo costruiamo ogni giorno, contro ogni difficoltà, spigolo del carattere, angolo vivo da smussare.
E vedo che la benzina c'è, la velocità e la sintonia idem.
Cerco casa, non tanto disperatamente, casomai ma spero di non abitarci ogni giorno da solo, e che qualcuno prenda la sua macchina o il suo treno e venga davvero a godersela con me.
Cerco casa per costruire qualcosa.
Pensieri, parole. Devono diventare fatti, come noi siamo ormai un fatto consolidato e, spero, duraturo.
SS223, 140km/h. O meglio 88 miglia orarie. L'Alfa Mito, da mia personale Ammiraglia si trasforma in De Lorean e per un attimo prosegue. E nessuno la ferma, nemmeno lo scorrere del tempo.
Io proseguo. E non ritornerò mai indietro. Semplicemente andrò avanti, contando i giorni che mi separano dal prossimo abbraccio.

domenica 28 luglio 2013

Try

Siena, notte: il motore dell'Ammiraglia prende vita con la sua voce borbottante. Sembra quasi dirmi che è tardi e che ha sonno. Ma di sonno ne ha poco, come il suo pilota.
Vuole correre, ma come un cavallo impazzito ne tengo le briglie. 
Superstrada Siena-Firenze, 110km/h costanti. L'Ammiraglia, la Mito rossa, sfoggia il suo passo autostradale classico, nel fresco della notte. Classico, appunto.
La vettura procede, imperterrita, con il suo fare di ammiraglia accalorata da questa strana estate che si prennuncia bella.
E Virgin Radio, stranamente, tira fuori un pezzo di Pink che non credevo mi piacesse. Try.
Try. Vuol dire provare. Bisogna sempre provare. 
L'Ammiraglia Mito si ricorda, in uscita di curva, che per i 72.000km precedenti non ha fatto altro che vivere da vettura guidata da un autista per le autostrade a rincorrere chissà cosa, chissà chi.
E allora, in uscita di curva, il sonnolento "Turbo grande" inizia a soffiare. Il piede del pilota affonda. Sopra 3000 giri. 4000 giri. 5000 giri. La Ypsilon che avevamo davanti viene inghiottita dal vuoto buio che c'è dietro. Prolungo oltre ogni limite del buon senso la fase della pestatura dell'acceleratore.6000. 6500 giri.
Cambio. Freno. Rientro nelle zone a basso consumo.
L'Ammiraglia, che si è ritrovata per un attimo nel suo terreno migliore, sembra ringraziare, come qualcuno che chiede "ancora".
La morale è che devo provare.
Che dal bel terreno in cui mi trovo non mi sento più di dover assumere, ancora una volta, una maschera che non mi compete. Ed  è fantastico e strano allo stesso tempo.
Non mi sento costretto a dover apparire indistruttibile, ad "organizzare" per andar dietro alle paturnie altrui, a "fare" quando vorrei star fermo.
Non ho idea.
Forse è la stanchezza fortissima di anni che NESSUNO ha avuto sinora la minima voglia di comprendere. Nessuno. Tranne chi c'è ora.
Inizio ad aver meno voglia di capire, di far finta che tutto vada bene, di non poter dire "stasera sono stanco, stiamo a casa per favore", di dover sembrare quell'essere indistruttibile che non sono. Anche io ho pecche. E ne ho tante, in primis la poca resistenza.
Inizio ad aver voglia di dire che sono felice.  Di concretezza.
Perché chi alle volte sbandiera le cose per me sbaglia e lo vedo adesso, in questa nuova vita che mi sono costruito, chi mente sulla propria felicità. E io non ho bisogno di farlo, ora.
Bisogna provare. Provare ad avere una dimensione, altrimenti nella vita non si fa strada. E non si ama.

mercoledì 24 luglio 2013

Introversi ed estroversi

In questi giorni gira molto in rete la vignetta dal titolo How to live with introverts. Pare un manuale di istruzioni per maneggiare con cura chi è introverso e non si apre.
Ho un amico fraterno (mannaggia a te che te ne vai, ora mi tocca pure comprare un Falcon 900EX per richiapparti laggiù in fondo al mondo) in particolare che si ritiene molto introverso, ma col tempo si è aperto e secondo me, a dire il vero, a modo suo dice tutto.
Anzi, dirò di più: non è introverso, ma è semplicemente un genio che ancora non si è accorto di avere qualità e sensibilità superiori alla media, che semplicemente sa che vanno condivise con pochi. Ma lui è il migliore in assoluto e manco vuol sentirselo dire.
Ce ne fossero di persone come lui. Il fratello che non ho mai avuto. E' un prego la sua sopportazione.
A differenza sua io sono un estroverso cronico, o meglio uno che lo fa, e che ti mette davanti il suo mondo.
E da estroverso dirò che io amo l'Elba, anche se non ci vado mai. 
E che potrebbe anche venirci.
Me ne innamorai da piccino, di ogni anfratto, spiaggina, montagna (perché c'è anche quella), animale, sorgente, fondale ecc.
Come gli amori infantili, questo è rimasto dentro di me.
C'è chi la ama come me quest'isola. C'è anche chi la odia, senza apparente motivo, e potrei fare nomi e cognomi, ma tant'è che non importa. Probabilmente la odiano per motivi personali, ma tiriamo oltre.
Ogni estate scovo punti molto positivi da mostrare a me stesso e dividere con gli altri.
Vorrei avere un po' di tempo per andarci. Ci andrò, per carità.
Lo direi al mondo di venire, pure all'amico introverso. Qui si sono consumati amori, finiti sulla nave del ritorno. Amicizie vere sono nate e rimaste. 
Solo perché sono estroverso e faccio amicizia. Alle volte sono eccessivo io. Chiacchiero troppo e terrorizzo chi recepise quella brutta e lamentosa parte di me.

Il problema sono quelli che si fingono introversi e che in realtà ti studiano. Studiano come fare a fregarti.  Subdoli. 
Viscidi.
Brutti e cattivi. 
Ma qui la chiudo, perché tanto contro di loro è così. Ho un paio di nomi ben precisi in mente.
Voi non siete niente, e c'è pure chi vi rincorre, stupidamente.

L'amico introverso, quello buono, quello fraterno, è vero, è lì che capisce ogni mio anfratto, pubblicabile e impubblicabile.
Conosce la verità, quella che non sa nessuno. 
Pure dai suoi silenzi capisco che devo smetterla di dire certe cose, certi eccessi che si prolungano sin troppo dentro di me.
E allora come dire grazie alla tua introspezione, amico mio, che in silenzio insegni, con tutti i tuoi "amen", tutti i tuoi ripetuti e allo stesso tempo irripetibili. 
Ecco, in questi anni mi hai dato tanto, come quando a Bologna, il 6 novembre 2010, in un periodo un po' strano fatto di, tanto per cambiare, rincorse inutili, hai portato un attimo di luce ascoltando questo chiacchierone mentre il presidente internazionale Lions era a dirci qualcosa di biascicato.
Qui sta la differenza degli introversi: quelli che ti fanno capire lo stesso, e quelli che lo fanno perché vogliono solo esser rincorsi.
E' un peccato che la vincano quelli sbagliati, la battaglia per le cose giuste. 
Parola di eccessivo chiacchierone.

martedì 23 luglio 2013

Crossing borders

Crossing Borders: pare quasi il titolo di un film. E viene voglia di passarli quei confini, qualche volta. Non parlo di confini fisici, o forse non solo di quelli che uniscono e dividono Stati, Paesi, Regioni vere o immaginarie (come il ponte sul Po dell'A13). 
Mi riferisco ai confini che ho nella mente, al voler spezzare, ora che ne vale la pena per davvero. 
Mi è presa la voglia di viaggiare, di attraversare confini. Soprattutto quelli della mia mente. Soprattutto nelle cose rispetto alle quali ho detto mai più. Già, confini. Viaggi. Macchine. Aerei. No, non sono solo patito del mezzo meccanico.
Vorrei guadagnarmi sul campo la cultura dei luoghi, degli aerei, del muoversi.
Voglio ritrovare in me questa passione perduta, per la quale vengo preso per i fondelli.
La mia professione mi piace, e pure tanto. Se c'è una pecca che le trovo, tuttavia,  è l'eccessiva territorialità, che ho saputo crearmi ed è un bene, forse.
Ma non so cosa posso aver fatto per stare sempre in questo Paesetto di provincia, dove non ci sono mercati coperti e dove la gente ha una mentalità molto chiusa. 
Non ho idea di come fare a sbloccare questo loop.
Ho voglia di viaggiare, e anche molto. E so anche con chi. 
Perché attraversare confini apre la mente, le volte che l'ho fatto ho davvero trovato una cultura diversa. C'è chi ne sa mille volte di più, è ovvio.
L'Italia la conosco benissimo, ora vorrei esplorare dei luoghi dove non sono stato.
Metto la bandierina su Trieste, quest'estate.
La metto anche su altre città europee. Ma manca Parigi all'appello, pure Londra. Eppure sono oppresso dagli impegni e dalle catene della mia mente.
Vorrei un aiuto a spezzarle. E ad attraversare questi confini.


domenica 21 luglio 2013

Mercato coperto

Via Nova in salita, 50km/h. L'Ignara Spider Veloce sta dietro ad una serie del tutto infinita di Apini, l'amato punto di riferimento della camminata mattutina, ovvero il pullman che va a Volterra, e una teoria altrettanto lunga di vetture accodate con poca voglia di sorpassare. 
Minaccia piogga, la solita delle 18:30 che qui da una settimana si presenta puntuale come una cartella di Equitalia. 
Stiamo dietro. Non importa, la strada è poca e forse ce la farò a rintanare la preziosa decappottabile dentro il garage prima che le gocce si presentino. 
Seconda marcia. Non so quanti giri perché il trimmer del contagiri è scassato e fondamentalmente irreperibile sul mercato e va cambiato. Lo farò a settembre.
Ma a questa velocità la Spider, col suo fare da persona che non sa e che non ne vuole sapere di niente, mi tira su degli inaspettati ricordi recenti.
Modena. Ecco, Modena. 
Un giro al mercato coperto di sabato mattina, in cui mi sentivo come rinato. Non ne ho idea del motivo, o forse sì e lo spiegherò più avanti. 
Siamo andati a fare questo giro là dentro, in quella bellissima struttura in stile liberty che credo si chiami Albinelli. C'era del pane, della frutta, dei fiori, odori e rumori, persone che nella loro giornata si affannavano a comprare le cose per la settimana. Due cuori.
Forse perché non c'è il mercato coperto a Colle, mi piaceva troppo stare là dentro. Osservare chi ho accanto comprare i pomodori, chiedermi cosa volevo e prendere tutt'altro e ridere sotto i miei inesistentissimi baffetti di quanto lei sia brava a fare la spese e non se ne renda nemmeno conto.
Per carità, io avrei comprato tutt'altro, però de gustibus non disputandum est. 
Eppure lei era così bella in quei momenti, in cui mascheravo il sentirmi bambino portato al mercato, lì presente tutti i giorni, e così assente nella mia piccola ma stupenda città con tutte quelle torrette.
Ma la realtà  è che tu, donna adulta, hai vinto. Hai combattuto senza mostrarlo contro le paure, le tue e le mie, i fantasmi, i dubbi che inevitabilmente si palesavano.
Sarà che adoro quella città lassù piena di Ferrari e Maserati, di gente aperta e non chiusa e burbera, di accenti carini e simpatici, di persone che ti accolgono e non ti giudicano, di gente spontanea.
Sarà che adoro chi me l'ha fatta conoscere quella città con i pullman gialli e blu e che mi sopporta ogni giorno.
Sarà che davvero le emozioni devono esserci, ma se dopo i primi tempi non trovi il verso di giocarti le carte della normalità e della complicità, la spontaneità e il non dover lottare.
Ho voglia di alzarmi la mattina ed andare al mercato coperto a comprare le cose da mangiare, i cetrioli e il pane.
Ho voglia di sentire l'odore dei fiori e sentirmi bambino senza dover mettere filtri a quello che dico e senti.
Ho voglia di gustarmi il silenzio e di venire ripreso perché sto zitto. 
A tratti questo paese mi sta stretto.
Ho voglia di vivere a pieno questa stupenda normalità.
Forse sono vecchio, ma se lo sono, ne vado orgoglioso. La vita è adesso.

giovedì 18 luglio 2013

Eterna lotta tra stronzi e principi azzurri


Non so perché ma mi ci va di riportare un post vecchio (con considerazioni allegate) divenuto tematica di un qualcosa che non si doveva vedere, però sempre bello ed è una tematica vittoriosa (per altri) e ironica per me. Correva qualche tempo fa. Ed è bello rileggersi, riscriversi e riadattarsi, alle volte. Ci ho messo qualche Add on, per chi lo lesse nel posto segreto tempo fa.
"...Ricomincia la lotta tra scuole di pensiero, e tra i vari modus agendi.
Principi azzurri contro stronzi. E' una eterna battaglia in amore. Che vede alternarsi le varie categorie in testa. Manco a dirlo, cerco di appartenere alla prima: addirittura qualche mese fa credevo che vi fosse una vittoria semplice del sindacato che rappresento in modo amplissimo e degno.
Missioni Eroiche, fiori, scenari romantici. Tutto bello davvero. 
Potenzialmente, il meglio che una donna possa avere(...). Sotto i miei pressoché inesistenti baffetti, sotto la pelle del viso resa velluata dalla crema antirughe e antistress, si nasconde una profonda insicurezza di fondo sul da farsi, sulla potenziale adesione alla seconda scuola di pensiero.
"...Ci si deve stronzire, non c'è verso..." - tuonavo stamani coniando il neologismo alle 8:25 al telefono al povero Francesco, mentre la giornata nasceva e iniziava a manifestare i primi segni di giramento. La risposta, di nuovo reitera una domanda, con l'innocenza tipica di chi, esattamente come me, non sa che pesci pigliare. "...Sì, ma come?...".
Principescamente parto. Inanello mosse da record i primi mesi. Divento colui che fa sperare di nuovo che ci sia un dopo.
Ma puntualmente inizio a perdere pezzi e arrivo malconcio a destinazione.
Come me, tanti altri.
Perché viene a noia il principe, in effetti. Posso montare su cavalli bianchi, rossi, neri, su aerei, pullman e treni, ma lo stronzo che "ogni tanto" si fa sentire e che casca nella vita quando gli pare, si prende agevolmente tutto quanto noi ci sudiamo.
Tutto il nostro lavoro, concretizzatosi con immensa difficoltà in mesi a colpi di Missioni Eroiche (e ho anche un adepto in tal senso, forse 2, visto che la Missione di Pericciuolo a Grosseto a settembre scorso era da considerarsi tale), di serietà ostentata e internamente patita, si vanifica non appena colui che sa di aver terreno facile arriva, e vince.
Lo stronzo deve essere ricercato, il principe ricerca.
Lo stronzo bombardato di messaggi se ne frega, e fa ciò che vuole, cosicché i momenti (pochi) vissuti insieme alla bella sono inevitabilmente magici.
Il principe rincorre, affronta Appennini, Alpi, marciapiedi di stazione (io li odio, ma qualcuno a me molto amico ci ha fatto qualche missione seria in stazione), vie romane in discesa sotto l'acqua, nebbie la mattina sull'A1. Lo stronzo arriva, colpisce e scappa, magari per settimane.
Lo stronzo viene terribilmente sopravvalutato. 
E allora la domanda che diviene ricorrente è quella del fratello acquisito: "...sì, ma come?...". Come si fa? Chi ha esperienza ci aiuta per cortesia?
Rimarrò comunque principe, mi sa. Un principe malconcio e bastonato, ma sempre tale...". 
Mi rileggo e rido. Rido di quella che è una verità e della nostra perseveranza, della felicità che arriva quando meno te lo aspetti. 
L'Ignara Spider Veloce, che non sa di tutte queste riflessioni, peraltro effettuate mentre eravamo entrambi a piedi, mi ha preso in un periodo in cui amo essere principe e in cui ho maturato l'idea che essere stronzi serve solo per pochi momenti.
I nodi arrivano al pettine, prima o poi. E due diventano compagni con le mani intrecciate, valutandosi e dandosi tutto senza diversità.
Non sono teorie, ma pratica da applicare.


mercoledì 17 luglio 2013

Giudicare

Superstrada Firenze-Siena, 110km/h. L'Ignara Spider Veloce, da questa velocità in poi, possiede una progressione inarrestabile, inesorabile, che la caratterizzava tanto tempo fa e la caratterizza ancora. E' veloce, velocissima, ma vuotissima in basso.
E' vuota anche di emozioni vissute, lei. Per lo meno con me. Di storie ne può raccontare pochissime, ma è tipica delle macchine nuove che ho. Se le guadagnano sul campo, come sempre.
Si riempirà, col tempo. E' quello che mi dico sempre. Col tempo le emozioni arrivano. Arrivano eccome, anche quando sali sul treno  e quello accumula ritardo dove non deve.
La Cassia se l'è fatta, l'Appennino non ancora. Tutte in modo Ignaro.
In modo Ignaro di quel che nasce, cresce e si sviluppa, lei procede tra le mani esperte del pilota.
Nella sua inarrestabile progressione sorpassa. Sempre.
Non lo sa, ma si mette dietro tante cose. Si mette dietro tante cose che il pilota dal suo sedile osserva.
Si mette dietro tante coppie finte che si credono vere, in cui uno rincorre l'altro.
Si mette dietro tante persone che ostentano il proprio amore sui social network, che altro non è che la paura di perdere l'altro, e la comodità che ne deriva.
Si mette dietro persone che predicano bene (adesso) e razzolavano totalmente al contrario.
Si mette dietro coloro che vivono attendendo un segno e sbagliano a non muoverso.
Si mette dietro persone che non ascoltano e che vorrebbero solo sentirsi dire che sono bravi, ma che non hanno mai fatto i conti con la sopravvalutazione oggettiva di chi non se lo merita.
Si mette dietro chi dà valore immenso ai piccoli gesti, quando non comprende  che i grandi gesti sono altri, e forse sono bilaterali.
Si mette dietro chi si suda ogni "goccia" dell'amore altrui e ne è contento.
Si mette dietro chi cerca capri espiatori per dirlo a se stesso prima che agli altri.
Si mette dietro, ad ogni livello, chi ancora non ha fatto i conti con se stesso. E chi non li ha ancora pagati, pur avendo la presunzione di averlo fatto e di non ascoltare.
Ma l'Ignara Spider Veloce non sa che porta dentro un pilota e un navigatore. Porta dentro chi sa che il cambio alla guida arriva e sa di poter cedere nelle proprie certezze.
Porta dentro chi sa che le cose nascono crescono e si sviluppano, nonostante le gomme forate in un posto e i treni che non arrivano mai. 
Porta dentro persone che hanno fatto i conti con loro stesse e che si trovano fortunatamente a dirsi "io ci sono" e non si pongono problemi di sorta.

Sembra di tagliare un traguardo con la testa altrove.
Chi ha corso sa a cosa mi riferisco.
Ma non è così. Al traguardo ci siamo pure arrivati. Vittoriosi. Insieme. Spontanei. Ma senza saperlo.
E senza la necessità di dire: "Torno tra un momento, cerco un argomento, recitare la mia parte". 
Che è quello che conta in effetti.  

lunedì 15 luglio 2013

Fermate


Sono arrivato.
Con un mal di collo bestiale, che si porta dietro il grappolone di dolori alla testa fortissimi. Colpa dell'aria condizionata che di questi tempi ci viene propinata in ogni ambiente, a partire da macchine/treni/autobus, per poi finire in ogni ristorante e locale pubblico.
L'aria condizionata mi uccide, e l'accendo di rado pure nella mia fidissima Ammiraglia.
Comunque ciò che conta è che sono arrivato.
Con l'umore di chi sa bene cosa vuole.
E l'umore di chi si è stufato di decenni di corse in salita, del dovermi sudare ogni "goccia" d'amore che mi veniva gentilmente concessa.
Comunque sono arrivato.
E non respiro più aria condizionata ma aria pura, quella che consente di distendere il collo, di non prendere la pasticca per il mal di testa, di cacciare quell'umoraccio che mi contraddistingue.
Sono arrivato, dunque.
Sensazione nuova, perché proprio non ho mai avuto quella pace che ho ora dentro di me. Non l'ho avuta in 32 anni, nonostante da ogni parte si tenti di negarlo e di non vederlo.
Sono arrivato.
E sarei arrivato con ogni mezzo. Pure con una due cavalli scarrettata (cosa che non avverrà mai, ché le macchine d'epoca belle sono potenti).
Perché ne vale la pena di viaggiare, anche in modo figurato oltre che reale, se la meta è quella giusta, quella che poi ti fornisce il sorriso al ritorno, quella che ti fa custodire nel cuore ogni preciso istante vissuto.
Sono arrivato dove sto bene. Sono arrivato dove, nonostante la stanchezza e qualche parola brutta di troppo che mi esce, mi sento di non dovermi muovere.
Sono arrivato dove non ho bisogno di tante parole.
Sono arrivato dove il silenzio non fa male e a tratti mi piace anche.

Sono arrivato dove la semplicità è di casa. Sono arrivato dove non ho bisogno di fare tante pantomime né di apparire, solo di essere quello pieno di difetti che inevitabilmente non andranno via.
Sono arrivato dove sono accettato per quello che sono.
Mi spiace per chi in 32 anni non c'ha capito un cavolo.
Sono arrivato. Punto.
Ed ogni arrivo è una ripartenza. Per migliorare sempre. Ma siamo veramente a buon punto.
La razionalità eccessiva ti porta da un punto A a un punto B. I sogni ti portano ovunque. 

giovedì 11 luglio 2013

Chasing


In amore vince chi fugge, tuona telefonando a chissà chi il ragazzo di 20 anni circa sul pullman accanto a me, verso il Tribunale. Dietro gli occhiali Ray Ban (che si sono moltiplicati come funghi, peraltro, di recente), accenno uno sguardo interrogativo che il mio compagno di viaggio, ignaro come la Spider Veloce recentemente acquistata sui fatti miei. Sembra non recepirlo: saranno le lenti scure che mi porto sempre dietro.
In amore vince chi fugge.  Posso dissentire, vero? Mi pare una favata colossale. Ne sono fuggite diverse di persone da me, e probabilmente hanno pure vinto.
Sono fuggito diverse volte, per carità.
Sono fuggito da me stesso principalmente e forse dalla mia insicurezza. Lasciando gente a piedi a metà del percorso quando nemmeno se lo meritava.
Ma in quei casi non so mai se ho vinto o perso. Credo più la seconda. Credo che abbiamo perso in due, credo di aver perso a fare muro, e a farmi pensare chissà cosa.
Non so, forse sono vecchio.
Ho maturato la concezione che in amore vince chi concretizza senza paura. Ne ho la sensazione, perché vedo tante coppie finte che stanno insieme solo per paura di star soli, tante persone che hanno paura di quel che dicono loro gli altri e non sanno pronunciarsi né imporre la propria volontà.
Mi sento diverso da queste persone. Mi sento diverso quantomeno nei pensieri e nelle elaborazioni di
Ho smesso di fuggire da mesi ormai, da quando mi preparavo a diventare l'Andrea del Duetto, con quel cambiamento ignorato da tanti, e alcuni nello specifico che l'avrebbero dovuto vedere.
Per converso, d'improvviso, in un periodo particolarmente piovoso, quando la Spider Veloce era un pensiero lontano e ancora doveva arrivare,  capitò che quel cambiamento fu visto. E apprezzato.
Alla fine, in questa vita c'è chi rincorre e viene rincorso. Alle volte si rincorre qualcosa o qualcuno, magari avendo a disposizione . Alle volte si viene rincorsi. Personalmente difetto in modo totale della conoscenza del secondo stato: non sono mai stato rincorso.
Mi sono sempre impegnato a rincorrere, in tutti i modi, modellandomi come non dovevo per le persone che avevo accanto, non anteponendo le mie esigenze né tantomeno . Ne conseguiva un notevole disagio,
Se l'amore fosse una scelta razionale, davvero non ci sarebbero dubbi. Si sceglierebbe la persona che ci fa star meglio in assoluto.
C'è chi va a finre tra le braccia di chi è peggio di coloro che rincorrono,  ed è anche una cosa piuttosto frequente.
Molto spesso si attuano metri di paragoni diversi tra persona e persona, sbagliando, pentendosi.
Forse troppo spesso rincorriamo le illusioni, in una apparente fuga.
Quello che posso dire è che nella mia modesta esperienza, le cose debbono venire naturali. E senza paura di soffrire, né degli altri.
La naturalezza senza limiti né vincoli vince, senza rincorrere. alcuno o alcuna che non se lo merità.
Naturale, diviene l'aggettivo da pronunciare con priorità assoluta.
E da vivere. 

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