domenica 27 gennaio 2013

Inno alla gioia



E' una domenica pomeriggio di una giornata apparentemente primaverile, seppur gli alberi sono ancora spogli e leggermente contornati di un soffice brina bianca; è una domenica pomeriggio qualunque,  eppure ho, per la prima volta dopo tanto tempo, davanti a me un obiettivo e la voglia di raggiungerlo puntando su me stessa.
Ho iniziato questo nuovo anno con la sola intenzione di continuare un percorso, iniziato per forze di causa maggiore, con la forza e la volontà che ho scoperto appartenermi più di quanto pensassi. "Sei una ragazza forte più di quanto immagini" questo mi ha scritto non troppo tempo fa un amico molto caro e che mi ha portato a rispondere, non senza un pò di presunzione: "Si, lo so, eppure a volte anche io crollo..."
Ho voglia di mettermi in gioco, di farmi conoscere in tutto e per tutto per quello che sono e so che ce la farò!
Un angelo custode accanto a me ce l'ho sempre e questo, ora come non mai, mi dà la forza di correre verso questi traguardi: la mia prima fan in ogni cosa facessi e volessi!
Durante un concerto ho sentito il maestro, riferendosi a colei che mi ha insegnato tutto quello che so sulla musica, osannarla dicendo: "Non ti conosco, ma da come dirigi so che hai tanto sentimento da trasmettere e questa è la tua forza." Un direttore d'orchestra, questo voglio essere! 
Passare da semplice esecutrice di brani scritti da altri a direttore di pezzi anche scritti da me, ma soprattutto interpretati a modo mio: con momenti di pianissimo fino al crescendo, che ti porta a gridare fortissimo quello che sei in questo momento. Uno spartito a colori con note dissonanti e sincopate, con cambi di tonalità repentini ma che nel suo insieme creano un'opera unica nel suo genere. 

venerdì 25 gennaio 2013

La notte delle note blu

Era una serata fredda di gennaio a Milano; scendo sotto casa e appena esco dal portone del condominio una pioggerella ghiacciata mi investe ricordandomi, se ce ne fosse stato bisogno, che il meteo per quella sera aveva previsto qualche fiocco di neve. Attendo per alcuni minuti, rinchiuso nel mio caldo giaccone scuro tecnico, comprato per affrontare l'inverno lappone prima ancora che certi marchi fossero sdoganati nelle grandi città diventando di moda, finché la mia pilota di quella sera arriva e si ferma davanti a me per farmi salire.

Neanche a farlo apposta, appena partiamo la pioggerella ghiacciata si trasforma gradualmente in candidi fiocchi; la neve ci accompagna per non più di dieci minuti lungo gli alberati viali di circonvallazione del capoluogo meneghino, fino a scomparire a destinazione quasi raggiunta; quello che non è scomparso, però, è il fastidioso freddo umido tipico della Val Padana. Ma in fondo non importava, c'era un emozionante concerto che ci aspettava al Blue Note, oltretutto, come avremmo scoperto qualche minuto più tardi, in diretta su Radio Montecarlo per alcune sue parti.

Un presentatore d'eccezione, Nick The Nightfly, sale sul palco ed annuncia l'imminente entrata in scena degli Incognito, storica formazione del panorama acid-jazz internazionale, più e più volte rimaneggiata nei suoi densi e girovaghi trentatrè anni di storia, tanto che, del gruppo iniziale, solo il leader Bluey è rimasto a tener fede al nome ed allo spirito (e che spirito!) della band. Bastano le prime note e tutto il mondo esterno si eclissa e l'attenzione si concentra in quei pochi metri quadri coperti di talento musicale allo stato puro.

Seguono un'ora e mezza di suoni e ritmi estremamente coinvolgenti, al limite dell'ipnotico, col corpo che segue automaticamente le vibrazioni magistralmente amplificate dal setup fonico del locale, non a caso ritenuto il più rinomato del suo genere in Italia; un'ora e mezza di melodie mai banali e mai vecchie, che mai avrei voluto finissero.

Quei suoni, quei ritmi e quelle melodie, per noi, sono finite lì, in quella magica serata. Ora però ci sono altri suoni, altri ritmi ed altre melodie che iniziano timidamente ad infiltrarsi nella mia vita ed a colorarla nuovamente di tutte quelle sfumature policrome che solo la musica riesce a regalarmi.

E forse è solo il sintomo di una vita che non aspettava altro che questo per riprende a sorridere, con la speranza che quest'attesa, ora, possa venir armoniosamente ripagata...

giovedì 17 gennaio 2013

Per un altro minuto ancora


Una volta ero un pilota. Di quelli bravi, di quelli che andavano come le mine ma in fondo ci arrivavano poco.
Avevo tante cose da fare, e non credevo nelle favole.
Esatto, non credevo nelle favole e forse stavo meglio, nascosto dietro a quella "maschera di ferro" le cui conseguenze subisco ancora oggi, a volte.

Ho smesso di correre da tempo. Vado sempre forte, per carità, sarei uno di quelli che col cervello da trentunenne vincerebbe.
Ma ho iniziato a credere nelle favole, nell'amore vero, in quello che permea ogni fibra e che ti fa capire che se siamo scesi su questa Terra esiste un motivo, esiste una ragione.
Sono partito, da eroe delle due regioni.
Sono partito, come un cavaliere armato di una macchina rossa e quattro gomme termiche, nel  giorno in cui si scatenava il finimondo della neve.
Poco importa, l'amore, per me, abbatte ogni barriera.
Forse anche la mia credulonìa nelle favole a lieto fine mi dà la forza di lottare contro gli eventi atmosferici, contro tutte le convinzioni e i pronostici sfavorevoli.
E si va, quando tutti sono allo scuro.
Ne nasce una serata stupenda, spontanea, magica. Roba che atterri alle 19:20 in un posto lontano e le 2:20 arrivano come i razzi e nel mezzo avviene di tutto.
Compreso il più bello degli abbracci che ho ricevuto. E in quell'attimo ho riprovato quella strana sensazione che si chiama felicità.
Sensazione che avevo del tutto dimenticato.
Era effimera: sarebbe finita lì e ne ero conscio. Non dovevo farmi illusioni, nonostante tutto.
Ma questa era o forse è ancora la nostra favola, breve o lunga che sia o sia stata, e nessuno poteva o, con presunzione, può entrarci e fare i suoi comodi.

Probabilmente certe favole finiscono, o meglio si evolvono e prendono la strada che compete loro naturalmente.
Forse è il terribile destino che ha una favola bella quello di finire, di trascinarsi per troppo tempo e chissà come o chissà quando, magari ci ritroveremo.
Ma io sono il solito che ci crede, fino in fondo e addirittura oltre  e che si dà anima e corpo, venendo troppo spesso incompreso.
Sono il solito che paga i conti e prepara la strada agli altri.

Ma ora non svegliatemi da questo sogno illusorio, effimero ma terribilemente bello.
Non svegliatemi, vi prego. Non fatelo, per un altro minuto ancora.

mercoledì 16 gennaio 2013

Dove arriva la neve

Mi siedo, chiudo gli occhi, mi abbandono ad un sorriso; ci sono i Maroon 5 in sottofondo con Just a Feeling, c'è un po' di stanchezza a farmi compagnia, ma sono tranquillo e rilassato, lascio riavvolgere i pensieri, le immagini e le memorie del fine settimana appena trascorso e li faccio scorrere nuovamente in avanti.


Metti che anche questa volta io sia il passeggero e che si parta su un fuoristrada bianco; metti che il navigatore voglia farci andare per una strada sterrata, di sera, al buio, dopo decine di chilometri in mezzo al nulla; metti che giungiamo a destinazione prima di tutti e l'accoglienza, per quanto particolarmente inusuale, sia molto calorosa. Metti che poco dopo arrivino i primi compagni di avventura e ti portino a mangiare tigelle in un bar nel centro del piccolo paese che ci ospitava.

Capita così che quello che doveva essere semplicemente un allegro weekend in compagnia si sia trasformato in una delle più belle esperienze mai vissute tra amici Leo; ed una dopo l'altra, una lunga serie di memorie si sono via via accumulate.

I chupiti infuocati e shakerati... le carte da gioco autoprodotte... il cielo sopra le nuvole la mattina... la salita alla rocca ed il panorama da lassù... l'abbraccio con gli amici più cari... la polenta e capriolo... la sauna in compagnia di chi di strada ne ha percorsa poco più di metà della mia... il pre-aperitivo con le foto alla rocca... la musica dal vivo... il microfono che mi è arrivato in mano e la pazza e simpatica collega di quel set canoro... il bagno notturno... i massaggi silenziosi... il pranzo semplice tutti insieme... la neve improvvisa che ha affrettato il rientro con un nuovo amico...

Certo, c'è la consapevolezza che proprio l'unicità dell'insieme di tutte queste cose abbia reso quelle 48 ore così speciali e quasi sicuramente irripetibili. Certo, vorrei tornare lì con quei fantastici compagni di viaggio il prima possibile. Certo, so che non avverrà. Certo, però, le amicizie e le memorie restano, così come il sorriso quando queste ultime riemergono a tratti tra i pensieri.

lunedì 14 gennaio 2013

Sarebbe bello (post ripetitivo)


Sarebbe bello se tutta questa serenità che mi porto dentro non svanisse.
Sarebbe bello se tutti i fine settimana fossero come l'ultimo trascorso.
Sarebbe bello che l'Eroica Mito prendesse la via di un compratore.
Sarebbe bello per me riprendere a parlare, anche se mi riprometto di smettere, in via egoistica, di qualcosa che mi ha permeato così tanto da portarmi a sorridere ancora ripensando ai momenti belli.
Sarebbe bello ancora poter sperare come non faccio oggi, ma se mi capita di pensarci scendo ancora con i piedi per terra e con l'umore sottoterra.
Sarebbe bello di nuovo pensare alle gioie, alle partenze, alle nuove e vecchie risate, a quello che uno ha davanti.
Sarebbe bello viaggiare senza limiti ma con un percorso ben preciso e magari la testa nel vento.

Tutto quello che sarebbe bello non lo è perché non lo posso dividere.
Sarebbe bello se la divisione avvenisse con chi so io.
Sarebbe bello, sicuramente, il nostro primo bacio dopo tanto tempo, quello con la calma di chi vuole assaporare ogni istante con la persona che gli è mancata come l'aria per mesi.
Sarebbe bello, oh, se sarebbe bello.
Ma non è reale, non ancora. 

domenica 13 gennaio 2013

One year later (c'è un senso di te)


Ci sono fine settimana che nascono senza aspettative, ma si evolvono e diventano qualcosa di speciale, di particolare. 
Nascono quando parti da Firenze e vai a Sestola, sull'Appennino. Come un anno fa, a dire il vero. Quest'anno la location della Distrettuale è migliore, molto migliore. La compagnia è fantastica, il Distretto TB è ottimo nei Leo.
Il fine settimana prosegue sulla SS64 Porrettana, dove faccio sfoggio delle doti di pilota.
Finisce sulla stessa strada coperta di neve, da cui esco in modo magistrale da 40km di inferno vero e proprio. 
Bimbette come l'anno scorso che dicono a me e al mio grande fratello padovano che a 30 anni si deve stare a casa a badare ai figli. 
Certo, come no.  
Nel mezzo c'è una serie di canzoni, due dei Guns 'n'roses, una di Elisa.
Guest star. Canto. Ancora, dopo 14 anni. 
E ancora so parlare, so mettermi in gioco e so piacere. Ma è una pantomima che non voglio, che non amo.
E qui viene in considerazione il duetto con la mitica Antonella.
C'è pure il video su Facebook, mi viene da ridere al solo pensiero.
In ogni caso, cantavo
Eppure sentire
Nei fiori tra l'asfalto
Nei cieli di cobalto - c'è

Eppure sentire
Nei sogni in fondo a un pianto
Nei giorni di silenzio - c'è

Un senso di te
C'era un senso di te sempre e comunque nella Distrettuale di Sestola, dove eri l'anno scorso. Guardavo il castello di Sestola, che fotografammo insieme.
C'è un senso di te in ogni cosa.
Il dolore è lenito dal fatto che dichiaro a me stesso che non posso più mostrarti il mondo nuovo nei miei occhi.
Ed è così.
Meno male ci sono gli amici, quelli veri, quelli che si fidano di uno che infila per 40km a velocità altissima una macchina rossa con cerchi enormi e gomme da pista nella neve, o che sopportano le solite fisime sul nordest. 
Queste sono le cose che contano.
Ma mi manchi, oh se mi manchi. 
Let me show you the world in my eyes

venerdì 11 gennaio 2013

Gentlemen, start your engines


Macchina lavata. Cera data. Pare l'incipit del mio romanzo ed in effetti lo è. C'è la Mito rossa, anche lì, molto simile a lei. Se non uguale. Forse hanno pure la stessa targa.
Insomma, sono gemelle. Pure il protagonista è gemello del sottoscritto, pure con la stessa professione.
Solo che qui ho un navigatore e anche una zavorra, un bel carico di emozioni. E una storia finita, in effetti, che nego a me stesso: vero Diletta? 
Si va a Sestola, dove l'anno scorso ci giocavamo (peraltro molto bene) l'inizio, il primo ritardo e spavento degno di un ETR di Trenitalia. Ovviamente, quest'anno sono terribilmente in anticipo.
E non mi ricordo nemmeno che cosa ho combinato ieri.
Non riesco a capire come mai non posso fare a meno di ricordare, ancorché io tenti di dimenticare i ricordi belli mi tirano uno schiaffo.
Di notte sogno, troppo. Ma almeno ho lo Zetaquattro nel sogno ricorrente. Badiamo sia la volta buona, almeno per la macchina nova.
Statale Porrettana, modalità rally advanced.
Le Pzero Corsa sono effettivamente affaticate. 
Sembra quasi che io stia per correre una corsa a Daytona Usa, grande gioco, dove però non posso sbattere nessuno contro  il muro facendo fare un mega cappottamento.
Sembra quasi un rally che tanto mi manca seguire, sembra quasi che stiamo per attaccare i punti di corda delle curve difficili senza una minima ragione. E forse è così.
Azzero i bassi desideri che hanno una serie di precise protagonise, appoggiando le gomme sulla zanella e la navigatrice che come sempre, con fiducia cieca dice: mi fido Andre. Certo, come no. 
Prima o poi ci rimettiamo le penne se si pigia in questa maniera.
Non ha senso.
Nulla ha senso.
Si parte, ovviamente. Si parte ancora.
Si parte alla ricerca del pensiero positivo, su in montagna. Si parte, si ama. 
Evviva l'amore. Magari fosse corrisposto. 
Per quanto io possa forzarmi, ci riesco male.
Non vorrei a dire il vero forzarmi più: ma non deve essere unliaterale.
Citando Alessandro Muratori, si parte carichi di speranze, ma si arriva vuoti al capolinea.

giovedì 10 gennaio 2013

La lunga attesa


Allora ho capito male.
Bella frase, in effetti. In Sociologia del Diritto la definirebbero un concetto valvola che fornisce al Giudice l'arbitrio di decidere quel che vuole.
Il giudice non sono io, e come avvocato di me stesso in effetti non mi sto comportando bene. La durezza magari dice la verità...ma la dolcezza prospetta una realtà diversa.
Probabilmente ho capito male diverse  volte nella vita. 
Alle volte capivo male i punti di staccata in circuito al primo giro.
Ma dal secondo in poi tutto bene
Avevo capito male quando pensavo ne valesse la pena, di lottare col coltellone tra i denti come i pirati all'arrembaggio per passare 2 ore con una persona recalcitrante.
Avevo capito male quando ci speravo ancora in un rientro in grande stile della persona amata.
Avevo capito male quando pensavo ad un ritorno spontaneo, come avvenuto già in altre occasioni.
Se fosse così, allora deliberatamente continuerò a capire male. Per sempre.
E allora inizia la lunga attesa, quella di una persona che sa bene che l'altra non tornerò presto. Ci vorrà del tempo, dovrò lasciarla andare, come peraltro ho già fatto.
Se e quando tornerò sarà per sempre mia. Anche perché sarò cambiato.
Ma varrà comunque la pena di aver tentato, anche se uno esce sconfitto.
Evviva la lunga attesa.
E' bello avere qualcuno da attendere.
Forse è più bello avere qualcuno che ci attende.
La lunga attesa è iniziata: quello che ci sarà nel mezzo saranno solo momentanee interruzioni.
Ma senza speranza, saremmo solo sassi.

mercoledì 9 gennaio 2013

On the move


Ogni volta che succede qualcosa mi riprometto di cambiare qualcosa. Parto sempre dalle spending review: sono sempre stato un grande spendaccione, in effetti. Non mi sono mai privato di niente, a partire dai viaggetti, dalla macchina carina, dai vestitini (recentemente vituperati), ai cellulari ecc.
Ho sempre guadagnato bene, parecchio bene.
Stavolta mi ero ripromesso di spender meno e comprare la macchina.
Ovviamente la macchina, a causa di impedimenti, non l'ho ancora comprata.
E ovviamente non si risparmia.
Infatti si va a Sestola, un anno dopo.
Ho preparato tutto: musica, abiti seri, tante volte ci si desse una parvenza di decenza.
La compagna di viaggio sarà una donna diversa che ha un ruolo diverso accanto a me, fortunatamente. La solita Diletta, vera amica.
Tuttavia, la regina del cuore è sempre chi me lo strappò via oltre un anno fa, anche se non indossa né lo scettro, né la corona, né tanto meno qualcosa somigliante a un regalo coordinato dalla storia molto travagliata che le feci a suo tempo. Povero gufo, nato male e finito peggio con tanto di parente stretto attaccato al collo.
Eh vabbè, la vita va avanti in modo semi ironico. Ci si ride anche, alle volte, con battute aventi ad oggetto la mia totale incompatibilità con i rapporti duraturi.

Probabilmente, la Statale Porrettana, in arte SS64, esaltante strada dove corrono il Rally dell'Appennino Pistoiese, non avrà lo stesso sapore dell'anno scorso.
Sicuramente non ci sono nemmeno Federico e Giacomo, e meno male c'è Francesco che mi tollera (penso ancora per poco) nella reiterazione costante di discorsi del cavolo.
Non ricordo più nemmeno che città era quella dove era sita la pasticceria tanto buona dell'anno scorso.
Che buon sapore avevano quelle pastine, e quella macchina del caffè posticcia piazzata alla sinistra della stanza aveva un che di magico.
Il caffè in realtà era disgustoso.
Ma quando ami, e soprattutto sei amato, la vita assume tutt'altro sapore, e anche colore.
Le persone felici lo sanno.
Purtroppo, per quanto possa mangiare i dolcini nel solito posto, a me tocca accontentarmi del ricordo di quello che era.
Lo farò.

Metti e togli (un sogno)


Metti una strada: quella lunga, che inizi a fare sin troppo spesso, costellata da nebbie costanti...eppure sei in Toscana.
Metti la tua macchina, quella silenziosa ma cattiva, quella che ti ha portato dovunque in Italia al ritmo di chissà quali colonne sonore allucinanti.
Togli, adesso, i pensieri che avvolgono troppo la tua mente.
Metti un sogno, uno di quelli strani.
Di quelli senza pensieri. 
Di quelli assurdi. 
Metti la stessa macchina, quella rossa. 
Metti la strada diversa, ma conosciuta.
Metti due occhi che ti aspettano. Metti che ti fermi e qualcuno con voce conosciuta ti dice "...ce ne hai messo di tempo ad arrivare, sono mesi che ti aspetto....".
Metti che la verve giullaresca non ti abbandona nemmeno in sogno e rispondi "...eh, scusami ho trovato traffico...".
Metti un bacio.
Metti che saresti andato anche sulla Luna a piedi per riprendertela. 
Togli, adesso, il sogno e torna alla realtà.
Avanza un silenzio, un piacevole silenzio.
Metti che il sogno pareva terribilmente reale. 
Metti che sono le 7:00 e devi andare.
Metti che non succederà, forse.
E non c'è niente da togliere. Ma sognare è bello.

martedì 8 gennaio 2013

Hey You

Un sabato invernale caldo, camminiamo, come sempre da soli, io ed i miei muri; quei muri che mi costruisco e che mi fanno sentire intrappolato nella mia stessa vita. Forse non erano abbastanza i cambiamenti, o forse c'è qualcos'altro che non riesco ad accettare. Certo è che attorno a questi muri ci metto un bel po' di carta da parati e provo a mascherarli, mimetizzarli, dietro i soliti vuoti sorrisi di circostanza.


Come nella grande tradizione pinkfloydiana lascio aggiungere i mattoni a questo muro, uno ad uno, alle persone stesse con cui interagisco, lasciandole allontanare, lasciandomi influenzare e guidare in mondi irreali, lontani da me, dove l'introversione non ha spazio. Ed ogni passo verso quei mondi è una piccola ricaduta in quest'ultimo anno e più di inutili e sciocche sofferenze, di finte scoperte, di immaginarmi ciò che non sono e di strade sbagliate.

Sì, in fondo devo sbagliare, devo farlo ancora molto; o almeno di tale avviso sono diversi dei miei aforismi preferiti. Devo comunque ripartire dalla considerazione che non è possibile mettere un punto fermo, capire che mi muovo su un terreno instabile, capire che i muri vanno scalati, cercando gli appigli, magari da un confronto one-to-one o una networking breakfast per affacciarsi su una possibile strada futura, per quanto ancora in veste più onirica che reale.

...non deve avverarsi quanto Waters scriveva...

But it was only fantasy.
The wall was too high,
As you can see.
No matter how he tried,
He could not break free.
And the worms ate into his brain.

A tratti, il sereno (criptico e breve)



Guardo fuori, il tempo è grigio, di norma. Per carità, è gennaio di un nuovo anno ed è del tutto normale che sia così.
Ci si fa anche l'abitudine al grigiume limaccioso delle giornate di gennaio. 
Ma a tratti capita che il grigio si rischiari sotto i colpi di qualcosa di inaspettato che arriva quando ceni a colpi di coniglio ripieno e di patate arrosto.
Arriva qualcosa, un segno, che ti fa capire la verità, quella che speravi fosse reale e che per mesi avevi negato a te stesso o ti era stata negata.
Ed è bello, molto bello, sapere che la tua nave che ha ripreso il largo, per qualche minuto è andata di nuovo con 2 motori invece di uno, perché secondo si è riacceso spontaneamente, senza premere alcun tasto né girare la chiave.
Perché non c'è niente di più bello che pensare a quella persona. Niente. 
Mi ha fatto capire che c'è la complicità, che c'era qualcosa di bello che mai verrà quantomeno dimenticato.
E i neuroni rientrano nello sciopero che li contraddistingueva quando ti avevo accanto. 
Eh sì, nei miracoli ci credo ancora.

lunedì 7 gennaio 2013

Sensazioni



Non ho mai pensato male, negli ultimi 2 mesi. Forse mezza volta, ma è un gigante passo avanti, del tutto ignorato da chi dovrebbe aver voglia di vedere il cambiamento.
Mica sono tutti dei fuscelli e delle canne al vento come me, quando perdono i giocattoli. 
Comunque non è cambiato niente nelle intenzioni altrui. Giustamente ha deciso, e una persona razionale, quando decide, non torna indietro tanto facilmente.
E ora?
Ora ci sono contatti rifuggiti a velocità astronomica, con altre donne, navi disincagliate che viaggiano ad andatura ridotta e beccheggiano parecchio, desideri anche piuttosto inconfessabili che di colpo si risvegliano, i ricordi di viaggi dell'anno scorso (ah, cavolo, un anno fa preciso ero alle terme di Merano, bella roba), le frenate bruschissime nei tratti nebbiosi, la guida distratta, e una precisa sensazione che non riesco a scacciare.
Non sto parlando delle sensazione di qualcuno che si riaccoppia col proprio passato.
Anzi, se lo facesse forse sarebbe la fine di tutto questo vortice, il degno coronamento di qualcosa per cui, alla fine potrò dire avevo ragione.
La ragione è dei coglioni, ci rientro a pieno nella categoria.

E' una cosa molto più limitata ed embrionale: ho la terribile sensazione che lei non sia corrisposta e che per qualcuno ci sia sempre e comunque (quando sono stato relegato all'ultimo posto) e che non sia nemmeno possibile raggiungere tale livello di intensità sentimentale per me nella vita di qualcuno.
Più volte mi è capitato di perdere contro persone tecnicamente inferiori ma che magari costituivano il massimo per chi avevi prima accanto tu, piccolo eroe di provincia acclamato dalle folle di giovani colligiani e non.

Si perde, per carità. Io ne ho vasta esperienza, anche perché mi sono sempre costretto a correre "in rimonta".
E' come se la Panda ad andatura regolare avesse perso contro la Gran Cabrio che rincorreva km dietro. 
Ognuno quando vede o immagina la propria ex fidanzata con uno se lo domanda come faccia a starci, in un impeto di ricerca smodata dei difetti altrui.
E' normale, e quanto mai doveroso.
Devo dire però che questa sensazione non è così pressante, dopo la Missione ultima.
Certo, si è distrutto il tasso di infallibilità della Missione, quella che presupponeva una ripresa delle speranze. Non definirei l'ultima Missione un fallimento: la definirei utile al sottoscritto e basta. Utile alla svolta.
Quello che so io sull'amore è che se si pensa a una persona, la si ricerca....qualcosa c'è.
Magari ho capito male, essendo scevro e del tutto avulso da strani giochi. Ma io stavolta non rincorro. Mi rimetto in gioco, ma non rincorro.
La Missione del 29 dicembre è stata l'ultima. E così sarà.
Si cambia, anche se la nave va ad andatura ridotta.
Si cambia rotta, come sempre.
Lo dico sin troppo spesso e invece sono sempre lì, che a parole urlo Oh ragazzi ma chi se ne frega, full steam ahead, e nei fatti non attendo che una telefonata, la famosa buonanotte, oppure, e questo sarebbe ancora meglio, un nuovo faro che mi illumina la lenta ed estenuante navigazione.
Mi ero illuso di aver trovato pure quello, un instant classic delle mie fasi post traumatiche.
Per un attimo sono stato mosso dalla voglia di fiondarmi a capofitto in un corteggiamento sfrenato, che sarebbe stato fine a se stesso.
E allora tiro i remi in barca e proseguo lento, lentissimo, in attesa di quella frase dirimente e bella.
Un sono innamorata o, magari, sono innamorato io. Oppure della buonanotte e della voglia di sentirsi (sogna, vai, cretino).

domenica 6 gennaio 2013

Borderline (befana col botto)

SS73, 110km/h. Attraverso il confine tra le Provincie di Siena e Arezzo, a coltivare le mie splendide e dolci bugie fatte di una millantata spending review dei carburanti, di una nuova vita chissà dove, di un cellulare guardato meno.
Per ora questi propositi, carburanti a parte, sono stati stranamente rispettati.

Scendo da Lucignano, dopo la serata mangereccia, immerso in una nebbia allucinante. 40 metri di visibilità, 110km/h, dietro il ponticino, dove a 130 si salta, c'è una fila ferma. Fumo, vapore, 20 minuti
I protagonisti sono la Befana e il botto, sulla 73 di Ponente, quando l'umidità mi ha appioppato un mal di gola tendente verso il cronico e una voce degna dei migliori transessuali brasiliani.
Eh vabbè, due si sono tamponati in questa zona con visibilità 50m. Cara Freccia della Valdichiana, passi la vita a recuperare ritardi, a recuperar casini combinati, uno più uno meno cambia poco.
Si riparte: i due incidentati delle 2 di notte dell'Epifania stanno bene.
Dopo Candy Dulfer, i Savage Garden con To the Moon and Back suonano con la loro costante e continua bravura, accompagnando la ripartenza da questo intoppo, mentre Diletta scrive un messaggio "sto sveglia ad aspettare che tu arrivi", degno delle migliori persone che ho avuto accanto nella vita.
Degnissimo di un'amica vera.
La colonna sonora dei Savage Garden era quella che, un anno preciso fa, manco a farla apposta, accompagnò un degnissimo viaggio in Alto Adige.
Ci ripenso, a dei flash di quel periodo, ben precisi, mentre tolgo la quinta a 4500 giri, e metto la sesta con una spinta bestiale, a fendere la coltre chiara fino al curvone, al cartello Rigomagno, allungando terribilmente la fase del rientro da un sorpasso.
Penso a quello come il momento più felice della mia vita in assoluto, quei 3 giorni magici e sereni in cui ero invincibile.
So che quella lì è la felicità da ricercare. Ne sono certo.
Eh vabbè Andrea, tanto ormai appare impossibile che ritornino quei giorni, e allora dentro la sesta ancora una volta e via, piede in fondo.
Arrivo ad una velocità a dir poco improponibile al curvone: l'Eroica mito per un attimo sottosterza, poi si ricompone tranquillamente, e mi godo il sound del 4 cilindri che non vuol saperne di smettere di spingere.
Tuttavia, non mi abbandona una sensazione di equilibri che si stanno ripristinando lassù.
Forse hanno ragione loro, in effetti: codardo non è chi si accontenta ma è chi con quel poco che può avere è felice. Non io, che non mi accontento mai. 
Buona festa alle befane.

sabato 5 gennaio 2013

Remare contro (meet me halfway)


Più di due mesi fa sono stato abbandonato, ormai lo sanno tutti i lettori. Responsabilità prevalentemente mia, per carità. Non nego di esserci stato parecchio male.
Non tutti i mali vengono per nuocere.

In questo periodo di abbandono, so bene chi mi ha remato contro e so bene il peso che tutto questo ha avuto nella nostra storia, nel mancato sblocco di una persona che avrebbe dovuto riaprirsi di nuovo, riprendere il largo sulla nostra nave.
Hanno remato contro in diversi, pure alcuni che credevo vicini.
Ma la verità è che mi sono remato contro da solo.
I fratelli no, hanno dato pareri oggettivi e non posso che ringraziarli. 
Tant'è che, magari me lo sono meritato, tutti questi rematori hanno fatto incagliare la nave che ormai aveva il motore spento. Ma insomma, s'è spento a causa mia, via, siamo sinceri.
Era incagliata questa nave, con il comandante non più in grado di riaccendere niente e ridare forza propulsiva allo scafo per uscire dal fondale sabbioso.
Sarebbe stato così facile in effetti, ma non sempre le cose vanno come vogliamo.
Ogni giorno era come cantavano i Keane:
It's just another day, nothing in my way
I don't wanna go, I don't wanna stay
So there's nothing left to say?
And why d'you lie
When you wanna die, when you hurt inside
Don't know what you lie for anyway
Now there's nothing left to say

Ma ora è diverso. Il comandante è risalito a bordo. Senza che nessuno gli sia venuto incontro a mezza strada.
Si è fatto coraggio e si è ricordato come riaccendere i motori.
L'ha fatto da solo. 
La nave si è magicamente rianimata. Le luci si sono riaccese. Il comandante ci crede, nonostante le esitazioni, e con un colpo di manetta in fondo all'unico motore superstite tenta di smuoverla.
La nave si è disincagliata da sola, anche se con difficoltà. 
Se ne è acceso uno su 2 di motori, giustamente. 
Tuttavia è sufficente a farla muovere verso il largo, anche se ad andatura ridotta. Perché a metà mare aperto ci sono scogli affioranti ma la rotta ormai è tracciata. 
Il Comandante vuole uscire da questa secca e prendere il largo di nuovo. Prima o poi quel secondo motore, fermo e spento, lo cambierà con uno nuovo, forse uguale all'altro.
O forse si riaccenderà, ma  non subito. Chissà.
Magari ci sarà il non ti lascio più andare, che viene a dirimere ogni controversia.
Rido, perché sono uno con un carattere caparbio, forse.
Forse, anche opponendo metà della forza della nave alle correnti, con un buon pilotaggio riprenderemo il largo. 
Forse.

venerdì 4 gennaio 2013

Una mano di vernice

Italo Bologna-Milano, 300km/h, seconda classe questa volta, scoprendo che il tavolino di metà vagone non è per niente comodo per il posto sul corridoio (la prossima volta che non trovo un'offerta in prima classe meglio scegliere un posto in una fila senza tavolino - praticamente tutte tranne le quattro centrali); torno alla mia città adottiva dopo tre giorni introspettivi di separazione tra presente e passato, di gruppi precostituiti e di realizzazione di differenze incolmabili, di solitudini reiterate, di amicizie consolidate e forti seppur ora meno vicine, così come altre recenti e contorte.

"There's no turning back, just leaving behind", frase da me coniata la notte di capodanno, risuona ancora nella testa. C'è ancora troppa confusione dentro, troppa nebbia che offusca i pensieri; l'unica soluzione possibile sembra veramente abbandonare pezzi di passato recente per riprovare a volare oltre le nuvole, anche se continuo ad aver paura che il motore non riesca ad affrontare la lunga ascesa.

Caratteri diversi, gruppi precostituiti incongruenti, bisogni divergenti... Perché soffermarsi su dolorose ed insolute questioni che sembrano tirar fuori lati di me che non mi piacciono? Perché non aver mai la forza di dare una risposta a tutte queste domande? Arriva, forse finalmente, la consapevolezza di essere una persona diversa alla ricerca di qualcosa di diverso.

Cerco il coraggio di abbandonare quei pensieri ripartendo dalle recenti melodie che hanno riempito di musica il finale scoppiettante di quel 2012 più enigmatico che mai; riparto da nuovi possibili incroci, da amici che sembrava dovessero allontanarsi e invece per fortuna restano vicini, da nuovi e pazzi compagni di viaggio, anche se con qualche generazione di differenza... riparto cercando di riprendere a vivere quei miei vent'anni che non ho vissuto.

giovedì 3 gennaio 2013

Tramonto multicolore

Milano, stazione di Rogoredo, binario 8, un Frecciarossa si ferma, fa salire e scendere i propri passeggeri e riparte, con il suo carico di storie non raccontate e di ignoti viaggiatori; non è il mio, io aspetto l'amaranto Italo per l'ennesima trasferta toscana. Ho una discreta dose di stanchezza addosso, ma c'è un persistente sorriso a far compagnia a quella stanchezza.


La stanchezza arriva da tre giorni felicemente movimentati vissuti appieno nell'ormai mia Milano; tre giorni colmi di sorrisi, di risate, di emozioni, di musica, di tramonti; tre giorni in compagnia di amici nuovi, divertenti e ritrovati; ma come è nato tutto ciò?

Prendi sette amici, cinque dei quali accomunati da una forte e radicata passione per la musica, due microfoni, due chitarre, una batteria ed un discreto numero di birre. Prendi gli stessi amici e chiudili una sera in un appartamento a cucinare una cena (solo apparentemente) light dopo una passeggiata per il centro, tienili a ridere e scherzare fino a notte fonda. Prendi nuovamente parte di quegli amici e portali ad un brunch tipicamente americano, ad apprezzare un tramonto spettacolare dalle terrazze del Duomo, alla mostra di Picasso e poi a cena con un'altra mezza dozzina di simpatici elementi.

E per fortuna c'è chi innesca piacevolmente queste carambole di eventi, chi riesce più o meno consapevolmente a muovere e concentrare amicizie e passioni, tramonti e risate; c'è chi, con un gesto gentile e quasi naturale, riporta un po' di serenità tra le nuvole.

Fuggire ai consigli sensati


Sono in ufficio, non so come mai, i miei pensieri si dirigono dove avevo promesso di non spedirli più. Ci vanno contro la mia volontà, come bambini capricciosi che dicono "no" alla maestra solo per il gusto di andar contro a qualcuno.
Penso a delle persone e mi viene in mente, non so come mai, la poesia Lentamente muore di Marta Medeiros, che tanti attribuiscono erroneamente a quel barbagianni furbacchione di Neruda.
Eccola:
Lentamente muore (Ode alla vita)


Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente
chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo
quando è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita,
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

Quante volte sono fuggito ai consigli sensati? Poche ma buone, venerdì scorso compreso. Ed è una cosa che adoro terribilmente. Sì perché il rischio è bello, prima di stabilizzarlo in qualcosa di ugualmente emozionante che si chiama amore. E ancor di più amore ritrovato.
E invece no: c'è chi muore lentamente e chi cerca di vivere velocemente, come me.
Traballo, terribilmente, dietro al cappotto grigio, alla sciarpa di Alpaca, ai nuovi Ray Ban nati da un'altra macumba che mi hanno fatto agli occhiali beige, sotto il peso delle ore di sonno arretrate, della terribile sveglia intra night che puntuale si appalesa alle 5:30 e che mi uccide lentamente giorno giorno.
Nonostante questo, gli occhiali neri, adesso, nascondono le profonde ferite e questo mi aiuta, quando mi dicono belloccio, affascinante e altri aggettivi che ritengo del tutto inutili e disarmanti, a rendermi conto di quale sia la priorità in questa vita.
Perché in fondo, lassù a nordest stavo bene e mi sentivo me stesso, non un personaggio oscuro e protagonista di un qualcosa che mai avrebbe sognato di vivere.
O forse è questo che voglio ricordare, in un impeto di positività. 
Oscuro, ecco la parola giusta.
E allora mi emoziono, forse anche forzatamente, e questo mio rimettermi in gioco, questo mio gettarmi a capofitto sempre in quello in cui credo, a partire dalla professione e dall'amore, magari mi porta ad uscire sconfitto. In caso di vittoria, però, c'è una grandissima soddisfazione.
Quella vittoria l'ho più volte rasentata, anzi, l'ho pure raggiunta. E forse, chissà quando i tempi saranno maturi per qualuno, la vittoria arriverà.
In ogni caso, si prosegue. Ma mai e dico mai sarò schiavo dell'abitudine.
Seguiterò a fuggire ai consigli sensati.
The cowards die a thousand times, while the braves only one. 

The policy of truth


Autostrada A1, Orvieto, 110km/h. Il pullman procede, veloce, in netto anticipo sulla tabella di marcia, verso Siena, e verso il rientro dal capodanno.
C'è buio e ci sono le chiacchiere dei post precedenti. C'è una ferita il cui dolore, in quel preciso istante, non mi impediva alcunché. C'è anche una forza e una carica che questo 2013 mi costringe ad ostentare, tirando fuori, forse una delle parti peggiori di me.
Ho provato pure ad assumere il ruolo del bel tenebroso a Roma, ma non sono né bello, né tantomeno tenebroso, e allora sono diventato una macchietta simpatica e sorridente, cosa che forse mi compete di più.
Niente falsità, adesso.  Policy of truth, come cantano i Depeche Mode.
L'anno nuovo, comunque, è partito, con la solita macumba che qualcuno mi deve aver fatto alle gomme. Ho forato l'anteriore destra in piano.
Come un disperato grido il solito ritornello Full steam ahead, ed in effetti lo attuo anche, salvo poi ritrovarmi a indirizzare i pensieri dove mi ero ripromesso di non farli andare.  
Spending review al rialzo, mi viene da ridere al solo pensiero.
Con l'attività fisica, ora si comincia sul serio: ci voleva il 2013, l'abbandono e la singletudine terribile per farmi ripartire da me stesso, dallo star bene in tutti i sensi. 

Tuttavia, a tratti non riesco ad uscire da questo tunnel, anche se qualche volta vedo la luce. Ci sono momenti in cui la mia mente è sferzata da forti venti che vorrebbero una chiamata, una buonanotte, un qualche segno che la speranza c'è ancora e può esser coltivata. E solo per rispetto io non cerco né chiamo. 

Questi venti poi cambiano, in modo del tutto inaspettato, direzione. Mi vedo costretto a dire a me stesso che ci ho guadagnato (quando non è minimamente vero), che ho imparato una lezione (questo è vero), che tutto sarebe diverso. 
Sono parole che rimangono inascoltate perché filtrate da un muro bianco che si chiama paura, o mancanza di amore, ma alla fine il risultato non cambia: rimango impantanato nelle sabbie mobili, negli obiettivi che si avvicinano in modo inesorabile. 
Riusciro? Io credo di sì. Anche se la speranza, nonostante la bella pugnalata di venerdì scorso, è l'ultima a morire.
Love lies bleeding.

mercoledì 2 gennaio 2013

Propositi



Non sono solito fare propositi per l'anno nuovo. Sono solito pensare che il 31 dicembre sia una sera come un'altra, dove ci si diverte con amici e con la fidanzata (chi ce l'ha, ovviamente).
In effetti noi l'abbiamo fatto (ovviamente senza fidanzata), grazie alla compagnia stupenda, ai posti magici,e ai campionati  mondiali di stronzate sparate.
Il proposito principale che faccio è quello di smettere di attendere chi non mi vuole, di evitare di arrovellarmici sopra. L'amore rimane, ma con calma forse butteremo la fine del 2012 alle spalle, sostituendola con un 2013 che ha dei buoni e positivi presupposti.

Capita che carichi delle foto su FB e ti piovono una serie di messaggi che ti fanno sentire bello, interessante. Magari a torto, ma ringrazio chi mi sta vicino adesso, chi mi accoglie come un fratello.
Roma è magica, anche se degradata, molto degradata.
Ci sono dei monumenti da cui non te ne andresti...e poi non è così lontana. Gli amici la rendono speciale, in effetti.

E poi capita che sali sul pullman del ritorno, su cui non mettevi piede ormai da più di un anno e mezzo, dai tempi degli sgoccioli della travagliatissima storia con la bella mora maremmana.
Pure il modello di pullman è diverso. 
Lo chiamavo il pullman dell'introspezione, degli amori lontani...oggi no, è il pullman delle chiacchiere. 
Il comitato di saluti, quello che in modo del tutto analogo all'andata faceva il benvenuto e che non sa immaginarmi senza i Ray Ban è lì, sulla banchina del pullman, che tifa Andrea.
Lo tifa con l'amicizia che contraddistingue i periodi migliori, quelli passati insieme. Tifa per il raggiungimento della felicità che loro hanno, e la percepisco: stanno bene, sono sereni.
L'atmosfera è piovosa, ma è quella in cui il cervello che si libera dalla nebbia ti fa sentire di nuovo uno che vale, dopo che l'autostima me l'ero autodistrutta a suon di colpi autoinferti e di muri in cui ho sbattuto forte.
Uno sguardo, due parole, una risata mentre mettiamo nella pancia del pullman la valigia. 
2h e 35' di chiacchiere. Simpatia. Cortesia.
Il solito goffo tentativo di essere gentleman che viene fuori.
Chiacchiere. 
L'atmosfera è quella del rientro da una gita scolastica, in effetti.

Il pullman fa il suo ingresso trionfale a Siena, dove ho lasciato la mia Eroica Mito. Saluti, ciao, ci vediamo.
Certo, come no.
Sì, la luce la vedo. Il tunnel c'è, ma non è così buio. Si sono accese lampadine nella galleria. Il treno non c'è, non ci sono i binari. Ne usciamo, sì, oh, ne usciamo.
E buon 2013 a chi esce dal tunnel. Come me. 
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