giovedì 17 gennaio 2013

Per un altro minuto ancora


Una volta ero un pilota. Di quelli bravi, di quelli che andavano come le mine ma in fondo ci arrivavano poco.
Avevo tante cose da fare, e non credevo nelle favole.
Esatto, non credevo nelle favole e forse stavo meglio, nascosto dietro a quella "maschera di ferro" le cui conseguenze subisco ancora oggi, a volte.

Ho smesso di correre da tempo. Vado sempre forte, per carità, sarei uno di quelli che col cervello da trentunenne vincerebbe.
Ma ho iniziato a credere nelle favole, nell'amore vero, in quello che permea ogni fibra e che ti fa capire che se siamo scesi su questa Terra esiste un motivo, esiste una ragione.
Sono partito, da eroe delle due regioni.
Sono partito, come un cavaliere armato di una macchina rossa e quattro gomme termiche, nel  giorno in cui si scatenava il finimondo della neve.
Poco importa, l'amore, per me, abbatte ogni barriera.
Forse anche la mia credulonìa nelle favole a lieto fine mi dà la forza di lottare contro gli eventi atmosferici, contro tutte le convinzioni e i pronostici sfavorevoli.
E si va, quando tutti sono allo scuro.
Ne nasce una serata stupenda, spontanea, magica. Roba che atterri alle 19:20 in un posto lontano e le 2:20 arrivano come i razzi e nel mezzo avviene di tutto.
Compreso il più bello degli abbracci che ho ricevuto. E in quell'attimo ho riprovato quella strana sensazione che si chiama felicità.
Sensazione che avevo del tutto dimenticato.
Era effimera: sarebbe finita lì e ne ero conscio. Non dovevo farmi illusioni, nonostante tutto.
Ma questa era o forse è ancora la nostra favola, breve o lunga che sia o sia stata, e nessuno poteva o, con presunzione, può entrarci e fare i suoi comodi.

Probabilmente certe favole finiscono, o meglio si evolvono e prendono la strada che compete loro naturalmente.
Forse è il terribile destino che ha una favola bella quello di finire, di trascinarsi per troppo tempo e chissà come o chissà quando, magari ci ritroveremo.
Ma io sono il solito che ci crede, fino in fondo e addirittura oltre  e che si dà anima e corpo, venendo troppo spesso incompreso.
Sono il solito che paga i conti e prepara la strada agli altri.

Ma ora non svegliatemi da questo sogno illusorio, effimero ma terribilemente bello.
Non svegliatemi, vi prego. Non fatelo, per un altro minuto ancora.

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