giovedì 3 gennaio 2013

Fuggire ai consigli sensati


Sono in ufficio, non so come mai, i miei pensieri si dirigono dove avevo promesso di non spedirli più. Ci vanno contro la mia volontà, come bambini capricciosi che dicono "no" alla maestra solo per il gusto di andar contro a qualcuno.
Penso a delle persone e mi viene in mente, non so come mai, la poesia Lentamente muore di Marta Medeiros, che tanti attribuiscono erroneamente a quel barbagianni furbacchione di Neruda.
Eccola:
Lentamente muore (Ode alla vita)


Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente
chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo
quando è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita,
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.

Quante volte sono fuggito ai consigli sensati? Poche ma buone, venerdì scorso compreso. Ed è una cosa che adoro terribilmente. Sì perché il rischio è bello, prima di stabilizzarlo in qualcosa di ugualmente emozionante che si chiama amore. E ancor di più amore ritrovato.
E invece no: c'è chi muore lentamente e chi cerca di vivere velocemente, come me.
Traballo, terribilmente, dietro al cappotto grigio, alla sciarpa di Alpaca, ai nuovi Ray Ban nati da un'altra macumba che mi hanno fatto agli occhiali beige, sotto il peso delle ore di sonno arretrate, della terribile sveglia intra night che puntuale si appalesa alle 5:30 e che mi uccide lentamente giorno giorno.
Nonostante questo, gli occhiali neri, adesso, nascondono le profonde ferite e questo mi aiuta, quando mi dicono belloccio, affascinante e altri aggettivi che ritengo del tutto inutili e disarmanti, a rendermi conto di quale sia la priorità in questa vita.
Perché in fondo, lassù a nordest stavo bene e mi sentivo me stesso, non un personaggio oscuro e protagonista di un qualcosa che mai avrebbe sognato di vivere.
O forse è questo che voglio ricordare, in un impeto di positività. 
Oscuro, ecco la parola giusta.
E allora mi emoziono, forse anche forzatamente, e questo mio rimettermi in gioco, questo mio gettarmi a capofitto sempre in quello in cui credo, a partire dalla professione e dall'amore, magari mi porta ad uscire sconfitto. In caso di vittoria, però, c'è una grandissima soddisfazione.
Quella vittoria l'ho più volte rasentata, anzi, l'ho pure raggiunta. E forse, chissà quando i tempi saranno maturi per qualuno, la vittoria arriverà.
In ogni caso, si prosegue. Ma mai e dico mai sarò schiavo dell'abitudine.
Seguiterò a fuggire ai consigli sensati.
The cowards die a thousand times, while the braves only one. 

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