lunedì 29 aprile 2013

Tenga il "resto", Avvocato.


Bar Italia, ore 10. Fame terribile e devastante.
E' un giorno di sole come tanti, qui nella mia bella città toscana.
Ci sono 20 gradi, e i soliti disoccupati nullafacenti in piazza. 
Ordino: "Mi incarta il bombolone piccino e quello grande, per piacere?".
"Sono €1,80". Do 5€.
"Tenga il resto, Avvocato".
Eh già, il resto. 
Fosse solo una questione di resti di monete, sorriderei nei miei soliti occhiali da poco raddrizzati dopo un bel tonfo in terra.
Invece è un nuovo giorno del resto della mia vita. Chissà quando è iniziato questo "resto". Io nemmeno me ne ero accorto, spronato a credere ancora in qualcosa di vecchio e nuovo allo stesso tempo da chissà cosa e chissà chi, e forse ci credevo solo io. Anzi, sicuramente ci credevo solo io.
Assume connotati strani, questo nuovo giorno. Non c'è niente di particolare rispetto a prima in effetti.
Tanto per cambiare, i pensieri brutti, infondati, sono sempre presenti nel quotidiano. Sono quelli sfiduciati che portano a controllare ogni mossa, a tentare nel modo malato di triangolare gli ipotetici spostamenti altrui, a pensare le cose peggiori che nemmeno lontanamente avvengono.
O forse sì. Magari avvengono. Magari equilibri persi si ristabiliscono. 
Ops, questi pensieri mi instradano sulla via sbagliata.
Ecco tutto quello che devo evitare, servito su un piatto di argento, ben individuato. Ho appena scoperto cosa c'è di nuovo in questo "resto": ho capito cosa c'è da eliminare. Il "come" rimane ancora un mistero, ma prima o poi si staglierà all'orizzonte la soluzione. Spero più prima che poi, a dire il vero.
Devo stare zitto per questo, comunque. 
Responsabilità ne ho abbastanza, anche se dalla mia sono tranqullissimo per aver tentato come un disperato di rimettere ogni tessera al suo posto. E' nella mancata accettazione della mia persona (e forse anche da parte mia nei confronti dell'altra) che ogni speranza si è infranta, o per lo meno ci siamo accorti del fatto che sulle speranze infrante c'era la muffa da tempo ormai immemorabile.
Nell'ottima dimostrazione di razionalità mi sono trovato faccia a faccia con qualcosa di strettamente personale da risolvere, da ricostruire, da  rimettere in sesto, inteso come modo di pensare. 
Fa quasi paura la situazione, sinceramente. E' una paura che la speranzia sia andata via del tutto.
Alla fine, ciò che tiene in vita un sentimento è proprio quella benedetta parola di cui tanti si riempiono la bocca, cioè la speranza che lo stesso si concretizzi. 
Per la mia modesta esperienza è andata così. 
L'ultima volta lo sappiamo tutti come è andata. Stavolta ho le stesse gomme di quella tirata un po' pazza, anche se ora sono un tantino logore sull'anteriore, visto che ritardo sempre a cambiarle, ma prima o poi mi devo decidere a farlo.
A cambiare, ecco. Cambiare le gomme, la musica. Cambiare me stesso.
Come finirà tutto questo? Nel modo più semplice di tutti. Nel nulla, nonostante magari riesca a raggiungere gli obiettivi sperati.
Alla fine ho persino ignorato la voglia di normalità che dentro di me risiedeva, per tutto questo tempo. La voglia di quel famoso banale silenzioso abbraccio senza preamboli, senza parole di troppo (soprattutto mie), senza ruote di pavone, con tanta naturalezza, senza doversi conquistare ogni giorno con affanni e fatica immane ogni "goccia" dell'amore che ti cade addosso.
Eppure l'amore, quello genuino esiste. Non è solo nella foto altrui di Facebook, me lo ricordo in modo preciso.
Ma dov'è? Dove si trova? Lo so dove si trovava ma lì si chiama amore impossibile, esattamente come quello tra Sandy e Rolando in Acqua e Sapone (chi non conosce questo film si astenga dal chiederlo).
E' giusto così. Niente cuori che battono, fino a nuovo ordine, fino a che non sono uscito "ricostruito" dall'officina di questo cervellaccio che mi porta a scacciare chiunque si piazzi nella mia vita e ci vorrebbe pure stare.
Eh vabbè, questa è la priorità. Bel passettino avanti, direi.
In effetti capitano momenti in cui non ho voglia di sentire nessuno, né di parlare con nessuno.
Sbagliato.
Per converso, in altri momenti avrei bisogno di un ipertrofico bombardamento di messaggi d'amore, amicizia, pure di insulti. Basterebbe ci fosse qualcosa, qualcuno, pronto a scattare a ogni mio ordine. Ne fanno le spese le persone vicine a me, che non so come facciano a non mandarmi in un posto buio ogni giorno.
Sbagliato pure questo.
In medio stat virtus. Sì, ma qual è questo mezzo? Dov'è?
Ecco cosa devo precisamente trovare. Il mezzo. Il giusto contemperamento e autocontrollo, perché la fiducia che non ho è in primis in me stesso.
Mi sono tenuto il resto. A questo punto me lo gioco come devo. 
Resto in cerca, ma non in modo affannoso, di quella dolcezza che da troppi mesi ormai non percepisco, non sento, di quella sintonia anima e core che solo una volta ho sentito (e che giustamente ha fatto la valigia). Ma non dispero. Tutto è possibile. 
Fine dei pensieri, spazio al frivolo.
Le paste comunque erano buone e la crema dolce al punto giusto.
Almeno lei.

venerdì 26 aprile 2013

Tentativi


SS2 Cassia, 100km/h. Come dice Federico, questa macchina ha un bel rombo. L'ho sempre saputo, e apprezzo il complimento. Grande motore, grandi freni. La strada la conosco come le mie tasche, memore di tante galoppate molto divertenti notturne.
Gli spiego come, se le do "'invito", l'assetto da me rifatto la fa scodare come quasi una trazione posteriore.
Siamo amici, noi. Fratelli. Stanchi e lavoratori.
Lui ha qualcosa che non dice, che io so bene. Una mancanza negli occhi, il difetto di qualcuno accanto, a mascherare quello che non ha e che vorrebbe, con la sua sicurezza ostentata esattametne come la mia, ma del tutto inesistente. Forse peggio di me.

Flashback. Attimi. Parole dure. Nel frattempo, il viaggio prosegue e la lontananza si fa spazio in me. Fisica e forse anche morale. Anzi, più morale che fisica a dire il vero. 
Un buon profumo di cibo, una bella vista, un bel panorama si fan spazio all'esterno, sulla strada di Chiusure, delle crete senesi, della Fiera del carciofo. Ed ho tanta fame, non solo di cibo. Ho fame di abbracci che risolvono problemi in un secondo, di sorrisi, di cose semplici e non complicate, di non avere paura pure io di dire qualcosa, di non ricevere muri e brutte espressioni, di sentirmi quello che è davvero al centro.  
Forse non sarà mai così, non lo sarà nella congiunzione astrale che porta a vedere solo il negativo in una persona che ha innumerevoli lati buoni, e per converso mi porta a vedere solo il buono in chi manifesta quelli cattivi.

Ci riflettevo giorni fa, quando ero a Firenze. 
Guardavo il locale dove io ed un amico mangiavamo. La primavera tentava disperatamente di farsi spazio tra le autostrade chiuse quella sera, tra i percorsi alternativi, tra le mezz'ore di pioggia incessanti e battenti, tra la gente che a Firenze urla, tra le persone lontane che sono diventate vicinissime e che non vedo comunque, tra la malinconia che questa stagione promette.
Lo vedo: avrei voluto condividere qualcosa con qualcuno ben preciso, quella ventata di pazzia che sarebbe il partire da Colle senza remore né paure per visitare un posto nuovo, senza dover chiedere a mamma, babbo, nonna. Avrei voluto condividere quella vicinanza che puoi avere anche nel più stupido ed anonimo martedì sera d'inverno quando sei giù, e non puoi avere perché ti ostini a correre per troppi km, innamorato perso di chissà cosa, chissà chi, con chissà quali risultati.
Manca, forse, quella fisica vicinanza che ti porta intenderti con uno sguardo, e a non cercare sempre il pelo nell'uovo per mettere in croce una persona, senza che alle volte se lo meriti. 
Il conto di questa mia mania, di queste pantomime, di queste ruote di pavone assurde lo pago, sempre più salato, con me stesso. Ogni giorno. Oggi di più, forse.

Ma tu chi sei, Andrea? Questa fu una domanda che mi venne posta quando ancora avevo nella mia vita un cattivo odore di freni surriscaldati, parecchi soldi di meno ma qualche sogno da coltivare, qualche speranza e forse qualche energia in più di adesso.
Quella persona non mi parla quasi più oggi, ma è un'altra storia. Terra bruciata con ragione totale agli altri. Modalità mostro accesa. 
Quella domanda la ignorai, come molte altre cose in quel periodo. Se non l'avessi messa nel cantone, forse oggi una risposta mi sarebbe tornata utile.
Per carità, a parte rari casi, la gestisco la situazione. 
Non è detto che non soffra, però. Non voglio far preoccupare nessuno, nemmeno chi si ingegna nel guardare dentro dove io non voglio e ho la parte piàù recondita dei miei imbarazzanti segreti.
Non guardateci, per favore, voi che siete fuori e tanto volete gettare solo benzine ad alto numero di ottani sul fuoco acceso e farmi bruciare più forte.
Le voci del cuore io le ascolto, in modo netto e preciso. L'ingratitudine forse mi circonda, ma è tipica di questi tempi moderni in cui i valori vanno ai maiali feroci, in cui la gente guarda Uomini e Donne e non legge più Dante, Petrarca e il Guinizzelli. 

La strada corre. E con essa i pensieri del mio addormentato navigatore. Il movimento della sua testa china sembra quasi assecondare le traiettorie dell'ultimo tratto di superstrada.
La misuca è quella dei Police, Every little thing she does is magic. E' mia, solo mia. Come questo dolore, sempre più lancinante quanto invisibile, che mi porto dentro ogni giorno di più, e per quanto io possa tentare di mettere tutto a posto dentro e fuori di me ricevo solo muri in cambio.
La canzone è bella, anzi, lo sarebbe. 
Sarebbe una bella dichiarazione d'amore, ogni minuscola cosa che fa lei è magica. Lo sarebbe, ancora una volta. O forse lo sarebbe per la prima volta, che poi forse sarebbe la stessa cosa. 
La gestisco la situazione. Non traspare molto all'osservatore distratto. Anzi, forse niente.  
La gestisco da fuori, non da dentro. Ma lascio perdere, in fondo questo dolore che non viene visto da chi non mi guarda negli occhi è utile per capire ancora una volta.
Forse è colpa mia e basta. Forse resto indietro. Mi fa male vedere persone molto meno brillanti di me, che si accontentano e sono felici. Ho il brutto vizio, tuttavia, di non accontentarmi. E un brutto carattere.
Non piango più, ho esaurito ogni lacrima per questa mia surreale situazione. Ma il dolore fa sempre più male nelle notti insonni, nei giorni stanchi e dal sapore amaro. Però la gestisco, tranquillamente.

Via Nova, via di casa. Non meglio precisata velocità.
Come ho detto all'inizio, invito la Mito in ingresso curva. Lei scoda. Riprendo il sovrasterzo come se fosse tutto calcolato, da buon pilota quale sono.
Mi compiaccio per l'assetto perfetto. 
Da solo. 
Almeno in questa cosa, del tutto inutile, sono riuscito.
Ma io, alla fine, chi sono?


mercoledì 3 aprile 2013

Terre confuse


Caro viaggiatore, tu sai che ci sono terre che attraversi, nei tuoi viaggi più che altro immaginari per assenza di compagni. 
Attraversi Regioni con l'autostrada e con i treni, vivi momenti di evoluzione del tutto tuoi e personali, nel silenzio della vettura. 
Ci sono compagni di viaggio che ti stimolano in effetti. Ce ne sono altri che ti conferiscono una sicurezza tale da poterti lasciar andare ed aprire te stesso per dare la parte più recondita di te, quella in cui nessuno è entrato mai. 
Capita, a volte, di richiudersi a riccio, arroccati nella indistruttibile, a tratti confortevole, logorrea inutile, nelle parole che non servono, nelle  maschere che non sti incarnano proprio. Ti butti via, caro viaggiatore, ora fermo a pensare cosa e come fare per uscire da una certa impasse del tutto recuperabile.
Tu, viaggiatore, non lo provi alle volte un senso di freddo ingiustificato, un po' di solitudine quando sei circondato dalle persone, quando vorresti invece correre via e viaggiare?
Non ti senti mai avvolto da una spirale da cui non sai uscire? 
La risposta è sì, in modo indiscusso e indiscutibile: dovresti viaggiare con chi ti fa stare bene eppure lo rifiuti, in favore di chissà che percorso in cui i sapori amari fanno da padroni.  
Caro Viaggiatore, tu che puoi cammina, adesso, lontano da quello che fa male, da quello che sembra buono ma che ti condanna a una serie epica di sorrisi un po' strani, velati da una foschia sopra la quale senti passare gli aerei daegli altri. 
Viaggiatore, guarda per bene cosa hai sopra la tua testa e sotto il sedere, alle bambole di cera che sorpassi ogni volta che procedi e scappi da tutto quello che il bel mondo ovattato può offrirti.
Benvenuto in quella della confusione, della convinzione ostentata ma forse poco credibile e ben riscontrabile, del "non sapere cosa dire", delle navi che attraccano nei moli sbagliati.
Benvenuto, Viaggiatore confuso.

lunedì 1 aprile 2013

Farcela



Pasquetta, stranamente bel tempo. E' piovuto a bestia, tranne ieri verso Siena.  Francesco e Marina ci invitanto tutti a pranzo, in una splendida cornice che conosco. Montaione è una delle località che preferisco: ci si arriva con mezz'ora di esaltazione automobilistica, di punti di corda, di uscite di curva con il motore urlante, passeggeri sballottati e annessi & connessi della mia bella Mito che non se ne vuole andare.
E vabbè. Cucino la brace. Cucino tutto. Mi diverto e sorrido. Mi sento a casa.
Di colpo l'annuncio. 
Marina va a vivere a Bruxelles, per amore.
Che bello. Che cosa bella l'amore, che abbatte e distrugge ogni barriera. Altro che tratto appenninico dell'A1, qui si tratta di gettare la propria vita e ripartire da zero in un altro posto. Si tratta di porre la propria vita nelle mani della persona che ami, con massima fiducia.
Davvero, sono commosso per voi. C'è vento di novità ovunque.
Amici vi voglio bene, davvero. Non nego che tutto questo mi porta a vivere un po' di invidia. 
Mai come oggi, volere è potere. E da un lato questo fa male, perché mi rende consapevole che sinora nessuno mi ha amato per come sono e si è messo in gioco per me. 200km non sono tanto.
Speriamo nel futuro. Se non altro, io mi butto con tutto me stesso come sempre.
E' la verità: nessuno nella mia vita, salvo pochi esempi, si è rimesso in gioco totalmente con me, andando contro le proprie convinzioni, le proprie abitudini. Chi ho avuto accanto è sempre stata egoista, orientata alla propria vita.
Chi ti ama viene da te e questo fine settimana ne ho avuto l'ennesima conferma, da Marina e Francesco.
Sono forse un po' invidioso, perché mi sono spessissimo mosso io senza avere un feedback adeguato. Non ho autostima perché è stata demolita di recente, non capisco come mai qualcuno apprezzi come sono, è così strano.
Eppure, forse, ho qualcosa da dare pure io, e non sono le cene o altro. Avrei qualcosa da dividere. Staremo a vedere.
Mi prende una stranissima sensazione, quando la malinconia ti prende nel traffico e prolunghi le canzoni che te la stimolano invece di toccare quel tasto sul volante che le smorzerebbe all'istante.
Cosa vorrei? Semplicemente sentire quella voglia di divider tutto che non ho mai percepito, senza le paure di amici, genitori, problemi vari e abitudini varie. Voglia di vivere, e basta.
Ma perché non è mai stata così? Perché in 31 anni quasi 32 nessuno ha voluto buttarsi su di me e con me nell'avventura della vita e nessuno mi ha mai detto "ti amo e ti seguo"? A partire da viaggi e avventure, forse il problema sono io: do troppo e ci sono, mi modello su chi è accanto.
Il primo errore da smorzare forse è questo.
Uno spiraglio si vede, forse. E ne sono contento. Ma ancora non sento quello che credevo fosse evidente. Lo aspetterò e combatterò ancora.
E comunque basta volerlo. In due.
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