giovedì 30 giugno 2011

Summer breeze



Stasera c’è un vento particolare, un vento bugiardo, ingannevole. E’ quell’alito pungente che ti si attacca sulla pelle umida per il caldo di una giornata estiva finita.
Inavvertitamente ti senti piena di salmastro, come se quel vento venisse direttamente dal mare e portasse con sé leggeri cristalli salini rubati ad un’onda un po’ sbadata che nella sua spensieratezza si lascia trafugare della sua intima fragranza.

E’ quel vento che ti scompiglia i capelli senza annodarli, con un rispetto quasi nobile, quasi da uomo.

Nella momentanea estasi di quella frescura passi lenta una mano sul corpo; percepisci la setosità della pelle: appena bagnata, appena fresca in superficie, per niente viscosa. Ed allora capisci che quella brezza non era che un vento comune, di colline toscane, profumate e maliziose, quasi come donne.

Passata la sensazione di camminata lungo il molo, ti asciughi e riprendi il viaggio verso la meta giornaliera, conscia dell’illusione delle sensazioni passate.
Non c’è niente che inganni l’essere vivente più dei ricordi riesumati da sensazioni passeggere.
Quando tutto sembra così vero, uguale, reale, come poter cedere alla prepotenza di un mondo esterno sempre troppo poco vero ai nostri occhi?
Niente è più reale di quel che ci sembra, tanto che spesso siamo proprio noi a render vero ciò che crediamo tale. In una danza dove realtà e percezione si fondono nella loro eterogenea ed ossimorica sostanza, forse è proprio creder vero ciò che appare a garantirci una via d’uscita da un mondo sempre più estraniante, annichilente, lontano…

Correva l'anno 2006


Correva l'anno 2006, era estate. La fine di agosto. La Lancia Ypsilon diceva la sua, in modo ultraegregio, nel percorso Colle-Rosia, con partenza ogni mattina alle 7:20, arrivo alle 7:50/7:55 a seconda del traffico che trovavo a Gracciano, poi una bella scatenata a cavalli e cambio per il Pian dell'Olmino, e via verso la megaditta in cui da neolaureato, ancora scevro dal mondo forense civilistico in cui adesso sguazzo da anni, prestavo servizio come impiegato. Alle 16:30 mi sbatacchiavano fuori, la Lancia esprimeva nuovamente la sua opinione da macchina quasi nuova per tutta la strada, a partire dai curvoni della Pia, dalla Colonna di Montarrenti.
C'era un ragazzo di 25 anni appena compiuti, in quel 2006, laureato a pieni voti e già ricercato dai professori vari e la cosa mi dava quel non so che di esaltazione. Avevo la speranza di essere felice. Quel lavoro, ancorché interinale, iniziava a darmi la speranza di potermi distaccare da un mondo che sapeva di marcio e vecchio, che non mi andava più a genio, e che forse mi stava veramente stretto. Volevo libertà, indipendenza, da sotto i miei abiti scuri giudicati troppo eleganti dalle colleghe e venivo redarguito spesso per questo. Volevo prendere la macchina e raggiungere gli amici veri, che ancora non avevo inteso come tali. Non conoscevo l'amicizia, quella vera, quelli che ci sono nonostante tutto, nonostante la distanza. Non avevo ancora imparato cosa volesse dire "amare". Lo avrei imparato quattro anni dopo, rendendomi conto di quanto fosse forte e di quello che avevo perso.
Avevo una voglia immensa di scappare, partire per uccidere quella routine, quelle persone ammuffite accanto, di salire su quella macchinetta rossa bella e fiammante con ancora pochi chilometri percorsi, prendere un traghetto/aereo e dire a tanti "non chiamatemi".
C'era la speranza di un neolaureato che coltivava, annaffiava, faceva vivere e rinverdire, forti sogni professionali, forse un po' confusi come era giusto che fosse, ma con una determinazione così indistruttibile nel rendersi conto di doversi spogliare delle sofferenze che aveva.
C'era una famiglia che aveva dei problemi, che in tutti i modi tentavo di tenere per me.
Ma soprattutto, iniziavo, in quel caldo 2006, ad ammirare ed assaporare l'idea che dal nulla non viene nulla, del doversi costruire e della soddisfazione che c'era nel farlo senza chiedere aiuto a nessuno.
Seguirono anni bui, umidicci e limacciosi. Poi gli anni bui furono seguiti tempi stupendi, da febbraio 2010. Una iniezione di giovniezza, forza, amore, mi prese, quando ti conobbi. La speranza che avevo nel 2006 aveva quindi coinvolto un settore più importante, dandomi la forza di aspettarmi e costruire qualcosa di duraturo. Ma non sempre i sogni si realizzano. O non si realizzano nei tempi che vuoi, che poi è la stessa cosa. Non sempre le persone si trovano nel momento opportuno a condividere le stesse cose. E allora si prendono altre vie, forse meno impegnative. Ma io non ci riesco, adesso, a prendere queste vie, né a vivere senza coltivare questa speranza. Lo faccio per me stesso, per non lasciarmi morire in questo mondo che mi sembra sempre più morente anch'esso.
Non ci riesco proprio a concepire che non ci sei. Dovrò farlo, prima o poi, se non ti deciderai a vedere quanto sto soffrendo e da lì a capire quale potrebbe essere la soluzione per ridarmi e infondermi nuovamente fiducia.
Avevo tutto. Non nel 2006, ma nel 2010/2011. Ora, pur essendo cambiata la situazione, essendo un libero professionista piuttosto speranzoso sul piano lavorativo, non avendo te accanto, non sono felice.
Qualche soldarello non fa la felicità. Ho sempre più voglia di stare a casa da solo e di non mettere il naso fuori. E forse sbaglio a non reagire e ad attenderti.
Dovrei recuperare lo stato d'animo, infelice anch'esso, ma conscio che di lì a poco sarebbe cambiato qualcosa, che avevo in quell'estate.
Oppure, recuperare una nuova sensazione sulla pelle, una nuova strada, una nuova vita. Senza te al mio fianco.

Around the world: Genève EXPO 2010

Restando in tema di viaggi, oggi vorrei proporre una mia vecchia video-review, relativa al salone internazionale dell’auto di Ginevra, evento che come di certo saprete, rappresenta un’esposizione tematica prestigiosa in campo automobilistico a livello mondiale, con particolare interesse sul panorama europeo.


Grazie al web siamo tutti redattori, ma non solo, il materiale multimediale condiviso in rete è oramai all’apice di molte discussioni, tanto da considerarsi come una fonte alternativa (o parallela, se preferite) d’informazioni.

Vorrei dunque presentare un video filmato e montato dal sottoscritto, totalmente originale, che svela molti aspetti del salone “sfuggiti” alle telecamere dei media, che per motivi di tempi (e di Marketing, per quanto riguarda i canali tematici) si limitano spesso a fugaci servizi ed “improbabili” interviste a determinati “Big”, a cui francamente gli amanti del genere sembrano non prestare particolare interesse.

Quella del 2010 è stata un’edizione che ha stimolato particolare interesse (almeno per il sottoscritto); vorrei ricordare che è l’anno della presentazione del nuovo Duetto by Alfa, una vettura dal fascino unico e fuori da ogni schema, una di quelle macchine che non si incontrano facilmente per strada, una di quelle macchine che spesso sfugge anche all’attenzione di potenziali acquirenti, i quali ignorandone persino l’esistenza si svincolano in altre direzioni, spesso dettate più dalla commerciabilità piuttosto che dall’originalità …

… insomma, una di quelle macchine che piacciono a me!

Giunti a questo punto vi lascio al filmato, buona visione:

PS: sono graditi commenti (se volete, e se il regolamento del BLOG lo consente).

Grazie della VS gentile attenzione.

La strada noiosa

...o forse è la macchina? O forse il pilota? Certo, un'auto che ha un motore ed un cambio tali per cui la quarta marcia ti porta dai 50 ai 120 all'ora con una spinta, sicuramente non da sportiva, ma molto costante, è sicuramente noiosa; ogni tanto pare quasi di avere il cambio automatico. O forse è più noioso il pilota che si intestardisce giorno dopo giorno nel cercare il cambio marcia perfetto regolando l'acceleratore in quel mezzo secondo in cui i dischi della frizione si staccano? Ogni tanto mi sembra solo di essere un novello ed improduttivo Jonathan Livingstone.

Forse la verità è che cerco la perfezione nelle cose che faccio solo per mascherare le mie, di imperfezioni.

Tutte quelle rotonde prese al centimetro cercando di calcolare l'uscita in modo da sforzare il meno possibile le gomme da camion (si, pare che la Continental faccia anche pneumatici da auto, e che siano di serie sulle Volkswagen non sportive) e non dover poi riaccelerare troppo consumando più benzina di quella che ho stabilito di usare... perché?
Curve montane veloci prese studiando alla perfezione la traiettoria da mantenere in entrata ed in uscita, dove iniziare ad accelerare e con che marcia ...il tutto al rallentatore, senza fretta, solo con quella inutile smania di perfezione che mi porto dietro. Noiosa. Come il pilota.

Torre di controllo, aiuto!


"...Torre di controllo, aiuto, sto finendo l'aria dentro il serbatoio...". Un tempo lo Shuttle avrebbe chiamato Houston, ma ora Houston non c'è. Non c'è più, ha preso giustamente la sua via.
E allora svolazzo, alle volte, come l'aereuccio dei Fratelli Wright. Sbalzello, ma inevitabilmente rimango a terra per lunghi periodi.
E' un'esistenza, quella dei miei tempi recenti, contraddistinta da telefonate che mi scombussolano la mente. E so che non dovrebbe essere così, nel momento in cui riguadagno la normalità e dico a me stesso che va tutto bene. Ma solo vedere un nome sul telefono mi porta a giorni di ansia, tristezza e brutti pensieri. Qualunque strada io percorra, qualunque via io tenti di prendere, non sono libero.
Non sono libero come ieri di pensare, sognare e vivere quello che volevo, quello che volevamo. Rimpiango la libertà del mio ieri, la spontaneità di uno sguardo, e in fondo eravamo liberi.
Seconda marcia, poi terza, 2700 giri. Questo motore accetta anche che tu lo guidi come un diesel E come un benzina. E' straordinario e lo so.
Scombussolati sono i miei pensieri. Scombussolata è, sempre, la mia vita.
Rivoglio il mio ieri, quello in cui facevamo le corse per mano, quello in cui splendeva il sole e cucinavo la pasta fredda, quello in cui non ero poi così veloce ma forse concludente e mi sentivo tremendamente libero anche se nella mia vita ovviamente mancava qualcosa ma non me ne accorgevo.
Quei sogni che, a partire da mesi fa, sono scappati, parcheggiati chissà dove, togliendo il colore a tutto. A parte in rari momenti, è sempre stato così, da quella grigia domenica.
Ridatemeli, i miei sogni, per favore: ridatemi una nuova strada da percorrere per un obiettivo. Una nuova strada da percorrere per amore. Un nuovo percorso da dividere.
Sono in questo mare giallo di campi trebbiati fermo che lancio il mio S.O.S. e nessuno lo ascolta.

mercoledì 29 giugno 2011

La rivincita del tendenzialmente lento

Autostrada A11, mezzanotte, 150km/h, direzione Firenze. Il cartello Prato Ovest passa veloce sulla mia destra. La Mito viaggia imperterrita, imperturbabile, a 3600 giri in sesta, sul nastro d'asfalto senza buche. E' stata una giornata di sudore, litigi, lavoro duro. Lunedì odioso. Caldo, tanto caldo. Il condizionatore attaccato però fa male sulla pelle scoperta. Fa male alla gola, come è sempre stato. Ma a questa velocità l'importante è arrivare, a casa, quanto prima. L'importante è guadagnarsi la meta, in questa apparentemente lenta discesa verso sud. Velocissimo, ma stavolta arrivo.
Mentre l'operosissima Prato inizia a stagliarsi sulla sinistra, Agliana e Montale fanno capolino sulla destra a dirmi che sono ancora quasi a Pistoia e che ci sono ancora 84km da percorrere a velocità medio-alta. Ogni tanto rallento a causa dell'autovelox, ma fino a 140 indicati.
I Genesis, con Mama e Many Too Many, danno il loro contributo fortissimo a farmi sentire sperduto, insicuro, solo, volutamente solo.
150km/h, spengo la musica e c'è solo il rumore di rotolamento di pneumatici e un mostro che si beve tutti i quattrini che guadagno.
Riaccendo per dimenticare, e parte Bersani con "Giudizi universali".
Potrei ma non voglio fidarmi di te
io non ti conosco e in fondo non c'e'
in quello che dici qualcosa che pensi
sei solo la copia di mille riassunti
Leggera leggera si bagna la fiamma,
rimane la cera e non ci sei più... non ci sei più...
Sorpasso un pullman, piuttosto veloce, e vorrei esserci sopra. Tratto fiorentino dell'A1, notte, sonno, il fatto che non ho nessuna voglia di andare a letto, il telefono muto ma non troppo, la voglia di silenzio, stavolta ricercato e non riempito, una spiacevolissima agitazione fanno da cornice a questo apparentemente normale viaggio di ritorno.
Potrei ma non voglio fidarmi di te
io non ti conosco e in fondo non c'e'
in quello che dici qualcosa che pensi
sei solo la copia di mille riassunti
Leggera leggera si bagna la fiamma,
rimane la cera e non ci sei più... non ci sei più...
Mi ripete Bersani nuovamente che di te non posso fidarmi. O non voglio più farlo. E' reciproca la cosa.
E allora mi dedico, una volta sorpassato il pullman, a pensare che voglio un mondo di "contrari". Il pullman che arriva prima pur essendo più lento. Il mare d'inverno, senza fare il bagno e la gente che lo affolla. La lacrima solitaria che tengo per me e non dico, non voglio dire, in primis a me stesso, che ancora ci sei alle volte, che è come se fossi seduta qua accanto a guardarmi con il tuo sguardo che fa male, sempre più male, nonostante, contrariamente alle previsioni, tu avessi dovuto svanire. Tu non ci sei più. C'è altro a cui pensare. C'è da assaporare questa bella, strana, buona solitudine. C'è la lacrima, e il fatto che non voglio in questo momento nessuno. C'è un mostro che se ne frega di tutto e torna verso casa mia. C'è uno spettro, nelle mani intrecciate che mi sbattono nella mente, nei baci nell'ombra che si alternano a darmi le botte alle pareti della testa. Uno spettro che sembra sorvegliare ogni mia mossa per poi pugnalarmi alle spalle.
Casello. Pago. Il pullman che ho sorpassato passa nel Telepass e si riprende la sua gloriosa posizione. Il tendenzialmente lento ha vinto. E io ho perso. Come sempre.

Hide and Seek

Nascosta.
C’è una parte di me nascosta al mondo, una parte istintiva, profonda, forse troppo a fondo per essere vista. Dopotutto mi sono promessa di essere libera, almeno nella scrittura. Dunque parlerò apertamente, al costo di sviscerare ogni forma di sentimento. A cos’altro può servire la scrittura?

Come ripete il nostro inconcludente: “scrivere, ma scrivere per sé stessi”.
Poco lontano va chi scrive per “vendere” o per dovere.
La penna, virtualmente parlando, è come un bisturi: puoi scavare più o meno a fondo, non c’è bisogno che qualcuno ti legga: scrivere è leggersi poiché per scrivere è prima necessario ascoltarsi. Un trionfo dei sensi raccolti a fine giornata, spesso negativi, a volte positivi, poco importa, purché siano reali.

Parlavo di una parte nascosta: un abisso. A volte sento di rasentare il baratro della follia, così “ti” chiedo conferma e tu neghi. Non posso mentire sui dubbi che quella negazione mi provoca: forse sei “Tu” che non riesci a vedere così a fondo? Sei Tu che ti rifiuti? Eppure sono anche questa. Sono le crisi d’identità, i pensieri profondi e non necessari, i terribili pensieri sull’inutilità delle nostre azioni e sulle falsità delle quali siamo vittime non innocenti. Anche questo è un lato nascosto, per lo più la maggior parte delle cose che scriverò su questo blog lo è.

Malinconico? Deprimente? Forse. Ci fa stare meglio? Forse. E allora vale la pena provare.
E tu… tu che credi di saper molto di me, perdonami se ti abbandono nell’illusione e continuo a nasconderti questa parte così intima e delicata, ma capiscimi: questa sono solo io, non siamo noi.


*** NB il “Tu” al quale mi riferisco in modo diretto non legge questo blog

Petulando attraverso la Roma Antica



Passeggera... Questa volta sul sedile posteriore di una 500 Rossa... Amica di scorribande Romane insieme agli amici inseparabili, di quello che è stato questo anno faticoso, stancante e malinconico a Roma... Ore 1.00, la notte è caldissima, l'afa si attacca sulla gonna del mio vestito e salire in macchina e aprire il tettuccio sembra una benedizione... Da Rione Monti a Monteverde... Passiamo dalla Roma Antica... Quella Roma che di notte illuminata dai fari è ancora più bella che di giorno... E allora mi abbandono ai pensieri che in questi giorni mi sconvolgono la mente, in maniera piacevole però... Scendendo da Via Cavour si inizia a pregustare la magia dei Fori...e li mi perdo sognando una passeggiata in due... La maestosità di Piazza Venezia, mi fa sorridere e girarci intorno ti apre il cuore, ti fa sentire grande... il piccoletto Teatro di Marcello, mi fa pensare alla beffa di essere sempre scambiati per qualcosa di altro... Tutti pensano Il Colosseo... ma... pochi esperti sanno a prima vista che non è lui... Passando per arrivare al Lungotevere arriviamo ad intravedere il Cupolone che sporge dal tettuccio della scattante 500... per poi perdersi nella bolgia trasteverina, che con bancarelle e ristorantini da giugno affolla il Lungotevere... Penso ai pensieri di quella bolgia di gente, pensieri in parecchie lingue del mondo, molte delle quali ho la fortuna di capire, altre invece no... Penso ai miei di pensieri e quanto mi piacerebbe perdermici dentro totalmente... Adesso è l'ora di Viale di Trastevere e la via di casa è sempre più vicina...Stazione dei Trastevere, Circonvallazione Gianicolense ed eccoci qui a Monteverde.... La mia casa... che non è mai riuscita a darmi la sensazione che questa parola dovrebbe... Notti buie nella mia stanzetta rosa... a pensare a quello che ho lasciato giù... a pensare a quanto mi sono persa...e quel legame così forte con la mia terra da sentirlo quasi scorrere nelle vene.. Pensavo ad una rivoluzione, quando mi sono trasferita qui... Non è avvenuta ma quando passo per queste strade cittadine, da una sponda all'altra del Tevere mi dico "la città Eterna qualcosa per te l'ha sicuramente conservato"... e alloro aspetto... nel caldo umido che riempie queste affollatissime notti romane... Affollatissime dei mie Petulanti pensieri....

A12


10km: 10 maledettissimi chilometri di una lisa superstrada mi separano dalla agognata meta. Maledettissimi perché il sonno mi impedisce di vedere le buche e ad ogni contraccolpo dell'assetto sportivo mi sento impotente nel non aver salvato la sospensione elettronica dal suo triste destino.
Eppure c'è amarezza in questa notte autostradale, c'è la consapevolezza che devo responsabilizzarmi in questa vita e pensare meno alle cose infantili.
Tutto questo mi mancherà: mi mancherà il Leo, "rifugio puerile", mi manca responsabilità e serietà. Lo sento dentro di me.
Ma non mi mancano i ricordi: Autostrada A12, 130km/h: la Lancia Ypsilon procede adesso in bianco e nero, da quanto sento distante quel periodo. La Ypsilon procede nel suo bel rosso metallizzato alla volta della Baia Blu, vicino Lerici. La Ypsilon non è conscia che qualcosa è incrinato.
Il pilota accartocciava i brutti pensieri e li gettava via: o meglio, li ignorava. Ignorava che di lì a poco ci sarebbe stata una totale debacle sentimentale. Ma l'inconscio di quel pilota, che si era messo in testa di essere un po' meno veloce, ma un po' più concludente aveva detto al resto del corpo e del cervello che probabilmente iniziavano a scivolare via da una base così traballante, così viscida. Nonostante tutto, su quella base viscida continuavo a camminare con le scarpe di cuoio, e prima o poi sarei scivolato.
Autostrada A12, 130km/h. Ci sarei passato solo tanto tempo dopo. Ci sarei passato nei giorni in cui il cigno urlava prima di morire, ove per "cigno" si intende la mia cara Lancia Ypsilon che cantò...
Sembrava quasi un'atmosfera di provvisoria perfezione, alle Cinque Terre, quando i due innamorati salivano sul treno a Monterosso. Sapevo che di quei giorni fantastici avrei avuto delle foto per ricordare quello che eravamo: dentro di me, mentre mi sistemavo sulla carrozza a due piani con davanti lei, la mia conquista più agognata/sudata/amata/voluta ad ogni costo, capivo che tutto quel momento avrebbe avuto una fine, ben precisa.
Quel momento che avrei ricordato in una foto, per non farlo diventare bianco e nero, è lontano e ormai è passato un anno.
Un anno di rivolgimenti che non volevo fosse così. Che ha iniziato un percorso di maturazione, lungo e tortuoso, da sempre rimandato. Velocissimo, è vero. Talentuoso.
Ma in fondo non ci arrivo mai. Come in quella storia: in fondo non ci siamo arrivati. Eravamo partiti per andare lontano, molto lontano. Eravamo partiti per starci vicini a vicenda. E non è andata così. Annata di rivolgimenti, da luglio 2010 a giugno 2011, che mi ha preso molto alla sprovvista, mi ha visto tenace quando non credevo di esserlo.
Forse una mezza volta avevo avuto l'illusione di arrivare, a Roma ai primi di dicembre scorso: mosso dall'amore, dalla voglia di vittoria.
E invece, a posteriori, ora che riesco a dire a me stesso, ogni giorno "Andrea, tutto si è calmato ed è andata bene così" (Ma si è calmato davvero? E' andata davvero bene? Bugiardo.) posso dire che, in fondo, "The long long road to...." è, per me, una strada alla ricerca di Andrea.
Di trovare quella conclusione mai avuta: di costruire le strutture necessarie, le basi, la solidità di cui sono sempre stato illuso più e più volte. E invece ero cieco.
Casa, i 10km sono finiti. In modo amaro. Ma sono finiti. Come questo viaggio in cui i pensieri sono spezzati e non sono arrivati a destinazione. E, come dissi un tempo "The song remains the same".

martedì 28 giugno 2011

I Mezzi - VW Golf Mk5 1.9 TDI (a.k.a. Trattore 2.0)

Fedele amica del Costante ma Improduttivo, per capire il perché del soprannome bisogna fare una piccola retrospettiva sul precedente mezzo del Costante Improduttivo.

- Trattore 1.0 -

Il primo mezzo avuto in "gestione" personalmente (escludendo quindi l'uso condiviso con altri familiari) è stata la vecchia V40 1.9D del babbo, con già poco più di 200000 km sulle spalle; 90 cavalli vecchio stampo, molto piacevoli e regolari anche se un po' rumorosi rispetto agli allora moderni common rail (da qui l'appellativo di "trattore"), fedeli compagni di scorribande tra i monti (ormai conoscevano la A27 a memoria), finché, passati ormai i 240000km, una cinghia ha pensato di essere stanca e che fosse quindi ora di farsi da parte.


Benché ancora riparabile senza spese esorbitanti (ma neppure irrisorie), i tempi erano evidentemente maturi per l'arrivo del successore.

- Trattore 2.0 -

Dopo la felice esperienza di mia madre, non poteva essere che lei, la più teutonica delle teutoniche, ad arrivare in casa.
Il più tipico modello della casa di Wolfsburg, con il più tipico dei motori, colorata del più tipico dei colori VW; praticamente la più banale delle auto (ah, dove sono finiti i tempi della Polo Arlecchino??).


Molto comoda (anche dietro), non tanti cavalli ma tanta coppia, cruise control, clima bizona e volante in pelle ...al momento gli accessori sono stati determinati dal fatto di essere una di quelle disponibili in pronta consegna, ma via via ho iniziato ad apprezzare quei piccoli extra che ora mi sembrano quasi indispensabili per chi passa tanto tempo sulle quattro ruote.
1.9 TDI di fine serie, 105 cavalli un po' penalizzati dal filtro antiparticolato, ma con le 6 marce che ne valorizzano la coppia. Anche lei leggermente più rumorosa delle sue rivali in accelerazione (come fu per la V40) ma capace, sia di medie autostradali (130 in cruise) attorno ai 20km/l, come anche di progressioni notevoli sulla stradina al 18% del mio personale "rifugio" montanaro.
Il contachilometri ha già superato le quattro cifre e, a quasi un mese dal suo quarto compleanno, è oltre i 135000; insomma, tanta strada (ma quello sembra essere un vizio di famiglia)... costante... regolare... purtroppo quasi tutta autostrada ...e da due anni a questa parte praticamente solo la noiosissima A4 e molto più raramente l'amata A27. Quest'anno ha dovuto subire un carico di autostrade ancora maggiore a causa del mio impegno di Presidente Distrettuale LEO, ma conto e spero che abbia voglia di restare con me per ancora almeno altrettanta strada, costante e improduttiva (se non di sogni) come sempre!

Verso il mare.

Estate. Tutti i Colleghi scrittori fanno presente che è caldo...e lo è. E tanti vanno al mare. Io non sono mai stato un "marittimo" impenitente, soprattutto per motivi di tempo. Non ho mai amato stare fermo al sole, ma andare con la barchetta, nuotare, fare escursioni per l'Elba, meta agognata delle ferie.
La strada ritratta in foto è l'E78, alle ore 7 di mattina. Non c'era nessuno quella mattina, sulla strada del mare degli altri. Quella strada è la naturalissima continuazione raddoppiata della "mia" SS223, prosegue fino a Grosseto poi Marina di Grosseto-Castiglione della Pescaia e su su su su fino a Follonica poi Piombino. Questo è il percorso che fanno i miei, da pensionati, ex rallysti entrambi, ex bravi piloti, ora con un carico di animali miagolanti e abbaianti nella macchina. Animali che non amano le curve. E nemmeno loro le amano più.
Io invece le amo, e infatti quell'ultimo tratto dopo l'agognata meta quasi marittima era un po' palloso ma compensato dai panorami.
Grandi code, la domenica sera d'estate, grazie ai camperisti.
Ma questa non è la MIA strada del mare. E' quella degli altri. Lo dicevo un anno fa: "...Cattivo odore di freni surriscaldati sulla strada, per gli altri, del mare...".
La mia strada del mare è quella che va a Piombino, e non è il famoso contrafforte di Prata, ma addirittura quella, curvilineissima, che passa da Montieri. Ci passavo ad orari antelucani, col sole che sorgeva sopra Belforte, sapendo che guidare è l'unica cosa che amo fare prima delle 8 di mattina.
In un crescendo emozionale hai la sensazione di aver lottato come una nave col mare in tempesta, quando arrivi a Massa Marittima. Ti senti in Provincia di Grosseto, quasi prossimo alla meta: ma non è vero, è una sensazione illusoria, hai ancora 55 minuti di strada affollata per arrivare a Piombino, scendere veloce a fare il costosissimo biglietto della Toremar o della Moby, caricare il bolidino rosso di turno nella pancia di Marmorica, Oglasa o Aethalia e partire.
Mollare gli ormeggi e tentare di godersi il silenzio al tramonto, su Cerboli, oppure la mattinata che avanza e il giorno che prende forma all'orizzonte dello scoglietto o della Fortezza Medicea di Portoferraio, è una sensazione impagabile e quasi indescrivibile di viaggio.
Senti qualcosa dentro di te che prende forma, per cui non hai voglia di parlare. Non hai voglia di dividere il momento del distacco dal molo e l'incedere regolare dei dieseloni navali. E' uno dei pochi momenti di osservazione che mi sono concesso nella vita, fin troppo poco a dire il vero. Marina di Salivoli si staglia sulla destra, mentre la nave completa la virata d'uscita dal porto e si dirige verso la terza isola italiana.
Mi domando, sempre più spesso, cosa sia quell'idea che prende forma nell'ora di traghetto, nella pace sin troppo turbata dai milanesi urlanti ed esaltati: forse la nave, in questo caso, consente il miglior percorso introspettivo, al pari del pullman a lunga percorrenza notturno. Ma dura troppo poco, e non è sufficiente a far uscire quella crosta di tristezza che attanaglia da sempre i miei organi, che NON è mai stata buttata fuori dal pianto liberatorio.
Quando la nave apre il ponte di prua queste sensazioni svaniscono, quando la macchina prende la via del molo di Portoferraio verso Marina di Campo, verso i 20 minuti di percorrenza che sono necessari ad arrivare alla più bella casa che ho. Quella piccina, accogliente, funzionale, che vorrei in fotocopia anche qui. Quella che avrei voluto dividere con la persona che un tempo amavo e che vorrò dividere sempre con le persone che avrò accanto. Come quando mi fermavo, nel 2009, a guardare il tramonto sulla Corsica e vedevo che lanciavo semi su un terreno che non voleva saperne della condivisione.
Nella vita voglio solo condividere questa strada del mare, questo viaggio in nave per tanti insignificante, con una persona che merita.
La strada è lunga e la percorrerò stando attento a non rimanere inconcludente.

I protagonisti - Costante ma improduttivo

Pilota apparentemente lento, non dà nell’occhio, guidatore da strada lunga nel tramonto californiano dei titoli di coda di un film qualunque; giunge alfine alla meta e porta a destinazione quei pochi passeggeri con cui ha avuto il piacere di viaggiare, quando i titoli di coda sono finiti e non è rimasto più nessuno in sala. Pilota dalla colonna sonora legata ai suoi stati d’animo e dagli stati d’animo legati alla colonna sonora del momento; profondamente legato alla musica che ascolta (di cui talvolta ha fatto anche parte) e agli amici che la sanno condividere con poche parole.
Francesco (“XF” per chi dovesse frequentare la rete dal millennio scorso), ingegnere introverso e deluso, legato al Velocissimo ma Inconcludente da quella stessa spada di Damocle che al 30 di giugno gli farà chiudere un’esperienza decennale densa di ricordi. Patavino ma fortemente legato alle amate e sudate montagne della Valboite dove trova rifugio appena può; veneto sì, ma di origini sparse un po’ su tutto lo Stivale, da nord a sud passando per il centro e forse anche oltre. Nonostante dica costantemente che non gli piace, non disdegna anche il mare ...purché completamente sgombro di ombrelloni, sdraio e turisti.
Nei 12 anni dietro al volante ha affrontato dal caldo torrido dei deserti del Nevada, alle strade ghiacciate dell’inverno lappone, pur senza disdegnare un paio (non metaforico) di giri in pista, spesso e volentieri attratto più dal paesaggio che dalla meta in sé, convinto che spesso la meta sia il viaggio stesso; tutto questo con pochi ma buoni (e ogni tanto strani!!!) passeggeri.
Un diesel, lui come il suo mezzo; preferisce la coppia alla potenza pura e l’handling alla velocità; fa tanta strada, senza strafare, borbottando distrattamente, lasciando più di qualche rimpianto sul cammino.


Senza neanche accorgermi ho parlato sin qui in terza persona; quasi sicuramente questo accade per quella voglia di vedere la vita come un film di cui siamo attori inconsapevoli; forse anche un po’ per quel mio lato di artista che ha paura di esprimersi e lo fa di nascosto, magari creando blog di cui non dà in giro l’indirizzo, anche se qualche soddisfazione, per quanto piccola, me la sono tolta :)
Preparatevi ad un viaggio tra musiche varie e inaspettate, grandi spazi, colorati silenzi ...e tramonti mozzafiato!

lunedì 27 giugno 2011

Veloce, solitario e quasi sciolto …


27-06-2011 … giornata calda, troppo calda, oserei dire eccessivamente calda … un caldo “agghiacciante”, se avete la clemenza di passarmi un termine che ha del “Fantozziano”.

Cosa faccio? Torno a casa, do un’occhiata al web, strimpello la mia Ibanez: irrimediabilmente scordata da mia nonna che intenta nelle sue “meticolose” pulizie, fatte con la stessa delicatezza dell’ FBI che perquisisce i luoghi del crimine nei telefilm americani anni ’70 (ovvero rivoltando tutto), l’avrà sicuramente fatta cadere.

L’accordatore non funziona, pile finite (scorte comprese), guardo fuori, ed immerso in questo triste silenzio mi chiedo come porre fine a questa paranoia, gocciolante di sudore come un papero allo spiedo. Una bella doccia! Ecco quello che serve, la seconda della giornata … beata acqua corrente, fredda come una cascata al polo nord: - ma al polo nord non esistono cascate! - vi chiederete, ebbene non me ne frega niente, la mia immaginazione a volte supera l’assurdo.

Tornando alla realtà, mi ricordo di avere una decappottabile in garage, quindi, per quale motivo usare l’asciugacapelli?

Scendo le scale, “scappotto”, accendo il motore … “e chi sé visto sé visto”! Si parte!

Ora che mi ci fate pensare, una cosa non l’avevo proprio considerata: che con l’arrivo dell’estate e l’inevitabile giungere delle alte temperature, arrivano anche quegli stramaledetti moscerini, gli stessi che si radunano svolazzando sopra le zone umide oppure intorno ad i lampioni o alle fonti luminose in genere.

Gli stessi insetti malefici che hanno quell’odiosa abitudine di suicidarsi, spiaccicandosi sulla carrozzeria e sul parabrezza delle NS auto, appena lucidate ad arte.

A questo si sommano una lunga serie d’inconvenienti cittadini “anticabriolet”, tipo il semaforo rosso che ti toglie la ventilazione, lasciandoti cuocere al sole come un galletto sul suo bel mattone, oppure l’immancabile betoniera, che ci delizia l’olfatto con le sue dolci fragranze quando carica, e con il suo bel nuvolone nero tipico della naftaccia prodotta dal propulsore “scollettorato”, quando riparte.

Come ti invidio Andrea, che bellezza le valli senesi: tante curve, pochi velox, ampi spazi ed aria pura.

La prossima volta, tempo permettendo, voglio lasciarmi la città alle spalle, ho voglia di salite e silenzio, eccezion fatta per il TURBO scoppiettante! GAS!

Are you in?


Scelte. Aprirò questo nuovo filo di impressioni, pensieri e frammenti di vita quotidiana con un dilemma che ci attanaglia tutti.
In un modo o nell’altro è sempre questione di scelte: “con me o contro di me”, come se ci potessimo dividere su due immaginarie braccia di una bilancia che non conosce equilibrio, ma solo preponderanza.

Quante volte ci viene chiesto di “prendere una decisione”? Forse quella vecchia pubblicità che continuano a far passare in tv di tanto in tanto (non che sia mia abitudine guardarla...) vuol enfatizzare proprio questa antinomia:

“prendi una decisione chiara”

Come se le genti del ventunesimo secolo non fossero che burattini indecisi in mano ad un burattinaio che non sa più quali fili tirare, tanto essi sono più numerosi, vari e complessi. Né si conosce la storia di questo circo sgraziato pieno di ornamenti e giostre che continuano a girare a vuoto, senza curarsi di se i passeggeri siano a bordo o meno, quel che conta è l’intrattenimento, ciò che è bello a vedersi e fa bello a provarsi.

Ma non è detto che non ci sia un fondo di verità nel vertice di questo ghirigoro colorato che non accenna a fermarsi.
Per quanto mi riguarda il problema sta nell’esser consci della transitorietà delle cose e del momento. La felicità “Hic et nunc” sembra voler essere estesa fino a divenire un principio di durevolezza estrema: Hic et semper… forse perché a forza di girare a vuoto ci siamo accorti di quanto il panorama possa cambiare in un semplice giro di giostra, quanto sia ormai facile abbandonare la nave, cambiare macchina e ingranare la marcia verso il “nuovo”.

Le opportunità ci lasciano agognare ciò che sentiamo non essere stabile, crediamo di sapere e sappiamo di non avere. Il transitorio ci lascia nell’incertezza del futuro e come bambini continuiamo a gridare “scegli” come se l’altrui scelta potesse costituire un passaporto sicuro per il tempo a venire. Abbiamo tutti bisogno di stabilità, chi più chi meno, ma è innegabile. Niente danneggia l’essere umano più dell’incertezza del possesso.

Proprietà: nessuno la tocchi. Non è proprio il primo concetto che impariamo ad esprimere sin da piccoli? “Mio”. Ad ogni singolo oggetto viene affibbiata una categorizzazione “mio, tuo”. Un mondo oligarchico basato sui diritti di proprietà dove le relazioni causali non sono ben definite.
Così ancora oggi non vogliamo alzarci per prendere le nostre care macchine e correre verso ciò che, forse per molto, forse per poco, sicuramente non per sempre, potrà essere “nostro”. Con le gambe attorcigliate di un bambino in posa simil yoga stiamo a gridare “SCEGLI! Con me (“mio”) o contro di me?”

Ed in un illogico sentimento di pena e costrizione iniziamo ad etichettare il nostro corpo, tendente talvolta da un lato, talvolta da un altro. Merci di scambio per un mondo destinato a non durare… ma in fondo anche noi, rinchiusi nelle nostre piccole catene che ci leghiamo da soli ai polsi, abbiamo bisogno di “appartenere”. Che sia un ideale, comunità o altro essere vivente… e dunque:

“I’m in”.

I vincenti


Quando sono partito, me l'avevano detto che i vincenti erano altri. Mi avevano detto che al termine di questa gara c'era qualcosa per me. Tutte le promesse non sono state mantenute. I vincenti sono quelli che al traguardo ci arrivano e non guardano in faccia ad alcun avversario. Ma in fondo, la strada è quella. C'è sempre qualcosa, nel mezzo. C'è sempre chi, come me, dopo aver dato tutto "per passione e non per lucro", accosta per un attimo, per quel minuto che forse fa la differenza per la vittoria e si ferma a guardare un lago al tramonto.
Si ferma a destra e non fa confusione su quello che vuole. Basta apprezzare il silenzio, da un ponte o dal finestrino del pullman che ti porta al locale dove trascorrerai la serata.
"The journey is long and I feel so bad" cantavano gli Zero7, ma in realtà non è così. Il viaggio è lungo e noi, semplicemente, lo affrontiamo. Quelli che vincono non hanno MAI la possibilità di guardarsi intorno e cercare il tramonto.
Immaturo per quasi incontrastabile tendenza, romantico e sognatore per piacere personale. Per quell'immenso piacere che solo guardare un tramonto, prendere un traghetto per un obiettivo, Pullman da 83 posti Setra S328 DT carico di persone amiche con un obiettivo comune, 80km/h, tramonto in foto a destra, fiori di loto ancora chiusi. La fine di un sogno porta, inevitabilmente ad un periodo di vuoto. Ma dopo il periodo di vuoto, ne sono certo, ne ricominceranno di nuovi e diversi.
I sogni di un pilota velocissimo ma inconcludente: anche nella vita. Gran talento, poco risultato. Ma pieno di soddisfazione e di sogni, ed è questo che conta.
Voi vincenti questo non lo capirete o non sarete in grado di apprezzarlo.
In fondo, il mio tempo è ora, ora sono i miei 20 anni di cui mi sono volutamente privato. Con 10 anni di ritardo.

Caldo



Siamo palesemente entrati nella stagione estiva, le nuvole latitano e il sole è più splendente che mai.
L'asfalto ribolle, è caldo, sembra che sia stato appena posato; le auto in coda, tre corsie sature di veicoli che si muovono a singhiozzo: qualche metro in avanti e poi fermi di nuovo, si ingrana la marcia, si alza la frizione e si parte.. Pochi secondi e si spinge il pedale del freno... Una serie di movimenti che si ripete e sembra non aver mai fine.
Sui tetti delle auto si vede l'aria che risale verso l'alto, come se la lamiera fosse fatta di fuoco.
il rumore delle ventole: ventole che girano al massimo e cercano di far respirare i radiatori, lancette ferme sui 90 gradi che non accennano un minimo movimento verso il basso.
Sulla corsia di emergenza qualcuno è rimasto in panne ed attende con pazienza il carro soccorso.
Nelle file accanto si distinguono auto con i finestrini abbassati, mani che spuntano fuori con sigarette fra le dita; da un abitacolo fuoriesce una canzone, forse la hit di quest'estate, da un altro commenti sul futuro di una squadra di calcio.
Il rumore dei motori fermi al minimo si fa sempre più noioso, il caldo diventa insopportabile, quasi mi manca il respiro; inserisco l'aria condizionata, aspetto che il getto d'aria si freddi e con la piccola consolle sullo sportello, provvedo a chiudere i finestrini... il silenzio irrompe, disturbato solo dal fruscio dell'aria fredda che esce dalle bocchette e che si perde tra me e il sedile del passeggero.

I Protagonisti - Passeggera Petulante


Parlare di sé stessi agli altri... Facilissimo delle volte, atroce delle altre.
I miei colleghi si sono presentati con i loro mezzi, ma io non potrò farlo dato che per descrivere tutte le autovetture che mi hanno vista ospite sul sedile passeggero potrei impiegare decenni... Anche la Passeggera Petulante guida ogni tanto, quando abbandona la sua casa di Roma e ritorna in terra Sicula, una delle prime cose che fa è mettersi a bordo della sua Panda color "azzurro cuor leggero", e passar da casa di tutti i suoi amici...
Ma non sono qui per parlare di questo, sono qui per parlare dei pensieri che affollano la mia petulante testolina, quando dal finestrino ammiro strade di ogni genere, dove spesso ho confessato i miei più profondi pensieri, le mie più grandi paure e i miei inarrivabili sogni.
Vivere accanto a qualcuno un viaggio non può fare a meno di legarti... non riesco bene a capirne il perchè, ma credo che il come sia semplice, un pò di musica qualche chiacchiera, una battuta, merendine e schifezzuole varie e il viaggio alla scoperta di una nuova amicizia può iniziare...
Il paesaggio che vedo di solito è quello dell'entroterra siciliano. Partiamo dal mare di solito, su una costa che è nel mio cuore da quando ne ho memoria per poi avventurarci sulla A19, verso l'interno di quella sicilia freddissima d'inverno e calda e arida d'estate.
Passarci ad Agosto vedendo quelle montagne così secche, aride e di un giallo maturo, riesce a turbarti e affascinarti nello stesso tempo... Paesaggi che fanno parte dell'eterna contraddizione che pende sulla mia amata terra Sicula. E allora viaggiare e chiacchierare diventa liberatorio, per non cedere alla tentazione di perdersi e rimanere aridi come quei paesaggi... e di colpo poi... riappare il mare quasi a dirti che ci si può liberare da qualsiasi cosa su quelle strade...
Descrivendo la mia terra ho descritto un pò me... Io grande sognatrice, che per non sentirsi ferita diventa cinica, disposta a non far trasparire i turbinii che partono dalla mia testa arrivando al cuore e certe volte anche allo stomaco, facendomelo chiudere...
Mi sono fidata delle persone con cui sono salita a bordo, mi fido di loro altrimenti non percorrerei mai centinaia di Km... a loro ho consegnato la mia vita per qualche ora e con loro estremo piacere (mi auguro) anche le mie infinite chiacchiere e raccomandazioni che hanno contribuito a etichettarmi come petulante...
Ma come presentazione mi sembra sufficiente... piano piano viaggiando da Passeggera Petulante e fastidiosa (delle volte posso diventarlo), vi descriverò le emozioni di una lunga lunga strada verso... Verso me stessa credo...

I miei Appennini


Inizia, con qualche giorno di anticipo sul programma, questa bella avventura "all together". Via, allora. Tra poco avremo anche il passeggero.
Autostrada A1, 130km/h: caldo, troppo caldo. Sulla destra il cartello "Inizio Tratto appenninico", che si ripete ciclicamente dall'altra parte delle montagne, dopo 65km di curvoni che negli anni '60 erano nati per unire l'Italia e ora, 50 anni dopo, sono fatti apposta per intasarla.
Il tratto appenninico mi apparteneva, qualche anno fa. Ci transitavo con ogni mezzo. Pullman (per Milano) e macchina (per Venezia) quando non si poteva prendere il treno.
Viaggiare, adesso, mi piace: ha un sapore diverso, ora che sono single e che non dovrei avere problemi a correre.
Non sono solo a percorrere questo Appennino, e, ancora una volta, sembro quasi conoscerlo a memoria, come fosse un percorso prefissato e obbligato della vita, ricorrente. E' uno strano viaggio di ritorno da Mantova. Sono stato Leo (giovane Lions) per 12 anni e questo è l'ultimo atto di una strana, bella, amata e odiata, vita sociale di quel tipo. Quantomeno c'è da chiacchierare, riprendere in mano una vita, tra Roncobilaccio e Barberino del Mugello, c'è da tentare di maturare, perché è tutto quello che mi manca. Amo la bella vita, penso ancora, mentre la Mito scorre silenziosa al ritmo di "This is the last time" tra un curvone e l'altro, e Chiara accanto, ottima compagna di viaggio che NON vuole guidare, passeggera petulante quando i suvvettoni se la prendono per i perentori sorpassi di una Mito. Fotografie: ne rimarranno tante, come a suggellare un preciso istante della vita. Un tramonto sul Mincio che qui si allarga, l'alba, vecchia e contestata, sulla SS223, che adesso è diventata un'immagine in bianco e nero, la terza corsia dell'A1 sotto Bologna. Strade: dobbiamo percorrerne di nuove.
Ricordo di aver detto ad un Andrea tante bugie. Sul fatto che stavo bene, che volevo qualcosa, che non dovevo maturare e che mi andavo bene così com'ero.
No, non è così. La più grande bugia l'ho detta a me stesso quando credevo e FACEVO credere di essere perfetto e invincibile, mai fragile, mai una defaillance. E allora tutto e tutti si allontanavano da quel guscio vuoto.
Ho imparato, allora, che devo evolvermi. C'è la sensazione di preludio della fine di un gioco durato tanto. Un gioco con me stesso, un relax che non provavo da tempo, uno strano e velato appagamento dei sensi. La mia macchina, silenziosa, cerca di non farmi paura nel silenzio. Cerco di contenere, andando piano, ogni reazione di scarto brusco che lei, donna sbagliata, avrebbe sicuramente fatto usando la mia distrazione momentanea contro di me.
E' tipico delle donne sbagliate abbandonarti quando hai bisogno.
Nessuna lacrima, adesso, eppure su questa strada qualcuna ne ho versata. Nessun sorriso, solo il sole che batte e filtra attraverso il vetro colpendo la macchina, col suo carico di valigie (3 solo mie, non male!) che tenta di guadagnare la meta, la Firenze dove sono nato, l'odiata Santa Maria Novella.
Nelle uscite, silenziose, del parcheggio sotterraneo, cerco di capire cosa mi manca, cosa devo essere, dove devo sensibilizzarmi e rendere migliore la mia vita.
La mia compagna di viaggio non ha minimamente idea dei pensieri in evoluzione che ho nella testa in questo momento, nel momento in cui il curvone di Rioveggio preso a 130km/h ci fa sentire la forza d'inerzia.
La mia compagna di viaggio non ha idea del rivolgimento e della rivoluzione che c'è stata in me, adesso. Scende alla stazione, prende il suo treno per Roma.
E io proseguo dopo aver percorso il MIO Appennino, ancora una volta.
Per 50km ancora sarò un Leo. E ora, non voglio smettere di sognare. Per un altro minuto ancora, non toglietemi questa sensazione di solitudine inebriante, che solo gli spettatori di un gioco giunto al termine provano. Vorrei che questi 50 km non finissero mai. Superstrada Firenze-Siena, ci passo e ci sono passato una vita intera. Nei brutti viaggi da nord conditi di ricatti sembrava la porta di casa, e mi consentiva di tirare un sospirone di sollievo. Fiscamente, invece sono sempre lontano. Lontano da casa, ma in Toscana, dove si parla il mio accento. C'è il preludio della fine di un gioco. Preludio. Fine. Umidiccio ma allo stesso tempo affascinante limbo tra il "non più" e il "non ancora".

giovedì 23 giugno 2011

I Mezzi - Volkswagen Golf III

Golf III
Questo è il mio cavallo di battaglia per le scorribande giornaliere in quel di Roma e provincia.
Motore a benzina 1,6 litri aspirato con solo 75 puledri, che sapendoli speronare sembrano essere una trentina di più; sospensioni morbide e cerchi da 15 in acciaio che ben si sposano con il manto stradale della Capitale, al contrario del mio adorato cugino che gira in 147 GTA, signora macchina non ho nulla da ridire, il quale però ogni settimana è dal gommista, o peggio ancora dal meccanico...
Una macchina normale insomma, costruita secondo i canoni della teutonica casa di Wolsfburg; 17 anni portati ottimamente, senza che abbia mai dato problemi di alcun genere.

L'auto si presenta con linee pulite ed equilibrate tipiche del design VW-Audi dei primi anni '90; ampie superfici vetrate caratterizzano l'abitacolo, permettendo un ottima visibilità da tutti gli angoli (cosa non riscontrabile nelle moderne auto di oggi).

Il generoso vano motore, si dimostra estremamente pratico per effettuare lavori di ogni tipo: dal cambiare una lampadina, fino allo smontaggio di parti importanti; lo spazio non manca e la disposizione delle componenti motore risulta essere ordinata; tutto ciò a favore dei lavori di ordinaria manutenzione che si svolgono facilmente ed in pochi minuti.

L'abitacolo è spazioso e comodo, il divano posteriore può ospitare tre persone adulte, il centrale però dovrà fare i conti con il tunnel del catalizzatore...

Alzacristalli elettrici anteriori e posteriori (gli ultimi disattivabili e comandabili dalla consolle anteriore), aria condizionata, antifurto volumetrico ed impianto stereo con 4 altoparlanti comandato da un ottimo Pioneer DEH-4000UB.

Il vano bagagli, spazioso e di forma regolare, può ospitare 4 trolley di grandezza media, lasciando spazio a piccole borse o zaini.

Nonostante la scarsa potenza, la macchina si comporta bene anche nei lunghi viaggi a pieno carico; oltre ai soliti giri nel Lazio, è stata protagonista di un bel viaggio ad Innsbruck e di uno in Slovenia, e sarà protagonista quest'estate di un tour dell'Austria!
Mi sembra doveroso menzionare anche un bellissimo viaggio avente come meta la "tana" del nostro amico l'inconcludente.
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