mercoledì 29 giugno 2011

A12


10km: 10 maledettissimi chilometri di una lisa superstrada mi separano dalla agognata meta. Maledettissimi perché il sonno mi impedisce di vedere le buche e ad ogni contraccolpo dell'assetto sportivo mi sento impotente nel non aver salvato la sospensione elettronica dal suo triste destino.
Eppure c'è amarezza in questa notte autostradale, c'è la consapevolezza che devo responsabilizzarmi in questa vita e pensare meno alle cose infantili.
Tutto questo mi mancherà: mi mancherà il Leo, "rifugio puerile", mi manca responsabilità e serietà. Lo sento dentro di me.
Ma non mi mancano i ricordi: Autostrada A12, 130km/h: la Lancia Ypsilon procede adesso in bianco e nero, da quanto sento distante quel periodo. La Ypsilon procede nel suo bel rosso metallizzato alla volta della Baia Blu, vicino Lerici. La Ypsilon non è conscia che qualcosa è incrinato.
Il pilota accartocciava i brutti pensieri e li gettava via: o meglio, li ignorava. Ignorava che di lì a poco ci sarebbe stata una totale debacle sentimentale. Ma l'inconscio di quel pilota, che si era messo in testa di essere un po' meno veloce, ma un po' più concludente aveva detto al resto del corpo e del cervello che probabilmente iniziavano a scivolare via da una base così traballante, così viscida. Nonostante tutto, su quella base viscida continuavo a camminare con le scarpe di cuoio, e prima o poi sarei scivolato.
Autostrada A12, 130km/h. Ci sarei passato solo tanto tempo dopo. Ci sarei passato nei giorni in cui il cigno urlava prima di morire, ove per "cigno" si intende la mia cara Lancia Ypsilon che cantò...
Sembrava quasi un'atmosfera di provvisoria perfezione, alle Cinque Terre, quando i due innamorati salivano sul treno a Monterosso. Sapevo che di quei giorni fantastici avrei avuto delle foto per ricordare quello che eravamo: dentro di me, mentre mi sistemavo sulla carrozza a due piani con davanti lei, la mia conquista più agognata/sudata/amata/voluta ad ogni costo, capivo che tutto quel momento avrebbe avuto una fine, ben precisa.
Quel momento che avrei ricordato in una foto, per non farlo diventare bianco e nero, è lontano e ormai è passato un anno.
Un anno di rivolgimenti che non volevo fosse così. Che ha iniziato un percorso di maturazione, lungo e tortuoso, da sempre rimandato. Velocissimo, è vero. Talentuoso.
Ma in fondo non ci arrivo mai. Come in quella storia: in fondo non ci siamo arrivati. Eravamo partiti per andare lontano, molto lontano. Eravamo partiti per starci vicini a vicenda. E non è andata così. Annata di rivolgimenti, da luglio 2010 a giugno 2011, che mi ha preso molto alla sprovvista, mi ha visto tenace quando non credevo di esserlo.
Forse una mezza volta avevo avuto l'illusione di arrivare, a Roma ai primi di dicembre scorso: mosso dall'amore, dalla voglia di vittoria.
E invece, a posteriori, ora che riesco a dire a me stesso, ogni giorno "Andrea, tutto si è calmato ed è andata bene così" (Ma si è calmato davvero? E' andata davvero bene? Bugiardo.) posso dire che, in fondo, "The long long road to...." è, per me, una strada alla ricerca di Andrea.
Di trovare quella conclusione mai avuta: di costruire le strutture necessarie, le basi, la solidità di cui sono sempre stato illuso più e più volte. E invece ero cieco.
Casa, i 10km sono finiti. In modo amaro. Ma sono finiti. Come questo viaggio in cui i pensieri sono spezzati e non sono arrivati a destinazione. E, come dissi un tempo "The song remains the same".

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