martedì 28 giugno 2011

Verso il mare.

Estate. Tutti i Colleghi scrittori fanno presente che è caldo...e lo è. E tanti vanno al mare. Io non sono mai stato un "marittimo" impenitente, soprattutto per motivi di tempo. Non ho mai amato stare fermo al sole, ma andare con la barchetta, nuotare, fare escursioni per l'Elba, meta agognata delle ferie.
La strada ritratta in foto è l'E78, alle ore 7 di mattina. Non c'era nessuno quella mattina, sulla strada del mare degli altri. Quella strada è la naturalissima continuazione raddoppiata della "mia" SS223, prosegue fino a Grosseto poi Marina di Grosseto-Castiglione della Pescaia e su su su su fino a Follonica poi Piombino. Questo è il percorso che fanno i miei, da pensionati, ex rallysti entrambi, ex bravi piloti, ora con un carico di animali miagolanti e abbaianti nella macchina. Animali che non amano le curve. E nemmeno loro le amano più.
Io invece le amo, e infatti quell'ultimo tratto dopo l'agognata meta quasi marittima era un po' palloso ma compensato dai panorami.
Grandi code, la domenica sera d'estate, grazie ai camperisti.
Ma questa non è la MIA strada del mare. E' quella degli altri. Lo dicevo un anno fa: "...Cattivo odore di freni surriscaldati sulla strada, per gli altri, del mare...".
La mia strada del mare è quella che va a Piombino, e non è il famoso contrafforte di Prata, ma addirittura quella, curvilineissima, che passa da Montieri. Ci passavo ad orari antelucani, col sole che sorgeva sopra Belforte, sapendo che guidare è l'unica cosa che amo fare prima delle 8 di mattina.
In un crescendo emozionale hai la sensazione di aver lottato come una nave col mare in tempesta, quando arrivi a Massa Marittima. Ti senti in Provincia di Grosseto, quasi prossimo alla meta: ma non è vero, è una sensazione illusoria, hai ancora 55 minuti di strada affollata per arrivare a Piombino, scendere veloce a fare il costosissimo biglietto della Toremar o della Moby, caricare il bolidino rosso di turno nella pancia di Marmorica, Oglasa o Aethalia e partire.
Mollare gli ormeggi e tentare di godersi il silenzio al tramonto, su Cerboli, oppure la mattinata che avanza e il giorno che prende forma all'orizzonte dello scoglietto o della Fortezza Medicea di Portoferraio, è una sensazione impagabile e quasi indescrivibile di viaggio.
Senti qualcosa dentro di te che prende forma, per cui non hai voglia di parlare. Non hai voglia di dividere il momento del distacco dal molo e l'incedere regolare dei dieseloni navali. E' uno dei pochi momenti di osservazione che mi sono concesso nella vita, fin troppo poco a dire il vero. Marina di Salivoli si staglia sulla destra, mentre la nave completa la virata d'uscita dal porto e si dirige verso la terza isola italiana.
Mi domando, sempre più spesso, cosa sia quell'idea che prende forma nell'ora di traghetto, nella pace sin troppo turbata dai milanesi urlanti ed esaltati: forse la nave, in questo caso, consente il miglior percorso introspettivo, al pari del pullman a lunga percorrenza notturno. Ma dura troppo poco, e non è sufficiente a far uscire quella crosta di tristezza che attanaglia da sempre i miei organi, che NON è mai stata buttata fuori dal pianto liberatorio.
Quando la nave apre il ponte di prua queste sensazioni svaniscono, quando la macchina prende la via del molo di Portoferraio verso Marina di Campo, verso i 20 minuti di percorrenza che sono necessari ad arrivare alla più bella casa che ho. Quella piccina, accogliente, funzionale, che vorrei in fotocopia anche qui. Quella che avrei voluto dividere con la persona che un tempo amavo e che vorrò dividere sempre con le persone che avrò accanto. Come quando mi fermavo, nel 2009, a guardare il tramonto sulla Corsica e vedevo che lanciavo semi su un terreno che non voleva saperne della condivisione.
Nella vita voglio solo condividere questa strada del mare, questo viaggio in nave per tanti insignificante, con una persona che merita.
La strada è lunga e la percorrerò stando attento a non rimanere inconcludente.

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