lunedì 21 maggio 2012

Pezzi di vita da ricostruire

Autostrada A7, 140km/h, pioggia abbondante, pomeriggio inoltrato, la MiTo turbo nera di Andrea (non il nostro velocissimo direttore... a parte il colore lui non ci avrebbe mai messo il cambio automatico) mi riporta a ritmo di tutor verso la mia triste stanza-non-casa; il giovane guidatore cresciuto in fretta trasporta un fintamente maturo passeggero che inizia ora, con diffidenti slanci di follia, a cercare di crescere.


Ero partito sabato sul non più moderno Intercity (un Frecciabianca pre-restauro, per intenderci) Milano-Ventimiglia per due giorni di nuovo vicino a quel Mare che non conoscevo; due giorni che avrebbero dovuto allontanarmi dalle ansie e dalle vane pazzie, da illusori ed infruttuosi sentimenti, dai dubbi; due giorni che non hanno aiutato a riportare il vento nelle vele sgonfie in questa disorientante sacca di bonaccia.

Si susseguono momenti da pesce fuor d'acqua, con la spiaggia che sparisce dalla vista; momenti di solitudine cercata, con la musica (questa volta la mia) nelle cuffie, per isolarmi da quanto mi stava succedendo attorno e dall'allegria che mi circondava ma in cui non riuscivo ad amalgamarmi; momenti di frivole risate tra amici buoni e concludenti, loro; momenti di sonno in attesa di piccoli e grandi segni, con uno piccolo che arriva quasi inaspettato.

Sarò capace di ricominciare? Sono veramente arrivato ad un punto di non ritorno? Quante illusioni ci sono in quelle lacrime che spingono sempre per uscire e non lo fanno solo per la paura di sembrare quello che sono veramente? Ed intanto Phil Collins canta nelle mie cuffiette nuove, al posto mio; "One more night...". Sono buono solo a fare pazzie che non servono a nulla se non a creare, a me stesso, immaginarie ed ingannevoli speranze.

È inutile... in fondo non cambia nulla, neanche sostituendo i pezzi. Forse non ci credo più.

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