domenica 10 luglio 2011

Le vecchie salite e le nuove decisioni

Autostrada A27, tratto Vittorio Veneto nord - Fadalto, il tratto più virtuoso di questa contorta ma amata autostrada, sospeso in equilibrio ad esorbitanti altezze su cotanti piloni che è quasi un peccato non poterli vedere mentre ci si viaggia sopra, in un venerdì notte in cui fuggo da un passato recente alla ricerca di un passato remoto ma non troppo, inizio la lunga salita, come sempre, togliendo il cruise control per riprendere il controllo completo del mezzo che, nonostante la coppia notevole per la cilindrata che ha, un pochino si lamenta dell'aumentata pendenza. Passa qualche secondo e qualche gocciolina, di certo non imprevista, data la continua sequenza di fulmini che ho ammirato all'orizzonte per più di un'ora, praticamente sin da casa, inizia ad imperlare il parabrezza; sali, sali... la pioggerella inizia a farsi più convinta, fino a che, alla fine del primo viadotto, è già abbastanza insistente; ancora qualche centinaio di metri, ormai già passata la breve galleria che porta al secondo ponte, e la pioggia, ormai già diventata diluvio, si trasforma in grandine; grossa, rumorosa e gelida grandine che costringe le persone a prendere delle decisioni inaspettate.
Subito c'è chi rallenta fino a fermarsi nella corsia di emergenza; solo io, seguito da un altro temerario (ma non troppo, vedendo come prima di sorpassarlo si stesse fermando anche lui...), visto che ormai la situazione non poteva peggiorare più di tanto, decido di proseguire per uscirne il prima possibile o al massimo raggiungere la galleria del Fadalto, non più di un paio di chilometri più in là; il tutto a non più di 50-60 all'ora.
Se ho preso questa decisione, oltre che agli anni di esperienza in montagna, è grazie ad una vicenda accaduta in barca a vela con il nonno diversi anni fa. Eravamo ormai a poche miglia dalla destinazione quando, in brevissimo tempo e con poche avvisaglie, ci siamo trovati in una violenta tempesta di vento e grandine; mentre io e mio padre finivamo di raccogliere le vele con la schiena sotto la grandine, protetti solo da una leggera maglietta di cotone perché non avevamo fatto a tempo nemmeno a metterci le cerate, il nonno (nelle nostre stesse condizioni ma con la scorza evidentemente più dura, da siciliano con 70 anni passati in mare), pur non capendo più dove fossimo e dove stessimo andando a causa della visibilità praticamente nulla, mette la prua al vento e accende il motore al massimo. A posteriori e a mente fredda mi rendo conto che spingersi a forza contro il vento, per quanto sembrasse una mossa coraggiosa, era in realtà semplicemente il modo più veloce per uscire da quell'inferno di aria ed acqua.
Come con la barca del nonno, dopo non più di un paio di lunghissimi minuti (quelli in barca sono stati di più...), la grandine torna ad essere pioggia, poi pioggerella, fino a smettere del tutto dopo il Fadalto; con sommo sollievo mio e del mio ignoto discepolo che mi ha seguito; mentre gli altri, pavidi, continuavano ad aspettare, fermi, che tutto finisse.
Mentre ripenso a quei momenti, ormai seduto sul divano e a notte inoltrata, mi chiedo perché io riesca ad affrontare così solo i problemi atmosferici e non quelli della vita di tutti i giorni che mi portano a confrontarmi con altre persone...

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