giovedì 1 settembre 2011

Mind the gap

Mind the gap. Avvertimento posto in numerose metropolitane. Ti dice di stare attento al vuoto che c'è tra il treno e il marciapiede. Vuoto, bella parola.
Ma la scritta summenzionata mi fa venire in mente una differenza, un vuoto, tra le varie generazioni che ci sono adesso nella mia vita.
Ho amici giovani e altri della mia età. Con questi ultimi, manco a dirlo, a parlare di cani/gatti domestici/figlioli/convivenze non mi ci trovo manco per il cavolo.
30 anni sono un passaggio importante, ma in un Paese di campagna come il mio a 30 anni vieni tacciato di essere "un vecchio solo". Io ci rido su.
Il gap è tra me e voi e io sono in basso, lo so.
Con la mia macchina da ventiquattrenne tamarro, con le fidanzate più giovani di me, di parecchio,
con la mia pressoché puerile voglia di divertirmi, ho una grande distanza dalle persone che si acconentano, che scelgono il certo per l'incerto.
E io no. Non lo farò mai. Sembra una condanna, ma non lo è.
La mia macchina parte, si avvia col suo borbottio di chi sa che su strada non ce n'è per nessuno, di coloro che premono quell'acceleratore e hanno voglia irrefrenabile di emozioni, vere, al volante come nella vita.
La macchina mi porta via, lontano da questa mia generazione, di cui solo io Giacomo e Federico siamo rimasti esponenti bambini.
Per converso, nella generazione "giovani", mi vedo più a mio agio con quelli più morigerati. E allora, la sostanza è questa: sono un pesce fuor d'acqua, sempre.
Perché? Ci si domanda perché. In effetti, hanno tutti delle diverse esigenze rispetto a me. Nessuno ha la voglia di vivere, di tassellare, di stare sveglio che ho io a 30 anni.
Ho voglia di rinascere, di poter essere accettato per come sono. Come nessuno ha mai fatto. Avrei voglia di sentirmi davvero come merito e come non mi riesce, né mi è mai riuscito pormi.
Ma devo in tutti i modi percorrere questa strada, con la nuova musica che suona, con la voglia di iniziare a capire, adesso. Capire qual è la mia strada.
D'altronde, in questi ultimi mesi ne ho cercate tante di deviazioni. In tutti i modi. Per quanto possa aver preso vie diverse, che si sono rivelate facili superstrade, anche con tratti veloci divertenti, beh, alla fine, la vecchia via è sempre rimasta lì, a guardare.
A farmi capire che non si deve abbandonare.
Come i miei amici romani che sono venuti a casa mia "via strada vecchia". Per loro, il cuore batte. A differenza mia. Devo trovare il coraggio di uscire da questa impasse. E ritrovare me stesso, per poi preparare il terreno per la vera felicità. Non si finisce mai di evolversi.
Non si finisce mai di fingere. Forse.

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