martedì 27 settembre 2011

Tell it to my heart

Raccordo Autostradale, 130km/h. La discesa di San Casciano, col suo insidioso velox posto in fondo, preannuncia che Firenze si avvicina. Tell it to my heart, successone degli anni '80, rompe il silenzio che non pesa così tanto. Il telefono è muto, stranamente, ma non fa più così male.
A quest'ora, andando indietro nel tempo, ricordo cosa succedeva in una umida domenica di primavera.
Pranzo e via, verso casa, in una specie di stralunata galoppata che adesso definirei quasi trionfale. Momenti andati. Una luce in fondo al tunnel, adesso. Un sorpasso "da scuola" prima della frenata.
L'eroica Mito era sempre la stessa. Rossa fuoco, permeata da un profumo di Trussardi che mai più avrei sentito.
E così fu, il rientro, strano e "in apnea". Un'apnea durata qualcosa come 1h e 40'.
Non dissi al mio cuore che c'era da soffrire, sulle prime. Non glielo dissi, così stetti sorridente per qualche giorno, gustando prospettive di singletudine, uscite in pub remoti con persone che poi divennero vicine, troppe sere di fila a letto sin troppo tardi quando dicevo "rimango a casa".
Poi al mio cuore glielo dissi che era spezzato: "Guarda, Ciccino, stai sanguinando, occhio che sennò muori dissanguato". E allora, cerotti. Trasfusioni. Complicità ricercata e mai più ritrovata.
Migliaia di Euro riversati in macchine, motori, track days e altre amenità da bambini cresciuti servivano solo a capire che non ce l'avrei fatta a sopravvivere a me stesso.
Lago Trasimeno, più volte. Con compagnie diverse. Il cuore spezzato era lì che sanguinava.
Mantova, l'illusione di avercela fatta. Multirientro. Nel tunnel. E il tempo che non aggiusta tutto.
Semplicemente perché siamo noi che alla fine dobbiamo affrontare le cose: per quanto cerchiamo di scappare, di correre a tutto gas verso il sereno, noi siamo a terra. Le nuvole ci rincorrono. Il temporale arriva.
Ecco la lezione che tutti dobbiamo imparare ed archiviare per il futuro.
Non si scappa dai problemi e da se stessi.
La vita è una lunga, lunghissima strada. Puoi scappare per un periodo, ma poi devi fare le riforme. Altrimenti il cuore si dissangua, senza che ce ne accorgiamo, avvolti da un torpore che ci annichilisce piano piano. E non deve essere così.
E' il momento, anche se tardivo, di uscire da questo tunnel, prendere la strada all'aperto, che non fa così male.
E' tempo di cambiare le gomme stanche e maltrattate dalla SS223, dalla SS429, dalla Firenze-Siena, dalle brutte strade colligiane e di mettere ruote nuove, anche a questo cuore che cammina.
Retrospettivo? Forse, ma per imparare a non stare più male.
Ho un tremendo bisogno di libertà. Di correre e urlare. Ma allo stesso tempo una immensa paura di star solo. Come conciliare tutto questo? Il tempo mi darà ragione.
Anche se, nel cuore, certe cose non finiscono mai. Magari un giorno al mio cuore dirò anche questo.

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