martedì 20 settembre 2011

Mele cotte



Mi offriva mele cotte. Ecco come me la ricordo. Non so perché non la collego ad eventi particolari e molto più significativi, visto che certamente non mancherebbero.
Chissà perché me la ricordo così, in quella stanza spersonalizzata, usata come deposito per qualche vecchio libro e macchinario domestico inutilizzato.
Attraversava il sentiero immaginario che collegava le due entrate portando in mano, con cura, un pentolino.
Quella persona stava venendo a cercarmi; voleva offrirmi ciò che aveva fatto, forse, appositamente per me.
La trovai nel mezzo a quel sentiero, lei mi pose la sua domanda e io rifiutai, con poca premura.
Ebbene quell'episodio non mi è mai passato di mente, è come se una parte di me non si perdonasse di quel torto figurato, di quel rifiuto sconsiderato a cui ora ripenso con disprezzo. Esagero e lo so, ma quando qualcuno se ne va finisci per dare valore a tutti gli attimi passati insieme, persino a quelli più insignificanti. Per qualche controverso motivo spingi con tutte le tue forze fino a ripescare un episodio in cui sei irrimediabilmente colpevole, e se non lo trovi, lo inventi. Così quel rifiuto è divenuto uno spregio.
Il mio ripensarci è come un "mi dispiace", detto troppo in ritardo, quando non può più essere ascoltato.
Mi voglio incolpare, sì lo voglio fare. In fondo chi crede di aver sempre fatto abbastanza? Nessuno. Siamo tutti colpevoli, è il nostro modo per scusarci.

Da molto tempo questa scena non mi passava per la mente, ma è bastata una parola, un attimo, un odore per far tornare tutto a galla. La verità è che quando una persona ci è stata vicina non importa dove sia adesso, ogni cosa ci riporta irrimediabilmente a lei, come un campanello che chiama a raccolta tutti i ricordi.
Nuovamente una sensazione di colpa e poi, come sempre nella vita, una ventata di freschi pensieri.

Nessun commento:

Posta un commento

site stats