mercoledì 21 settembre 2011

Fughe. The end of the game.

Raccordo autostradale, Cruise Control impostato a 120km/h. La strada scorricchia, in effetti. Questo tratto di superstrada sembra quasi comunicarmi, per mezzo della complice ed eroica, che mi devo riposare fino all'uscita, con i sorpassi sinuosi con poco angolo di sterzo, che poi le curve arrivano e mi mettono alla prova. Niente di più vero.
La strada ti mette alla prova come la vita. La strada è tutto. O, se permettete, cari lettori, la strada è la vita. Hanno tante similitudini.
Le curve di Castelfalfi sembrano essere il mio Turini, quando non premo l'acceleratore ma le overboost inserite ormai da 20km si coordinano con il cambio, ancora con storici e indimenticati cablaggi Bowden da veri uomini, per emettere un concerto di fischi, mentre mi sento letteralmente il re della traiettoria, mentre riguadagno casa, e il contakm segna 140/150 su queste strade di montagna. Eppure, non ho mai cambiato sopra 4000 giri. Sportiva di razza, incollata alla strada.
Eroica come le navi che si distinguono in missioni difficili.
Lei la fece quando aveva poco più di un mese di vita. Fu come mandare un bambino allo sbaraglio dove si può sbagliare tutto, dove c'era tutto da perdere, dove l'Autostrada non finiva mai, e il telepass si ribellava categoricamente a quello che voleva il pilota.
Spaesata, su quell'A1 nebbiosissima, si muoveva in modo silenziosissimo tra i camion, tra la gente che frenava, in quel terreno che non era, né sarà mai, quello ideale.
E peraltro la missione riuscì pienamente. Missione eroica. Alle 9 al lavoro la mattina dopo. Ma lei, nel navigatore, indicava sempre, in modo imperturbabile, di andare avanti. AVANTI. AVANTI. E non fermarti. Puoi tornare indietro in ogni momento ma non lo fai. Vai, corri. Muoviti. Attenta alle insidie ma corri. Corri.
Automobilisticamente parlando, il suo terreno ideale è questo: curvoni ravvicinati, cuori infranti da riparare, per dimenticare. Ieri sera mi ha pure perdonato. Da lei non me lo sarei mai aspettato. All'inizio mi avrebbe volato in un botro, invece mi ha perdonato un erroraccio, prendendo in quarta marcia un curvone da seconda.
E invece siamo su questo lunghissimo tratto di prova speciale insieme, strada che adesso è MIA, solo MIA, che ha messo alla prova macchine più lente, e ha visto per anni protagonista la Lancia, ammiraglia indiscutibile e indiscussa di tutto questo nastro d'asfalto. Il suo titolo di ammiraglia è indimenticato e rimane lì, vacante. Nessuna delle due sportivone è in grado di rilevarlo.
Sono sazio, parecchio, stasera. Ho mangiato forse troppo, ma sono tremendamente sereno.
Ho fatto dei tagli. Ho chiuso ogni rapporto con una situazione che fa molto male, sempre più male. Ho bloccato su FB un profilo. Ho tolto un marcio blog che sapeva molto di polveroso e di passato. Tutto questo l'ho fatto in modo consapevole. Una fuga velocissima non si sa da chi né da cosa, adesso.
E allora posso anche domandarmelo da cosa sono sempre fuggito.
Oggi sembro quasi avere la soluzione a portata di mano. Sono sempre fuggito da me stesso, in primis. Dai miei errori dovuti all'ingenuità. Dal mio essere stato, in passato, "traditore seriale" (cit.). Ho sofferto. E' ora di fuggire da questa sofferenza, da questo vortice di magoni continui che mi assalgono quando guardo a sudovest. Adesso non c'è più niente da guardare. Ho lottato contro me stesso, e la parte più spontanea ha preso il sopravvento.
Ricordo bene, nell'estate 2010, quando gli amici li scoprii veri, affiatati, attaccati, come non mai, pronti a sorreggermi. Lì stavo iniziando a guardarmi dentro. Lì è iniziato tutto.
Avevo iniziato, in quel 2010 così carico di cambiamenti, a pagare i conti di 10 anni di pantomime, di falsissimi atteggiamenti da persona forte. Avevo iniziato a capire che ci voleva tenacia.
E ora c'è. C'è stata la tenacia della missione eroica, del riprendermi ciò che era mio.
Era tenacia anche quella di uno che lascia andare chi se ne va. E' anche quella, dopo mesi. Sono scenari difficili e scelte dure che dovevo fare mesi fa.
E allora, scappiamo. Scappiamo da tutto e tutti. Dalla voglia di scrivere messaggi, dalla voglia di guardare profili Facebook e accessi a un blog morto. Almeno lì, un recinto elettrificato ce l'ho messo.
Ripartire, l'ennesima volta. E fare tesoro degli errori. Ripartire buttandosi, come dovrebbero fare tutti. Non è facile. Ma c'è chi ci riesce e, a parte alcuni momenti, sono fiducioso.
L'imperativo categorico, adesso, è non avvistare il nemico. A meno che non diventi amico.

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