mercoledì 14 settembre 2011

Il fascino che resiste al tempo

Ci sono cose che resistono al tempo. La bellezza dei vent'anni se ne va, inesorabile, anche se alle volte a 30 le persone, come il sottoscritto, sono più belle. Oppure si sanno tenere meglio, che poi, alla fine è la stessa cosa. Lo si vede su Facebook nelle vecchie foto.
Ma il fascino, quella sensazione di attrazione che qualcuno o qualcosa che alla fine è passato che "tecnicamente è inferiore ma...", rimane.
Non lo fanno solo le persone. Ci domandiamo come mai la gente compra le macchine d'epoca, per rivivere un periodo, oppure perché hanno più fascino.
E' questione di sensazioni, in effetti. Tutta questa vita si basa su frequenze, brividi, emozioni.
Così come, col mare calmo, le trentunenni Marmorica e Oglasa rimangono sempre le più veloci del mazzo, nonostante ci sia chi ci mette meno tempo e sia tecnicamente più nuovo.
Sono le più veloci in termini di punta. Slanciate, incattivite, ogni anno che passa ci salgo e non invecchio...Non sempre ciò che tecnicamente è perfetto è emozionale. Loro, sì. Si fanno fregare in manovra da un giovincello tendenzialmente lento ma più maneggevole. Il loro tempo è passato ma ci provano, al ritmo dei motoroni e della loro vernice perfetta, a mantenere la dignità che i giovani con la loro spocchia non hanno, a vincere, a sorpassare sinuosamente quelle altre navi lente ma perfette che "barano" e godersi la gloria momentanea di una crociera perfettamente riuscita, della manetta del gas in "full", delle mareggiate affrontate con la massima forza, purezza, e bellezza del loro essere punti bianchi.
Loro, vivono e rimarranno, sino all'ultimo giorno, dignitose.
Strada Comunale delle Lellere, 130km/h, questo sorpasso me lo godo. 30 anni, come loro. Ci sono giovani più bravi, ma la gloria momentanea ed effimera è quello che rimane. Insieme a un carico di ricordi che sono sempre qui, vivi, vegeti, e non se ne vanno via.
Come dice un grande autore di poesie che si autodefinisce Costante ma improduttivo, ma tanto improduttivo non è:
Il cacciatore sta,
sulla montagna,
si domanda
se si viva per morire
o se si debba morire per essere vissuti veramente.

Marmorica e Oglasa hanno cacciato. Ogni giorno lottano per mantenersi vive e spingere via il tempo che avanza, che le fa sentire vecchie.
Sono passati Monostab, aliscafi, linee morte. Loro sono sopravvissute a tutto.
Così come ho fatto io. Sono sopravvissuto.
E allora, la conclusione a cui si giunge è che non si vive per morire: si muore per essere vissuti veramente.

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