giovedì 29 settembre 2011

Riaccensione

L'aereo decollò, alzando prepotentemente il muso verso il blu scuro limpido del cielo di quella mattina di luglio. I nostri volti fecero lo stesso, come se le punte dei nostri nasi fossero il muso dell'aereo, come se i nostri occhiali, pressoché identici, servissero a schermare la solita luce che si avvicinava prepotentemente alle nostre pupille, due azzurre e due marroni/verdi. Uno sguardo, un brivido, e l'aereo che con il concerto dei suoi due motori a 6 cilindri contrapposti, affievolito soltanto dall'insonorizzazione dell'abitacolo, si poneva a quota di crociera.
Laura era lì, affascinante all'ennesima potenza, avvolta nei suoi pantaloni larghi sulle gambe e stretti sul sedere, che portava da sola questa belva a 400km/h verso la sua meta, con il modo di fare di chi guarda i guidatori di macchine con lo stesso sguardo superiore con cui i marinai scrutano diffidenti la gente "di terra". Poco importava quel giorno. Lei era lì, al mio servizio, che avrebbe assecondato ogni mia puerile esigenza.
Non potevo fare a meno di staccare lo sguardo da quel volto pressoché perfetto, da quel collo quasi muscoloso, non annichilito dalle ore in poltrona. Avrei avuto voglia di sentire con le labbra la durezza di quel collo, ma ovviamente non si poteva. Mi sentivo anche un po' un traditore, in quei giorni di luglio, senza alcun motivo. Avevo ritrovato l'illusione, effimera quanto piacevole, di essere di nuovo me stesso in un viaggio simile a quello che sto per intraprendere domani. Non è stato così, lì per lì.
Laura pilotava un mostro volante e lo conduceva, quale nonnetto 32enne come lei, a fare con dolcezza ogni cosa che lei chiedeva.
Mi spiegava, col suo bellissimo accento, che negli aerei con due motori, esiste un esercizio che si chiama Feathering. Spegni un motore, blocchi l'elica come una piuma, e poi lo riaccendi. Nel frattempo, sei sfidato a mantenere la velocità e la quota, oppure a finire la manovra di decollo.
Roba da uomini, viene da pensare, e non da nerborute ragazze di 32 anni armate di forme spaziali, di due mani bellissime con la French, di Ray Ban Aviator e di una chiacchiera che, tra un contatto con le torri e i radiofari, parla di sé.
Lì per lì non capivo. Non percepivo la portata della riaccensione del motore, di un cuore che riprende a vivere. Ero permeato dai brividi che quella ragazza madre volante sapeva trasmettermi con tre parole, e una mano infilata per un attimo nei capelli che erano piuttosto arruffati in segno di amicizia, forse.
Discorsi e parole, sguardi nemmeno così innocenti si susseguivano nei 40 minuti di volo che ci separavano dalla nostra destinazione, mentre l'aereo sornione e profumato di pelle morbida si appoggiava lentamente e dolcemente sulla pista dell'aeroporto, sempre sapientemente pilotato dalla bella, bellissima, affascinante e attraente Laura.
Ridecollammo, poi, e fu un continuo rimbalzo di battute, pure a cena.
Nel mio viaggio di ritorno mi spensi di nuovo. Mi sentivo un traditore di chi non c'era più da mesi nella mia vita, ormai. Non mi sentivo pronto, a ricevere quello di cui avevo bisogno.
Ma adesso, a distanza di mesi, sono certo di aver "riacceso" qualcosa che dentro di me era spento, come il motore di destra del nostro aereo. Sono altrettanto certo di aver trovato un equilibrio, ancorché precario, ma la sensazione che si consolidi giorno giorno è altrettanto presente.
E' un equilibrio fatto di musica allegra, sbarazzina e impegnata, di scrittura, di lavoro e rapporti sociali, di parole e risate. L'equilibrio che cercavo.
Non so quanto durerà, ma per un altro minuto ancora sono certo che questa base non si spezzerà. Voglio volare, tra le braccia di chi sa come portarmi in alto. Anche senza motore.

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