lunedì 5 settembre 2011

Ritorno a nordest - Riflessioni



Ritorno a nordest. Ci sono tornato ben 3 anni dopo l'ultima volta, stesso posto, stessa festa, quest'anno molto meglio.
La macchina correva, da Padova a Venezia, mentre il Past PD guidava, con la sicurezza di chi conosce la strada, e la sente sua, e ama sentire la coppia ai bassi di un razionalissimo turbodiesel.
Lui non è un trentenne sgallettato come lo sono io. Non è uno che ama fare il pottaione alle feste, ma è timido, concreto e preciso, non un "tanto fumo (ma veramente tanto) e niente arrosto" come il sottoscritto. E' uno che vede nelle cose la bellezza e la concretezza. E' uno che si è dato da solo uno spintone nella vita, che è uscito dal guscio e si è dato uno spintone da solo perché quello che aveva gli andava stretto.
Encomiabile. Dovrei essere come lui.
Mi fa molto strano pensare qui, sul treno, il mezzo che amavo e che burrascosamente ho lasciato in favore di aggeggi rossi con le ruote.
E invece no, invee di essere maturo continuo a salire sui miei trenini, a smaneggiare quei motori potenti che prima o poi daranno un giustificato forfait anzitempo. E continuo a fare il maranza alle feste in modo imperterrito e imperturbabile, senza dare ascolto a tutti coloro che mi hanno preso più volte per un braccio e mi hanno detto "Andrea, adesso basta". Dico "sì" e faccio quello che mi pare. Pontifico e non realizzo qual è la via giusta.
Dicono che, alle volte, l'amore vince ogni battaglia. Era una frase che mi rimbalzava sul treno del ritorno, ma a cui adesso non so se credere. Anzi, ci credo. Il problema è sempre il quando, sono le tempistiche. Immaginiamo un punto preciso dell'universo: ad esempio, Colle. Immaginiamo un altro punto diverso dell'universo. Immaginiamo che questi due punti si pensino ma ci sono barriere che impediscono l'un l'altro di saperlo.
In questo caso l'amore non vince. Vince la paura. In altri casi, capitano eventi strani. Mi fa strano risalire sul treno, sul quella stessa linea (da Bologna in poi). Mi fa altrettanto strano guardare le foto di venerdì scorso, in cui ero il nonno e abbracciavo i ragazzi, quelli che ho definito "I miei ragazzi", quelli che davvero mi vogliono bene, quelli della città a cui sono più affezionato.
Riguardo e riguardo le foto. Siamo belli. Sono belli.
E' bella l'atmosfera. Manca qualcuno che s'è volatilizzato ma per il resto il gruppo è coeso.
Loro, carichi di speranze, non arriveranno vuoti al capolinea. Perché ci saranno quelli come me che li aspettano.
E quando l'ultimo autobus è passato, chi verrà a salvarmi?

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