domenica 16 dicembre 2012

Why can't I be you?


Ci sono mattine in cui ti alzi e sai che devi partire. Soprattutto ne hai voglia, perché la tua settimana ha rasentato l'infernale girone di coloro che sono costretti a fare le trottole per l'Italia.
In queste mattine non ti aspetti niente, ma qualcosa arriva, nel tuo cellulare mai muto. Nello specifico un messaggio.
E allora la tua seconda pilota sale, rivoluziona la tabella di marcia della tua macchina e ti manda, letteralmente "...a calci nel culo..." dove tu sei riluttante ad andare, dove tutto ebbe inizio, ad uscire dall'autostrada in corrispondenza della città estense, peraltro innevata e sopporta tutte le tue paturnie, dicendomi però che ho ritrovato la sicurezza, quella che mancava.
Alla fine le cose vengono naturali, per chi si è amato davvero.

Vengono naturali le battute, i sorrisi. Niente più. Niente illusioni. Niente brutti pensieri. Solo una lacrima liberatoria di tensione una volta ripartiti, ma era una lacrima quasi di gioia, mista ad amarezza perché per una volta, citando qualcuno "...mi sono sentito a casa...".
Casa, in effetti.
L'Eroica Mito procede per l'A27 a 150km/h verso Pordenone, sospinta dai Cure, da una serie di canzoni belle scaricate apposta per l'occasione, ma soprattutto dalla voglia di arrivare presto perché del nubifragio e dei sedili duri ci si stufa presto.

E nei pensieri ci sei tu: c'è quella donna sorridente, quella di cui più di un anno fa mi innamorati perdutamente.
Si riparte, per carità, senza illusioni. In questo mettiamo le mani avanti.

Tuttavia, ho la serenità di chi sa che alla fine non cambierà nulla.
Magari i tuoi inbetween days sono sicuramente diversi dai miei, avendo preso coscienza di quello che fai senza rimorsi.
Invece le mie fasi inaspettatamente simili a una tabula rasa sono ancora presenti. La cura c'è ma non la posso avere.
Me ne accorgo. Passo le giornate con la mia copilota, facendo tutte le cose pubbliche che le persone amiche e forse più che tali fanno: tanti ci scambiano per ciò che non siamo. 
Lo faccio per amicizia e per sopperire a quel bisogno di routine che tanto mancava.
E tutto questo mi aiuta a prendere coscienza di quel che manca.
Ha un nome e un cognome.
Ora, in effetti, in fondo al tunnel si vede la luce.
Speriamo non sia il treno. O che almeno vada piano così ci si scansa.

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