domenica 4 novembre 2012

Apnee



In questi giorni mi domando a tratti (piuttosto lunghi a dire il vero, anzi durano ore, mannaggia) che strada farebbe il tuo viaggio di ritorno.
E' estremamente improbabile che ciò avvenga ad oggi. Ma comunque, dire a se stessi una piccola docle bugia non fa male se aiuta a sopravvivere quando altrimenti ciò non avverrebbe.
La strada è quella. La sappiamo tutti. O meglio, per te è una ferrovia e un bel pullman blu della SITA.
Ciò che conta, come dici tu, è il risultato. Risultato che non arriva. Immagino il ritorno e il mondo che riprende colore, l'esistenza che diventa vita.
E invece no. Da quel giorno, recentissimo, a bordo dell'Eroica Mito, sono rientrato in quello spiacevole tunnel che si chiama amore deluso.
Ero conscio di essere entrato in codesto tunnel, e infatti avevo figuratamente fatto il pieno di benzina, creato una "exit strategy" che ritenevo adeguata, portato le provviste per starci anche parecchio tempo.
E avevo schiacciato l'acceleratore, finché ce n'era. Lo sapevo bene che il viaggio nel tunnel sarebbe durato molto. Credevo che, come tutte le volte, l'uscita fosse vicina.
Invece stavolta no. Le luci rimbalzano sul cofano dell'Eroica, sempre di più.
La benzina scarseggia e mi vedo costretto a rallentare l'andatura. Non se ne vede la fine di questo tunnel.
Provo una incredibile sensazione di impotenza, che mi circonda continuamente. Il non poterti contattare, l'esserne del tutto impossibilitato, mi porta a non riuscire a fare niente di possibile. Anche una chiamata, dolce, avrebbe potuto fare qualcosa in più per avvicinarci.
E invece, schermata dalla rabbia che trasuda da ogni tua fibra non esiste possibilità nemmeno di contattarti in pace.
Che tristezza, la nostra bellissima storia distrutta in modo del tutto arbitrario dai miei comportamenti, da un tuo "far muro" adesso che ritieni che tutto sia perduto.
Vivo una terribile sensazione di apnea che mi attanaglia. Apnea fortissima. Una telefonata, un segno, sarebbe divenuto forse una boccata d'ossigeno.
Ma la traversata senza ossigeno sarà lunga, cosicché respirarti di nuovo, e magari in modo continuativo, sarà qualcosa di bellissimo e naturale.
Sarà un ritorno alla natura reale che abbiamo.
Per adesso tocca nuotare a rana sotto la superficie acquatica. Tocca tollerare movimenti strani e incomprensibili.
Tocca rimettersi in gioco.
Non respiro. La mia vita è appesa ad una serie di speranze che fanno battere in eccesso il cuore, che mi costringono ad attribuire valore a segnali del tutto normali, che mi fanno venir voglia di fare pazzie.
Una parte di me sa bene che cosa vuole: salire in macchina, 223km, abbracci, baci, occhi che si incrociano di nuovo e la consapevolezza che siamo insieme di nuovo.
L'altra parte di me sa che è presto. E' presto perché la vita è lunga, è presto perché la rabbia sopra citata offusca anche la minima voglia di vedere lo scrivente.
Offusca anche ogni sentimento.
Sono sott'acqua, a pochi centimetri dall'aria, ma non riesco ad emergere.
Non riesco ad uscire da questo tunnel, lungo centinaia di chilometri, e la benzina scarseggia, e se succede qualcosa in galleria è un grandissimo problema uscirne.
La luce non si vede, l'ossigeno non si respira. Come fare adesso? Cosa fare?
Mi sento un passeggero clandestino del tuo profilo Facebook che è pubblico, che controllo in maniera compulsiva, male interpretando ogni cosa in esso avvenga.
Sono schiavo di questo malatissimo amore, cercando di curarlo.
Come vorrei che il mio telefono suonasse, che davvero tu avessi impostato la strada del ritorno sul nostro navigatore. Invece no. Non è così adesso.
Non lo sarà per molto tempo.
E ti amo, cavolo se ti amo.
Mai come adesso lo so.

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