martedì 20 novembre 2012

Costante fredda

Mi lascio trasportare dall'ennesimo FrecciaBianca in questa domenica sera di metà novembre; mi lascio trasportare dopo aver finalmente rivisto le mie montagne, dopo aver riassaporato il silenzio di una giornata di sole autunnale in mezzo ai boschi tra la prima neve, dopo aver nuovamente respirato a pieni polmoni l'aria a temperature sotto lo zero non appena il sole si è nascosto dietro la Croda da Lago.

Ho indossato dopo lungo tempo i pantaloni tecnici invernali, anche se senza la calzamaglia, trattandosi pur sempre di temperature solo di pochi gradi sotto lo zero; ho rimesso la canotta termica sotto la maglia di pile leggera; gli scarponi erano quelli estivi, ma in fondo qui ho sempre usato quelli e c'erano i fidi Falke Tk1 a tenere caldi piedi e polpacci; guanti e sottoguanti pronti...

Quasi non mi aspettavo facesse così freddo; non mi pare ne facesse altrettanto il 9 dicembre dell'anno scorso, sul versante opposto, al Rifugio Pomedes; ma allora eravamo al sole e la neve era quasi praticamente assente; cammino con calma in salita, tra macchie di sole, cercando di non sudare, arrivando al fantastico panorama che si gode su Cortina dal balcone al limite della cresta che scende dalla Croda; da lì fino al rifugio il sentiero sarebbe stato quasi sicuramente tutto in ombra, e di conseguenza l'aria sarebbe diventata bella fresca; riprendo quindi a camminare velocemente, con la temperatura che iniziava a scendere sensibilmente sotto lo zero, mentre gli scarponi scalfivano appena la superficie ghiacciata della neve invece di affondare; le mani, ancora calde dopo la salita, sentono il freddo ma non ghiacciano. E i pensieri corrono inevitabilmente là, tremila chilometri più in su.

Lago ghiacciato, rifugio (chiuso), un panino e via indietro, ora con le mani che dopo la sosta iniziavano sì a ghiacciare; dieci minuti di camminata veloce e la temperatura del corpo torna quella giusta, finché, sbucando sulla cresta, trovo il sole pomeridiano appena dietro le pendici di Cima Formin a salutarmi. Guardo la mia lunga ombra proiettata sulla neve; io ed il mio zaino, il mio pesante bagaglio di esperienze solitarie; ed il sole; nessun altro. Certo, c'era un amico una ventina di metri dietro di me, in questa silenziosa discesa; ma l'unica costante che riesco a trovare in queste tre decadi abbondanti di cammino è una solitudine di idee e di intendimenti a cui sto forse riprendendo, dolorosamente e faticosamente, ad abituarmi.


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