A27, 120 km/h, pioggia forte tra una galleria e l'altra; le Continental TS830 M+S appena rimontate compiono egregiamente il loro lavoro, alzando un nuvolone di acqua alle mie spalle, annebbiando un po' la vista a chi mi segue, così come nella vita do sempre un'immagine incompleta e sfuocata di chi io sia veramente; mi accompagnano, come sempre ultimamente, i passeggeri che non ho e le risposte che non ho, in questo solitario viaggio di ritorno alla realtà.
Tengo le mani saldamente sul volante per non farmi tradire dalle numerose pozze d'acqua sul manto stradale e dalle sporadiche raffiche di vento (oggi non prepotenti come altre volte) sugli alti viadotti la cui vista sul suolo sottostante è saggiamente coperta da alte barriere; la vita, in fondo, vale la pena viverla, anche da depressi; e mi rendo conto di quanto, in quei momenti, io abbia la mia vita, così come quella degli altri, nelle mie mani; una pistola carica a quattro ruote, pronta a sparare, con cui ogni tanto giochiamo ad un'ovattata ed indorata roulette russa per scaricare i nostri problemi nell'adrenalina del momento.
Mi lascio alle spalle (per il minor tempo possibile) il mio rifugio e mi rituffo, a mala voglia, nella vita e nelle delusioni di tutti i giorni, sempre ostentando un orientamento geografico che nulla ha a che vedere con l'ormai cronico disorientamento personale, figlio dei troppi obbiettivi mai raggiunti e di troppe mancate sorprese. Sempre in attesa di qualcosa che non accade e che sembro non aver più voglia di far accadere, non sapendo più da chi dipenda cosa; conto le ore e le giornate che mancano a qualsiasi cosa, pur di guardare avanti e di avere dei finti obbiettivi, visto che per quelli veri non riesco a porre neppure le basi per raggiungerli.
Forse continuo a scappare sempre e solo dalle mie responsabilità.
Tengo le mani saldamente sul volante per non farmi tradire dalle numerose pozze d'acqua sul manto stradale e dalle sporadiche raffiche di vento (oggi non prepotenti come altre volte) sugli alti viadotti la cui vista sul suolo sottostante è saggiamente coperta da alte barriere; la vita, in fondo, vale la pena viverla, anche da depressi; e mi rendo conto di quanto, in quei momenti, io abbia la mia vita, così come quella degli altri, nelle mie mani; una pistola carica a quattro ruote, pronta a sparare, con cui ogni tanto giochiamo ad un'ovattata ed indorata roulette russa per scaricare i nostri problemi nell'adrenalina del momento.
Mi lascio alle spalle (per il minor tempo possibile) il mio rifugio e mi rituffo, a mala voglia, nella vita e nelle delusioni di tutti i giorni, sempre ostentando un orientamento geografico che nulla ha a che vedere con l'ormai cronico disorientamento personale, figlio dei troppi obbiettivi mai raggiunti e di troppe mancate sorprese. Sempre in attesa di qualcosa che non accade e che sembro non aver più voglia di far accadere, non sapendo più da chi dipenda cosa; conto le ore e le giornate che mancano a qualsiasi cosa, pur di guardare avanti e di avere dei finti obbiettivi, visto che per quelli veri non riesco a porre neppure le basi per raggiungerli.
Forse continuo a scappare sempre e solo dalle mie responsabilità.
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