martedì 18 ottobre 2011

I passeggeri che non ho

Rampa del casello di Mirano-Dolo, 60 km/h, il sole appena alto sull'orizzonte porta un po' di luce sul mondo circostante, sulle campagne del Veneto centro-orientale. Ma dietro le lenti polarizzate attaccate agli occhiali del guidatore Costante ma Improduttivo la situazione è diversa; la calda luce del sole non arriva e quegli occhi stamattina sono continuamente sull'orlo di un pianto disperato, quasi desiderosi di buttare fuori con le lacrime una serie di delusioni che continuano invece a rimanere chiuse dentro.

Spesso capita di guardare il sedile di destra, vuoto; in macchina come nella vita. Capita, in mattine come queste, di provare a seguire con la voce una canzone alla radio, ma di dovermi bloccare per evitare di sentire la voce che si rompe e che scatena una di quelle reazioni che non si confanno ad un ragazzo-ormai-uomo-che-non-vuole-esserlo di 30 anni. E capita così di scaricare la propria frustrazione su quelle povere quattro ruote che per fortuna continuano a darmi fiducia e a sopportare le mie scariche momentanee di rabbia.

Ci sono sempre i passeggeri che non ho, su quel sedile; ma ci sono solo nella mia testa, la mia fottuta testa da sognatore, che in momenti come questi odio fortemente perché non mi lascia vedere il mondo in modo razionale e pragmatico. Ci sono i passeggeri che non ho, nei momenti che passo fermo in macchina in giardino da solo quando torno a casa la sera, sotto la luna. Ci sono i passeggeri che non ho, nelle poesie in cui si riversano i miei conati di depressione creativa. Ci sono i passeggeri che non ho, in quella cazzo di lucina del telefono che non si accende e che continuo a guardare nonostante tutto. Ci sono i passeggeri che non ho, nella voglia di salire in cima ad una montagna e urlare forte.

Si, quel posto è stato occupato per diverso tempo, ma non ero quello che sono ora e forse non sapevo cosa io volessi veramente; non è stato un errore, ma era il passato. Ora quel posto vuoto pesa come non mai, ora che mi accorgo che il tempo non è infinito e che le questioni aperte da risolvere sono ancora troppe e, forse, ho iniziato a voler risolvere quelle sbagliate; forse devo rassegnarmi almeno per un po' a continuare a vedere quel posto vuoto finché altri problemi verranno risolti e mi lasceranno pensare più serenamente al futuro. Ho paura e so che soffrirò ogni volta che mi volterò, ma forse, ora, è la cosa giusta da fare.

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