giovedì 13 ottobre 2011

La rottura del silenzio (piccola replica a Francesco)

Ed eccomi qua, nell'ennesimo viaggio di ritorno, col Blackberry che fa finta di non esserci e taglia piacevolmente (per il primo giorno, poi viene a noia) ogni contatto con il monto tecnologico esterno.
Autostrada A11, 140km/h: un serpentone di macchine pressoché insorpassabile rende sostenuta persino la velocità "quasi codice", che l'Eroica Alfa sostiene con la sua solita fierezza e imperturbabilità, nel silenzio più totale. Nel passo veloce autostradale non è l'Ammiraglia, ma forse inizia a cavarsela decentemente.
Silenzio, ancora. Nonostante la musica anni '80 che manifesta la propria frivolezza nei miei altoparlanti, non riesco ancora a palesare quell'equilibro che si regge "con i fili", come lo è in molte fasi della vita.
E' un equilibrio razionale e sofferto, questo. E' quell'equilibrio di chi non è mai stato in piedi da solo, se non sorretto da qualcuno in cui riponeva la massima fiducia.
Quel qualcuno, poi, ha lasciato andare di colpo quel braccio, quella mano intrecciata così forte, e mi sono trovato a cascare. A non potermi rialzare, nonostante mille tentativi di rimettermi a camminare, non ce l'ho fatta mai da solo. Nella vita, più e più volte così è successo.
Mi è capitato di lottare, così come adesso, ogni giorno, per ricamminare da solo.
E' un gioco a somma zero, alla fine, che esclude adesso un ritorno di chi speriamo che lo faccia, un prepotente ingresso sulla scena di nuovi soggetti.
Francesco, dobbiamo imparare a camminare da soli e farci bastare questo silenzio: per un attimo tutto questo farà male.
Non dobbiamo cercare distrazioni, il movimento continuo dell'essere per star bene. Certo, lo si può fare questo, per un periodo più o meno prolungato.
Lo si può fare per non sentire la mancanza di chi c'era accanto, la sensazione brusca di vuoto.
Ho attraversato un tratto di deserto anche io, ci ho pure finito la benzina. Poi qualcuno è venuto a ripescarmi, e a farmi guardare in faccia la realtà. La realtà è che ancora di strada dobbiamo farne, tutti. Non solo io. Tu sei partito a velocità aeronautica, con la logica del "tutto e subito". La vita è una 24 ore di Le Mans, non mi scorderò mai di dirlo che chi parte velocissimo nelle prime fasi, dopo inevitabilmente patisce.
A fine marzo/aprile, sono partito anche io in testa, illuso che, presto tutto sarebbe stato dimenticato, che il sole che vedevo fosse quello giusto e buono. E invece, ero semplicemente nell'occhio del ciclone, dentro cui sono ripiombato. Eppure ho continuato a camminarci dentro, di nuovo illuso che tutta la tempesta si sarebbe diradata.
E' un andamento sinusoidale, il nostro.
E allora, dopo il tratto di deserto, di vuoto, di paura di star soli, di bilanci, è giunto il momento di fermarci alla prima area di sosta.
Fare il pieno, riposarsi e ripartire.
Non è facile. Per niente. Sono d'accordo con te in questo. Non sono ancora ripartito come volevo, ad oggi. Non sono ripartito all'andatura che potevo tenere, e certe "frenate" le tiro di continuo, anche, forse, in modo immotivato.
Tutta l'irrequietezza che hai, che abbiamo entrambi, è normale in queste situazioni.
Di fatto entrambi credevamo in due cose importanti, radicate da tempo nella vita.
E i silenzi sono duri da riempire, con la musica che inevitabilmente ti riporta una sensazione di ricordo e vuoto, anche retrospettiva.
Si reagisce, però, come mi hai detto per tanto tempo.
Riforme, ecco l'imperativo, al di là di quanto sbandierato dal Governo. Riforme in noi. Manca qualcosa? Sempre mancherà.
Non siamo soddisfatti della professione? Il lavoro ce lo creiamo noi: anche io vorrei una evoluzione particolare e sto cercando di farla, magari anche stravolgendo le nostre convinzioni.
Tutto questo non preclude che in amore ci siano novità. Il ritorno aspettato, oppure una nuova coppia di fari che ti illumina la via, che è stata sin troppo buia e vuota sinora.
E' vero, è un andamento, per usare un termine a me matematico, sinusoidale. Alti e bassi. Punti di minimo e di massimo.
Ma adesso è ora di riformare tutto. Lavoro, amore, idee. In nome della libertà che ci fa camminare di nuovo da soli. E che, magari, ci ridà essa stessa la forza di rimetterci in gioco.
Da un amico.

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