Padova, casa; sesto giorno da per la prima volta "In Italia per le feste"; forse, ora, inizio a rendermi conto. Inizio a rendermi conto della distanza della Cina e di Shanghai, della distanza di tutto ciò che mi circondava una settimana fa (e mi circonderà di nuovo tra 8 giorni) e ciò che mi circonda ora; della distanza tra me e chi resta.
Sento la distanza dai racconti di storie ordinarie di persone amiche; percepisco la distanza nelle lunghe e fragorose risate della bambina cinese che giocava col photo booth del mio iPad nelle ultime ore del volo verso la più orientale delle grandi capitali (almeno geograficamente) europee; vedo la distanza nei cliché di questo nordest chiuso su sé stesso, che non mi appartengono più. E so che ormai il divario è enorme e non posso farci niente.
Ed è inutile chiedersi dove sia nata la distanza, quando la barca abbia iniziato ad allontanarsi dal porto nel mare aperto; una sequenza di tanti eventi, tante persone, tanti viaggi, mi hanno portato ad essere ciò che sono ed a vedere ciò che i miei occhi osservano ora. Le ragioni passano dalle magnifiche amicizie di Milano e dintorni, dai pochi ottimi amici rimasti in terra veneta ed alto-romagnola; viaggiano sulle ali dell'A321 che mi ha portato a Dublino, sugli Alstom amaranto di Italo e sui lunghi Frecciabianca della dorsale adriatica.
Vedo e sento la distanza negli occhi a mandorla che mi guardano tra i bit a novemila chilometri da qui, nei sorrisi pieni di speranze e di futuro di chi investe su sé stesso nonostante tutto, quando qui sembra difficile ed incerto anche un presente. E continuo a dirmi che la voglia di tornare c'è, forse cercando di convincermene; ripenso ai luoghi che amo e che forse neppure riuscirò a vedere in questa piccola pausa e penso che sì, vorrei poterci tornare quando voglio, ma so che non sarà possibile.
Volere, potere, pensare, andare, venire, tornare... tutte parole. A quanto pare la vita è altro.