lunedì 8 agosto 2011

Tempo di bilanci



“E quando fuori dalla tua finestra il cielo si fa più grigio... e quando dentro ai tuoi pensieri si insinua un senso di amarezza... e quando avverti una crescente mancanza di energia... e quando ti senti profondamente solo... ecco, quello è il giorno dell'appuntamento col bilancio della tua vita.”


E’ da un po’ di tempo che rifletto e, in modo lento e graduale, mi sono sentita quasi spontaneamente in dovere di trarre un bilancio della mia vita. Non uno in particolare, ma uno dei tanti, di quelli di fine anno, anche se spesso vengono redatti in modo distratto, più nell’amarezza o felicità di un momento che non tramite un’accademica disamina.

Improvvisamente ho avvertito un cambio di marcia, come se tutto il panorama intorno si fosse alterato. Coloro che venivano a portarmi il pane non passano più davanti alla mia porta, le mani non vengono più strette, niente favori, niente parole di conforto, niente di niente. Il mondo ha smesso di girare intorno a me. Questa strana sensazione mi incalza e lascia fluire vari interrogativi attraverso la mia mente. In qualche modo sento di aver esaurito ogni credito. Il cassetto delle cambiali che stava sotto al mio tavolo, sempre a portata di mano, appare adesso vuoto ed emette un suono sordo al tocco del ginocchio che, impaziente, ogni tanto lo urta.

C’era un tempo in cui tutto era da desiderare, in cui non si aspettava la famosa manna dal cielo ma si credeva che qualcosa, bene o male, in ogni caso sarebbe arrivato. Una proposta, una persona, un biglietto aereo.
Si siede in attesa dell’inaspettato giocando nel frattempo a scorgere segnali di quel cambiamento, con occhi da bambini: grandi e curiosi. E lo si sente, si sente sempre. E’ la sensazione di chi aspetta, di chi si sente confinato su una piattaforma instabile. Molte volte mi sono sentita come se tutto questo fosse solo temporaneo, come se da lì a poco sarebbe arrivata una svolta, anche non sapendo quale.

Forse siamo noi stessi ad accorgerci di quanto il presente sia precario o di quanto si voglia porre fine ad un frammento di vita troppo insoddisfacente. Perché fin quando non si giunge alla soddisfazione, sebbene non piena, si tende sempre a guardare più lontano del nostro orticello.
L’uomo è un essere dinamico, diventa sedentario quando non sa più dove andare, come se in quei pochi passi avesse già girato tutto il mondo.
Ed eccomi qua. Siedo ed un giorno come tanti altri mi accorgo di ciò che mai avrei notato. I cambiamenti nella vita a volte avvengono lentamente, come un’abitudine che pian piano si perde, senza sentirne la mancanza, senza saperne il perché. Come l’albero invecchia lentamente, perde le foglie una ad una, ma noi riusciamo a notarlo solo quando è completamente spoglio, ripensando a quando era forte e rigoglioso.

Non siamo acuti osservatori, spesso dobbiamo giungere al culmine prima di capire. Ma forse anche questo piccolo dettaglio porta con sé una goccia di bellezza. Chi di noi vorrebbe vedersi pian piano invecchiare? Nessuno, almeno spero.
Forse è meglio così: un giorno ti svegli e i tuoi capelli sono grigi, la tua pelle raggrinzita e le gambe più deboli. L’inconsapevolezza fa parte del percorso.

Quindi oggi mi sono svegliata e, come l’anziano in questione, mi sono guardata allo specchio interiore. Non mi manca più niente, non saprei cosa chiedere alla vita, non saprei cosa chiedere a me stessa. Certo, le piccole cose sono infinite, ma non sto certo a parlare di dettagli. E’ come se avessi finalmente realizzato un progetto lasciato sulla scrivania per troppo tempo, aggiungendo di tanto in tanto qualche segno di penna atto a completarlo. Non so più dove andare, non voglio più guardare oltre, non ne ho più bisogno. Sarà ora di restituire alla vita ogni singolo favore e stringere le mani di coloro che sono in attesa.
Finalmente vivo da protagonista.

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