giovedì 18 agosto 2011

Back home but.....

La nave mollò gli ormeggi, un'altra volta, passaggio inevitabile perché, alla fine, un'isola è sempre staccata dal continente e ci vuo La bella commessa del negozio di profumeria a bordo del traghetto è sempre lì che accoglie i clienti, mentre sono seduto al bancone del bar.
La Moby Baby tenta di speronarci e di ripetere una tragedia di 20 anni fa a Livorno, ma questa è un'altra storia.
La nave insegue la Moby Baby. Sto tornando a casa, in un giorno di mezza estate. Mi aspettano 125km di viaggio attraverso curve, bei panorami, attraverso le province di Livorno, Grosseto e Siena.
E allora, va per la superstrada, SS1 in variante, 130km/h. I Genesis, I Mattafix, Phil Collins mi ricordano che la strada è lunga. E che non sto bene. C'è una strana atmosfera, oggi. C'è l'idea del rientro, con questi 34°C. La SS1 prosegue verso Grosseto, ma io esco a Follonica est, in questo stupendo scenario. Lontano c'è Massa Marittima. SS439, 150km/h, qui si inizia a tirare, a bestia, con 192cv vivi, veri. La sagoma aggressiva del frontale dell'Alfa si riflette sulla vernice lucida di una Mini davanti a me.
E inizio a pensare che questo mondo sia per me una prova. Una prova di sopravvivenza alle avversità. La mia testa è altrove, oggi. La mia testa è ancora lì.
Basta piangere. La Mito corre e non sa cosa pensa il suo pilota. Esegue solo le sue direttive, come chi crede in qualcosa e si fida ciecamente del suo guidatore e dà tutto. Io non mi fido più di me stesso. Ho preso una direzione che la mia reale volontà forse non voleva. Ma proseguo, coerente. Chissà che questa strada non mi piaccia.
Triste, sogno ancora, ad occhi chiusi ed aperti, quello che voglio. Sperando sempre che la felicità costruita e voluta arrivi d'improvviso. E allora, quella strada, non la ripercorrerò.
Ripercorrerò questa, volta dopo volta, per arrivare sul'isola, sulla nave, e per tornare a casa. Ma allora, perché adesso? Perché ancora adesso? Eppure spero, vivo, e amo. Ancora. E come dice Phil Collins "I can't stop loving you. Why should I even try?".
Joan Osborne si domanda cosa succederebbe se Dio fosse uno di noi e se avessimo solo una domanda per lui cosa chiederemmo.
Io so cosa chiederei. Lo so benissimo. E allora, chiedo. Continuo a chiedere la sola domanda, l'unica domanda per me, adesso possibile. Ma da Lui ancora nessuna risposta.
E allora, via, verso casa, al ritmo di sorpassi da scuola.
Col solito carico di stridore dantesco di denti, di tristezza, di poca felicità. E di sguardi nello specchietto retrovisore, e fuori dalla porta. Se alle volte i miracoli fossero possibili, mi tengo una porta aperta.

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