martedì 2 agosto 2011

Both sides of the same story - Perdersi.

C'è una storia che custodirò sempre nel cuore. C'è un momento che, nella mia vita, ha sancito un punto di svolta nel mio personale modo di pensare. E stavolta non c'è la SS223 a fare da contorno.
C'è una storia che le "versioni ufficiali" della mia vita raccontano distorta, con personaggi diversi, macchine diverse. I miei, ad esempio, non lo sanno. Mi sono inventato un fantomatico aperitivo con un amico per giustificare il ritardo.
15 aprile, Monza. Giacca scura, cravatta rosa. Abito stupendo. Fine di un lavoro eccezionale lì. Dal finestrino della Freccia del Bernina tornavo da Monza in Centrale, per correre a prendere il treno per tornare a Firenze. Avrei dovuto fare una corsa e così feci. Macchinetta fast, biglietto di prima classe, partenza 18:15, treno 9553. Accanto c'è il 9653, che va a Roma non stop. Salgo su quello, per errore. Il posto a me assegnato (sull'altro treno) è lì. Sembra il mio: "buonasera", saluto gli altri passeggeri dei quattro posti vicini. Il treno, col suo ronzio metallico, parte alla volta della sua meta di cui sono ignaro. Il Controllore mi dice con una certa nonchalance che ho sbagliato treno e che prima di Roma non si scende. La drammatica prospettiva che non ci siano treni per il ritorno mi impone di spiegare a casa il fatto che dormirò a Roma.
Ma invece no. Alzo il telefono, quel numero che può salvarmi la vita. "Ciao". "Ehm, senti, non è che potresti venire a ripescarmi a Roma?" "A Roma? Ma non eri a Milano?" "Storia lunga". Inizia da lì, senza esitazioni, l'accordo per Orte. E mentre il treno andava, la Lancia si muoveva verso Orte, verso il "recupero del sottoscritto bloccato". E nel frattempo si consumavano drammi torinesi, mentre appariva all'orizzonte lei, la mia salvavita. Pioveva, in quel giorno di aprile. Pioveva forte e l'A1 non finiva mai. Sosta carburante, sosta cena, breve, ripartire verso quello che sarà l'arrivo ad un orario strano, lungo e lontano.
I lampioni gialli dell'autostrada A1 lambivano il parabrezza della Lancia Ypsilon nera che procedeva a 140km/h, dove NON DOVEVA ESSERE, dove non dovevamo essere. L'arrivo a Firenze era previsto per le 2. Nel frattempo per il mio passato ancora allora presente si consumava un dramma a Torino, e mi arrivavano dei messaggi strani, stranissimi. Ilaria era lì accanto, che guidava e vedeva le mie facce totalmente interrogative. Ilaria era lì che mi stava salvando letteralmente la vita.
La macchina, col suo familiare rumore di crociera, che per troppe volte ho sentito, che tanto mi ricorda quella SS223, risale a 140km/h l'Italia, dove mi sono perso. Perso a lunga percorrenza, in un treno da cui non potevo scendere. E' così bello sapere che puoi contare su qualcuno che senza esitazione ti viene a salvare, pensavo. La macchina correva, ancora. Valdichiana, lassù ci sono tanti lampioni. Il cambio di pilota all'area di servizio è stato fatto rapidamente. Adesso sono io il secondo pilota che non vuole guidare e ho qualcuno che mi porta, e lo fa col sorriso. Che avventura che stiamo affrontando, che rimarrà il nostro piccolo segreto che porteremo nella tomba. Mi viene in mente l'ultima volta che percorsi con la macchina questo tratto. Era uno speranzoso e nebbioso rientro di dicembre, quando tutto pareva essere tornato per il verso giusto. Adesso sta tornando tutto per il verso giusto. Stiamo tornando a casa. La tappa Firenze-Colle sarà breve e arriverò a casa stanco ma felice.
Non l'avrebbe fatto nessuno per me questo favore. Non l'avrebbe fatto nemmeno chi diceva di amarmi. Nemmeno in casa mia. L'avrebbe fatto Federico, l'avrebbe fatto Giacomo ma sono su a Milano e Biella. E Orte è lontano.
Eppure sono qui, con te che mi hai letteralmente salvato, che hai fatto 300km per salvarmi la vita senza volere niente in cambio. Vedi che amicizia forte?
Per un attimo parve risuonare una musica nuova, nella Ypsilon turbodiesel, quella sera. Per un attimo parve che la via del recupero fosse spianata. E' sembrato quasi un crescendo, certo qualche volta sono inciampato. Poi Mantova e il buio, il "Tirare il freno d'emergenza".
Ma questa è un'altra storia, rispetto al salvataggio che mi ha fatto Ilaria quella sera. Ci guardavamo con sguardo complice, mentre lei guidava e mi teneva quella mano fredda che avevo, per la pioggia. Mi ha ripreso dove non dovevo essere, per un errore, proprio mio, a guardare, nella fretta, il numero del treno. La lenta risalita verso nord si sta trasformando in una delle serate più piacevoli di tutta la mia vita, di quei (quasi) 30 anni che erano lì, in agguato, pronti ad arrivare con il loro carico di riflessioni, obblighi, domande dagli altri ("quando ti sposi?" "ma non è l'ora di mettere la testa a posto?" "Sei un pinzo (colligiano per vecchio non sposato)"). E invece no. Prendiamo questa notte, questa pioggia, questa Ypsilon con le gomme un po' sgonfine (rigonfiate all'area di servizio Monte San Savino), questa musica, quei messaggi che arrivavano da Torino che mi facevano sentire un uomo che ce l'avrebbe fatta ad uscire dalla tempesta prima dell'altra parte, uno che ce l'avrebbe fatta a rimettere a posto le cose e a dare il 100%. Mi sbagliavo, in un senso o nell'altro. Ilaria è lì che mi sta salvando e non se ne accorge. Non avevo voglia di tornare a casa. Non avevo voglia di vivere, oggi. Fino alle 22:40, quando Ilaria compariva dal nulla che sovrastava Orte, a pescarmi sotto la tettoia di un distributore vicino alla stazione, col sollievo dei piedi, il sollievo dell'anima.
Oggi, Ilaria mi risalverebbe la vita. E io a lei. Perché queste cose legano, fortificano l'amicizia, la nostra amicizia nata come una storia strana che pochi capirebbero.
E allora custodirò nel cuore questa grandissima notte. Pazzia, strada, viaggio. Lenta risalita verso nord. Un apparente ritorno alla vita, che mi faceva sentire vivo, speranzoso di affrontare il tentativo di rivoluzione che mi balenava in testa e che, naturalmente, è rimasto lettera morta.

Nessun commento:

Posta un commento

site stats