domenica 4 dicembre 2011

La borsa del viaggiatore


Posto X, ore 23.39. Una pungente nostalgia mi pervade.
Il motivo? sempre lo stesso: tutto è destinato a finire.
E non ne parlo come un ritorno da scuola dopo una giornata noiosa scandita dal suono della campanella e dalle risatine dei giovani compagni. Ne parlo come ne parlerebbecolui che ritorna: triste, ma carico di un bagaglio impalpabile.
Siamo umani, nella nostra vita succede che si possano prendere mille strade per altrettante destinazioni, si possono conoscere persone, assaggiare luoghi, dormire in letti d'altri, mangiare cibi stranieri.

Ma cosa ci rimane quando torniamo?
Una musica, un odore, due occhi. Un vuoto. E' il vuoto di chi sa che non è possibile trattenere. E così torniamo alla domanda: cosa porta chi torna? Un sorriso, un pianto, un segno di falsa indifferenza.

Strano pensare come ricorderemo quel luogo ed immancabilmente lo collegheremo ad altre immagini scolorite. Forse chi viaggia porta con sé solo tanta tristezza, l'insana infelicità di non poter restare, il vuoto della cartolina ricordo: bella da spedire, non da rimirare.
Quanto vorrei aver trattenuto quegli attimi in cui mi dicevo "goditeli, presto non ci saranno più, un giorno passa velocemente" e più me lo dicevo più tentavo di aggrapparmi con tutte le mie forze a quel luogo non troppo lontano. Fuori dalla nostra quotidianeità si fanno cose diverse, come persone nuove, ed addirittura si pensano cose diverse; è così bello non sentirsi noi. Lontano ci si sente migliori, forse lo siamo.

Così non so cosa riporto, so solo l'amarezza che lascia un ritorno. La malinconia di vivere la propria vita e di non avere che rari flash di vite d'altri, di mondi diversi. Ma forse l'importante non è quel che ci viene lasciato, ma ciò che in quei rari momenti riusciamo ad essere.

Felicità.

Come per dirsi: "ne sono ancora capace".

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