mercoledì 29 febbraio 2012

Gloriose posizioni effimere ed equilibri che ritornano

Ci sorpassarono in fondo al rettilineo più lungo, e ci toccò pure lasciar loro strada, noi tre che eravamo in furiosa lotta col coltello tra i denti. Ci passarono con quell'arroganza di chi sa che è nettamente superiore su tutti i fronti, con la sicurezza del doppio dei cavalli che tu ti ritrovi sotto il sedere. Si recuperava nel curvone, grazie alla trazione integrale, ma loro andavano via, con 500 e passa cavalli, per le ombrose curve successive, sapendo di avere un fiato pressoché infinito.
Quello che non sapevano loro, però, è che noi piccini che ci stavamo letteralmente scoltellando avevamo dalla nostra la bravura, la forza della rabbia e l'adrenalina della competizione.
E infatti, così fu. Eravamo tutti del nostro passo, sui 2:12 bassi, addirittura superiore a quello delle categorie superiori in determinati tratti del circuito.
Eravamo veloci, veramente veloci, in quello Speed day, nell'anno 2004 a Monza, noi tre del gruppetto di testa del turno pomeridiano.
Eravamo i più veloci delle "piccole", quelle Subaru noleggiate e Lancer che avevano qualcosa come 265cv, o 280 a seconda del modello. Fatto sta che comunque questi arnesi su strada sono quelli che vincono tutto, e le varie Porsche se le mangiano a colazione, con le Lamborghini ci fanno l'aperitivo e con le Ferrari il pranzo, ma su un circuito veloce come Monza ci ritrovammo tutti col fiato corto in uscita dalla parabolica, a 240 km/h sul rettilineo, i motori pressoché al limitatore, e niente più da dare.
Non ce n'era per nessuno con noi 3 con gli antinebbia accesi a chiedere strada senza alcuna paura a gente più forte, più cattiva, più spocchiosa.
Eravamo giovani, giovanissimi, io non avevo nemmeno 23 anni in quel magico giorno di febbraio.
E capitò che due BMW M3, con un'ottantina di cavalli più di noi, si provassero a sorpassare. Attimi lunghi, lunghissimi: commissari con le bandiere in mano, da destra mi infilano, io momentaneamente in testa al trio di giapponesi azzurro/oro e nere. L'M3 sbaglia la staccata, però, e va larga. Mi riprendo la mia gloriosa posizione e non c'è spazio per altri, non c'è spazio per chi non è capace, oggi.
Per un giro tirammo come dei forsennati, come in fila, come se ci fosse stato il tacito accordo di tenere dietro quella bestia da 343 cavalli, e di non intralciarci a vicenda. Così facemmo, fino a che non rientrò ai box, e noi continuammo a divertirci per un altro paio di giri.
Avevamo lottato contro qualcosa di più grande e, sulla carta, più forte di noi.
E' una lotta che riflette alcuni aspetti della mia vita passata e, forse, anche presente. Ci sono equilibri che si consolidano nel lungo periodo. Acquisiscono forza, naturalezza, col passare degli anni.
E' la storica battaglia di Davide contro Golia (ringrazio qualche padovano a caso per il contributo e la riaccensione dell'ispirazione).
Divengono un involucro imprescindibile svuotato di una reale essenza, ma da fuori sono un castello forte, una fortezza inespugnabile.
Chi si presenta per scardinarli, molto spesso viene respinto al mittente. Tuttavia, chi ha un'essenza migliore da inserire nell'involucro può davvero vincere contro questi Golia.
Ci sono equilibri esterni, che si generano con l'abitudine, e che rimangono difficili da ricostituire.
Allora diventa una operazione alquanto dura ritrovare la sicurezza nello scontro con i mostri sacri del passato, con equilibri consolidati e forti.
Un tempo ritenevo che, alzando gli occhi al cielo, le stelle non fossero nella loro giusta posizione, quando tutto andava male. Ma c'erano invece, erano nel loro equilibrio storico, e io con tutte le mie forze le spingevo via.
Oggi, da Davide moderno, tenterò di rivincere la battaglia con Golia.
E sono sulla buona strada per trionfare.

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