lunedì 20 febbraio 2012

Tram n.27


Il tram, se non erro il n.27, arrivò scarrellando, sui binari di Piazza VI febbraio a Milano. Assomigliava ad un oggetto spigoloso, dalla forma molto anni '80, che si muoveva in modo serpentesco tra le vie milanesi, e non feci a meno di notare che il tram, in approccio alla fermata, mette comunque la freccia. Strano anacronismo, visto che è vincolato dalle rotaie, pensai.
C'era un po' di neve quel giorno, residuo di una innocua spruzzata avvenuta nei giorni precedenti in tutto il nord Italia. Il cielo era grigio, e faceva pendant con i palazzi della periferia sud di Milano che avevo guardato fino a pochi minuti prima dal finestrino.
Avevo preso, per arrivare a Piazzale Cadorna, il fido e comodissimo pullman della Sena che da Poggibonsi in modo liscio e preciso mi aveva portato fino al monumento alla produttività a quell'ago e filo simbolo di un boom economico trainato dalla stupenda, per me, città del nord. E' un boom che oggi costituisce un lontanissimo ricordo, purtroppo.
Fatto sta che lei scese, bella come il sole, col suo capello rosso divenuto castano per l'occasione, dalla Volvo C70 di un amico. Scese e venne a prendere me, sotto quel variopinto aggeggio che sta davanti alla stazione Cadorna di Milano.
Rimbalzava, da quella macchina blu, nella fredda atmosfera esterna, ogni singola nota di I like Chopin di Gazebo. Non so come mai ricordo ogni singolo particolare di quel lontanissimo fine settimana di oltre tre anni fa.
Ricordo che fui impressionato da ogni mossa, ogni movimento che quella brulicante grande città provocava in me, sperduto giovane di campagna che era fagocitato dalla grande città.
Fatto sta che quel tram 19 e poi il 27 mi fecero sentire a casa. Ero stato qualche volta a Milano, ma non avevo percepito quel senso di immensità, di opportunità che mi permeava quel giorno.
Ero giovane, forse. Ero pieno di speranze, tre anni fa.
Ma quel tram col suo ronzio in accelerazione mi faceva sentire parte di una città, di una vita che forse all'epoca anelavo.
E così quel fine settimana, così breve e così lungo allo stesso tempo, trascorse in modo strano, ingenerando speranze in me.
Ecco, fu lì che mi resi conto cosa voleva dire sentirsi parte del tutto, e nel comodissimo pullman del ritorno sentirsi come niente.
Il viaggio nella notte, su quel pullman Sena che presi per la prima volta, svuotava lentamente la clessidra dei miei giorni tristi, ma la sostituiva con altri dal sapore oscuro, anche se con sprazzi di felicità.
Ero in cerca di chissà cosa, forse di me stesso, forse di qualcuno, non ne ho idea ad oggi, ancora. Non avevo ancora imparato a rinnovarmi esclusivamente usando le mie forze.
Passarono gli anni, e tante vicende si sono susseguite. Sono successe tante cose, e ho preso pullman, treni e macchine in diverse direzioni.
Ma la coscienza di essere una persona nuova, dopo tanto buio, adesso, mi pervade. La sento quando guido, la sento quando cammino, quando faccio quel numero che ormai conosco a memoria.
Guardo avanti e vedo un futuro radioso e piacevole, pieno di tutto quello che voglio.
Ora, ogni volta in cui riprendo un tram, non posso non pensare a quel periodo e ad oggi. E non posso che essere felice di essermi evoluto.

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