lunedì 14 novembre 2011

Perdersi - Both sides of the same story


Era un tempo indefinito, un mese tiepido di un anno buio.
L’aria mi scompigliava appena i capelli, nuocendo al mio turbine nero di pensieri sempre pronti a darmi l’assalto, a non vedere una luce alla fine del buio.

Niente sole dopo la notte.

Questo pensavo. E fu in un periodo come questo quando, sola come non mai, mi ritrovai in una storia altrui, diversa ma uguale. Così iniziai a sfogliare quel diario virtuale, pieno di una forza tale che permetteva persino a me stessa di andare avanti.
Lui era il passante distratto, quello che ho citato nei miei pensieri, quello che avrebbe dovuto darmi la mano e dirmi che c’è ancora speranza, che bisogna rialzarsi e correre su quella strada, fino allo stremo delle forze.
Era colui che avrebbe dovuto indicarmi la via.
Lui aveva vinto, perché non avrei potuto farlo anche io?

Attaccata a quel barlume di speranza mi spinsi forse troppo su quella via, non presi la mano per alzarmi, ma la seguii in posti remoti, e dopo averla lasciata, sull’onda di un triste amarcord, la ricercai in un posto lontano.

La telefonata giunse inaspettata. Non so perché partii, per molto tempo dopo me lo sono domandata. La risposta, sebbene incerta, è che quella fu la prima volta, dopo tanto tempo, che finalmente non mi sentivo sola, avevo un alleato, qualcuno che mi credeva capace di cose che mai avrei immaginato. Lo stesso lui che mi doveva solo indicare la strada mi aveva al contrario fatto perdere nel deserto, ma in un deserto senza oasi, senza appigli, dove si sa che tutto è transitorio. Ma il pensiero non basta a farti trovare una via d’uscita od a desiderarlo.

Con quel poco che avevo mi misi velocemente in viaggio, senza curarmi di niente, sola con il mio vortice di speranza, verso quel dolore condiviso, quell'empatia nuova e confortante.
Passavano i paesaggi, bui, scrosciava la pioggia, vigorosa, sul mio parabrezza, a tratti il tutto si offuscata. Ed infine l’arrivo, in quel luogo trasognato dove sarei poi tornata, una volta uscita dal deserto.
Il passante sbadato entra. Due risate, uno stop all’autogrill e poi un’alternanza al volante fino a casa. Quel passeggero non avrebbe dovuto essere nessuno, praticamente non lo era, ma quel dolore che ci univa trovava nella condivisione un certo sollievo.

Il viaggio mi ha rialzato, quella missione di salvataggio è riuscita ad essere utile anche a me stessa, pur gettandomi nel deserto perdendo di vista la strada sulla quale avrei voluto correre e correre con tutte le mie forze.

Questa storia non è che una storia come tante, di viaggi, pensieri, vicinanza e speranze. E' in viaggi come questi che si conoscono veramente le persone ed in cui si creano legami al di là di quel che, nella vita normale, sarebbe accaduto. Ma ciò che più importa è che questa storia ha una morale.
Qualche volta per ritrovare la volontà di percorrere una strada, bisogna perdersi, non esistono passaggi, non esistono frasi poetiche che infondono forza e coraggio. Esistono uomini che ti mostrano un’altra via, un’altra vita. Esistono uomini che ti mostrano quanto tu in realtà sia in grado di camminare, che non c’è niente di sbagliato, che in questa vita si può tutto, anche l’impensabile, ma c’è una sola strada che può essere percorsa.
Grazie A. per avermi fatto capire quale essa fosse.

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