lunedì 7 novembre 2011

Gocce di sincerità

Percorro la A4 sotto una discreta pioggia, mentre la pur non proprio vellutata voce di Rod Stewart canta melodiosi pezzi d'annata; le frequenti pozze d'acqua nei tratti non dotati di asfalto drenante mi hanno fatto togliere per sicurezza il cruise control, tenendo il piede leggero sull'acceleratore e le mani salde sul volante; una particolarmente infida, nella corsia di sorpasso in carreggiata nord poco dopo la curva di Padova Est, mette a dura prova i grossi intagli delle fide Continental invernali che escono comunque vittoriose. Loro, non il pilota, che continua costante ed improduttivo sulla sua inutile e noiosa strada.

Tra un colpo del tergicristallo e l'altro, la mente corre ancora a quell'insolito pranzo di pochi giorni fa, dove mi trovavo circondato da persone a cui non dovevo nascondere nulla di me e della mia vita, del mio passato, del mio presente; ero semplicemente io, con le mie debolezze ed i miei difetti, ma ero io, ed ero felice di esserlo. Mi chiedo però se è giusto che questi momenti accadano raramente e (relativamente) lontano da casa; cosa succederebbe se accadessero più spesso? Sarei capace lo stesso di apprezzarli quanto quello di martedì? Per il momento mi accontento del sorriso e della temporanea sensazione di felicità che mi procura il solo ripensarci.


Per quanto qualche piccola risposta inizi ad arrivare, quel sedile alla mia destra, rimasto ad attendere con il rischio di perdere di vista, nell'errata interpretazione di silenzi non previsti, la strada, è ancora vuoto; e torna a farsi sentire la vecchia paura di non veder nessuno uscire dalla porta di quella casetta su un lago svedese, di restare da solo ad ammirare il lunghissimo tramonto di una tiepida giornata d'estate scandinava; la paura di aspettare tutta la sera da solo, seduto in smoking al tavolo di quel piano bar della mia fantasia, dove qualcuno canta le vecchie canzoni di cui parlavo all'inizio.

La pioggia continua a cadere, mentre Rod e la sua voce proseguono nell'arduo tentativo di convincermi a non smettere di sognare, anche se certi sogni fanno un po' male.

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