lunedì 28 novembre 2011

La replica (parecchio più a sud e parecchio più tardi) del volo su Vienna

Era il 9 agosto 1918. Una squadriglia di biplani Ansaldo SVA sgancia, da 800m di quota, capitanata da un certo Gabriele D'Annunzio, sgancia una raffica di volantini su Vienna.
Nove apparecchi compirono l'impresa, giungendo su Vienna alle 9:20 e lanciando 50.000 copie di un manifestino in italiano preparato da D'Annunzio che recitava:

« In questo mattino d'agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l'anno della nostra piena potenza, l'ala tricolore vi apparisce all'improvviso come indizio del destino che si volge.
Il destino si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. È passata per sempre l'ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta.
La vostra ora è passata. Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina e predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebbrezza che moltiplica l'impeto. Ma, se l'impeto non bastasse, basterebbe il numero; e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno. L'Atlantico è una via che già si chiude; ed è una via eroica, come dimostrano i nuovissimi inseguitori che hanno colorato l'Ourcq di sangue tedesco.
Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell'arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell'ora che sceglieremo.
Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino.
Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi.
Viva l'Italia! »

Impresa eroica, senza dubbio. Bell'aereo. I più storceranno il naso, perché non amano D'Annunzio.
Ma uno come me, che una volta, la prima, è stato paragonato al Conte Andrea Sperelli (cit.), non può non tentare una cosa simile.
E allora, iniziamo a raccontarlo.
SS223, 110km/h...no, questa è un'altra storia. Ma i luoghi sono gli stessi. Ripartiamo.
Era una non meglio precisata domenica di un brutto, solitario, e a tratti anche stupido mese di settembre di quest'anno. Un mese in cui facevo finta di aver svoltato, mi rimostravo forte come un'armatura di acciaio, ma dentro l'anima era di pastafrolla.
Alzai il telefono e chiamai quel numero, quello strano numero con tanti "9", e la sua voce rispose felice: "Andrea!". "Laura!".
E iniziai a spiegare l'idea malsana che avevo. Lei approvò in pieno, tanto doveva andare a Reggio Calabria.
Benissimo. Quella domenica mi alzai presto, allora. Dissi a casa "torno per pranzo". E così feci.
Da lontano, puntualissimo, lo vidi arrivare. Era l'aereo di Laura, che dolcemente atterrò sull'aviosuperficie, fece rapidissimamente manovra e mi si fermò accanto.
Non siamo una squadriglia di aerei Ansaldo, ma il nostro classico Seminole, Classe 1979. Rumoroso, ma tremendamente veloce.
I volantini non erano 50.000 ma 50, e c'erano scritte solo 3 parole, a differenza di quanto scritto sopra da D'Annunzio.
Appena Laura aprì lo sportello io mostrai il nostro carico di bombe da sganciare. Rise, trincerata dietro i suoi occhiali uguali ai miei e alle sue stupende rughette d'espressione. Guardando ai lati di quegli occhi mi viene da pensare come il trascorrere del tempo abbia reso quel viso ancora più affascinanti.
Siamo 3 coetanei. Laura, Classe 1976. Il lucidissimo bimotore Piper, 1979. Io, 1981, il giovincello del gruppo. Coetanei e proiettati verso una bellissima missione. Stranissima.
Laura si sposta sul sedile del copilota, fa la checklist e parte.
Il Seminole nostro coetaneo decolla con la forza di sempre, con i due motori sotto sforzo che fanno vivere un sound di altri tempi, da macchina d'epoca, mentre il sole lambisce i nostri visi. Non è come il volo di D'Annunzio, di 9 ore di durata. Qui in 40 minuti si va e si torna.
Dall'alto sembra quasi che questi campi siano uno scenario surreale che fa da cornice ad un viso speranzoso e ad un altro pressoché divertito, che vanno a compiere la missioncetta eroica, a consegnare in un punto preciso della Toscana 3 parole che si spera arrivino a destinazione.
Laura ride, sembra quasi prendermi per i fondelli, e porta il Seminole a 380km/h verso la nostra meta, coi motori al 100%. Queste robe sono a me aliene ma lei è donna. Donna che domina questo ammasso di lamiera, con una piccola pancia che fa trasparire il fatto che c'è qualcun altro a bordo con noi.
Mi dice che dobbiamo fare un giro per puntare l'obiettivo, abbassarsi e per questo devo prendere i comandi io.
Poi lanceremo, letteralmente, la sfilza di volantini sul nostro punto di sgancio, 3 secondi prima. Lei deve essere esperta in questo, mi immagino.
Voliamo bassi, e la gente guarda il nostro aereo lucidissimo a piena potenza, rumoroso come una vecchia Fulvia HF: ci sono tanti occhi alzati al cielo, a guardare qualcosa che li fa sentire vivi, vegeti e stranamente, per un attimo, con la testa tra le nuvole.
La bella pilota sa come fare. Alza di nuovo il muso, dà piena potenza.
"Andrea, prendi i comandi, abbassa il muso, siamo in traiettoria. Mantieni la velocità e non esagerare".
Abbasso il muso. Levo un po' di gas, mantengo sui 150 nodi, pari a 300km/h circa. L'aereo scende. Sembra furioso. Il mio cuore batte a 1000. Quello di Laura sembra fermo, da come è fredda. Apre leggermente la botolina. Lascia il carico in un punto preciso. "Tiralo su e vai!". Lo tiro su e do tutto.
Non riesco a non guardare fuori, l'incredibile spargersi dei 50 volantini in quel punto preciso dove dovevano arrivare, in quella via, vicino a quella porta.
Laura riprende in mano la situazione. Con una mascolinissima virata a destra riporta il mostriciattolo volante in quota, lo domina docile, mentre il suo collo attraente mi fa stare bene, mi fa sentire vivo, vegeto, e il suo profumo mi riporta diretto inverni lontani in cui beccheggiavo, col cappotto nero, per gli avvallamenti della Via di Sottobosco, con lo stesso carico di delusione di oggi.
20 minuti di volo, l'aereo atterra. Laura ride. Io meno. Inizio vorticosamente a domandarmi se quei volantini saranno presi dalla persona a cui erano realmente destinati, se qualcuno mi farà oggetto di prese per i fondelli drammatiche, se passa la pulizia della strada e se li tira su, se l'obiettivo è raggiunto.
Naturalmente, adesso posso dire di no. Probabilmente se li sono tirati su gli spazzini. Probabilmente non li ha visti chi doveva vederli. Insomma, non ho avuto risposte.
E alle 12 il mio "Volo su Vienna" era finito, Laura doveva portare la bestiola a Reggio Calabria, e io mi sentivo di nuovo solo e senza speranze.
I due motori si riaccesero. Laura abbassa il finestrino e mi fa cenno di venire da lei.
"Andrea, non ti merita. Meriti di meglio. Scusa se mi sono permessa".
Quello che volevo era tornare a volare. E non ci sono ancora riuscito, nonostante tutto. A tratti mi sento decollare, ed è un bene.
Bene, a questo punto la conclusione è: torneremo a volare?
Mi forzo a non trovare risposte negative. Ma mi rimane difficile sorridere. Ancora una volta.

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