lunedì 9 gennaio 2012

La traiettoria sicura non è mai quella ideale.

SS12, 80km/h: il serpentone di macchine si muove pacioso lungo la Statale che parte da Pisa, scolletta cattivissima gli Appennini, attraversa la Pianura Padana, arriva a Modena, corre parallela alla ferrovia fino a Verona, Trento, Bolzano, Brennero, fino al confine con l'Austria, moderna e civilizzata.
L'Eroica sembra consumare meno, tra le mani esperte del pilota attento al dettaglio della traiettoria e a non esagerare con la chiamata in causa della turbina grande, quella che fa entrare la benzina nelle farfalle, mentre la piccola aiuta il motore a venir fuori dall'impaccio dei giri bassi. Il pilota impartisce lezioni di guida all'acerbo navigatore su come si imposta l'ingresso in chicane e su come si impostano i curvoni in due tempi.
Rhythm is a dancer, classico dance di rottura della mia infanzia, appare a cadenza regolare nella radio e accompagna la cavalcata lenta, ma regolarissima, della rossa carrozza con sopra un equipaggio affiatato, forte, solido, che gioca ad un tennis di battute, che tenta in tutti i modi di sfuggire ad una A22 completamente bloccata fino a Verona. L'Eroica diviene una culla dei pensieri e della soddisfazione.
Sono fuggito 3 giorni da nugoli di seccatori, tra battute, risa, un volto teso per un minuto soltanto, la Transpolesana a 120km/h nel silenzio totale, spezzato solo da musica tamarrissima, dalla frase "...qui ci sono più zirri che a Grosseto...", dalla nebbia che non è nel nord ma a Poggibonsi, dal sonnolento Appennino e dalla chiamata successiva che scalda il cuore.
L'equipaggio c'è.
Si imparano, col tempo, traiettorie fuori dagli schemi dei libri della scuola di pilotaggio. Si imparano cose che non si credeva di acquisire, si corre di nuovo su strade che si erano lette solo nella compulsiva ricerca infantile sull'atlante stradale, ci si rimette in gioco e si riprovano tutte le nuove sensazioni, si ripetono le prime volte e si inizia a sperare che stavolta sia quella buona.
Si corre di nuovo, velocemente, con la forza di chi si è stufato di perdere ma che comunque conosce le conseguenze e sa dove andare.
Il "to the moon and back tour" si conclude, purtroppo. Ha avuto luogo in Paesi che adesso amo, civilizzati al massimo, dove il bus passa, la gente non ostenta,
Ripartirò, ne sono certo, per un altro viaggio. In macchina, treno o aereo non importa. Ma l'importante è sentirmi vivo, e sereno come adesso.
E a chi vive di ideali, io replico che la traiettoria più sicura non è mai quella ideale. E la percorro, adesso, senza guardarmi indietro.

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