giovedì 19 gennaio 2012

Il senso ingiustificato di libertà


SS77, Foligno, 50km/h, non meglio precisato fine settimana di giugno 2010. Qui finisce la superstrada, nella direzione in cui devo andare. Ho sfidato i miei compagni di viaggio che sono passati da Roma e dalla comoda A24 in direzione Pescara. Da qui sono 50km meno, ma più curvilinei, più belli, più vissuti.
Mi scoltellavo con una 500 turbodiesel nuovissima, da 95 cavalli, ben guidata, che non cedeva un centimetro alla mia guida, e che forse conosceva la strada.
Cambiava serratamente a 4000 giri, lo si intuiva dall'interruzione breve dell'accelerazione, e quei 60km sono stati sicuramente, da Foligno a Colfiorito, dopo Muccia, e fino a Camerino, dove la sciapa SS77 diventa un lato a 4 corsie del quadrilatero Umbro-Marchigiano, i più emozionanti in assoluto. Erano emozionanti per il senso di libertà che provavo in quei precisi istanti, per i motivi che vedremo.
Era uno stranissimo periodo della mia vita: un nuovo amore premeva, da 4 mesi, i muscoli del mio cuore facendoli battere, e sembrava, all'inizio, che quella parola "Andrea" che veniva pronunciata da chi diceva di essere accanto avesse una valenza ed un suono del tutto particolare, musicale nelle mie orecchie. Ancora credo sia stato così, all'epoca. Non era un tempo così distante da adesso, contando i giorni e le date che i nostri sistemi di misura offrono.
Ma in realtà, tantissimi treni sono passati sotto i ponti da quei giorni.
Ora la mia vita è bellissima, è quella che ogni uomo vorrebbe, con un angelo accanto.
ma mi torna in mente la canzone Philadelphia di Neil Young, che in quel periodo sentivo spessissimo. Insoddisfatto dell'amore che avevo accanto, queste parole rimbalzavano nella mia mente continuamente:

City of brotherly love
Place I call home
Don't turn your back on me
I don't want to be alone
Love lasts forever.

Someone is talking to me,
Calling my name
Tell me I'm not to blame
I won't be ashamed of love.

Già: le mie mani, in precedenza, prima di quella folle danza nei tornanti, anelavano verso casa, in quella telefonata triste e piena di urla, fatta con l'auricolare Bluetooth, perché la bellissima Ammiraglia non aveva il vivavoce.
Forse ero, per citare sempre Neil Young, out of the blue and into the black, già così presto. Non volevo aprirmi in quel periodo, non volevo niente.
Le luci di Perugia passavano alla mia destra, mentre il raccordo proseguiva sotto di me, e le sue uscite, Perugia Olmo, Ferro di cavallo, Madonna Alta - Stadio, San Faustino, Prepo, Piscille e infine Ponte San Giovanni si susseguivano con un ritmo serratissimo dato il ruolo di questa superstrada come Tangenziale.
La mia macchina, silenziosissima a 100km/h proseguiva in modalità automatica, mentre tentavo, in ogni modo, di giustificare quello che avevo scritto sul mio primitivo blog, così bello, emozionante, permeato di sapori, sudore, e cattivo odore di freni surriscaldati sulla strada del mare.
Cercavo in ogni modo di negare l'evidenza a chi aveva capito che ero insoddisfatto ma non lo volevo dire.
La telefonata durò, appunto, fino all'ingresso della SS3bis che mi portava dritto a Foligno.
Fu lì che capii cosa volevo. Maturai un senso di libertà, dentro di me. Mi sentivo solo, e per combattere quella solitudine necessitavo di vivere quei periodi solitari che non avevo mai avuto se non per poco tempo.
Era una sentenza che avevo scritto a Civitanova Marche, mentre entravo sull'A14, stanco morto, diretto alla famosa e famigerata Multidistrettuale di Pescara del 2010.
La macchina correva e il mio grido silenzioso di libertà si estendeva tra i monti alla mia destra e il mare alla mia sinistra.
Gridavo la libertà di chi non si sentiva compreso.
E sbagliai.
Fu lì che nacque, alla fine, la tristezza che ebbi in tutto l'anno successivo.
Avevo visto male, inevitabilmente.
Quel giorno, il senso di libertà che provavo era del tutto ingiustificato, era quasi una ripicca in primis contro me stesso.
Si matura, e si pensa alle conseguenze di tale condotta. Sbagliai, nei confronti di tutti.
E adesso sono sicuro che ripensando alle mie azioni non posso che darmi di bischero.
La vita è bellissima, da vivere continuamente, con quei due occhi che inaspettatamente sono diventati una cosa sola con i miei.
Non voglio più viaggiare da solo. Ma il treno della felicità sembra passato anche per me. Adesso sono vivo, vegeto e so dire "mai più" a quella sofferenza.
Devo ringraziare amici sinceri, e una persona in particolare per aver messo il ventilatorone sull'appennino e mandato via le nuvole.
E farò di nuovo 60km in battaglia con qualche macchina, ma con un navigatore.

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