Cammino a notte inoltrata sotto una lieve pioggia milanese di inizio autunno, solo, come sempre la musica a farmi compagnia; tuttavia è un'altra la compagnia che vorrei. Mi basterebbe una voce, l'unica, ora come ora, capace di placare le mie ansie e di rimettere in traiettoria l'automobile che sta sbandando. E puntualmente arriva la depressione esistenziale di un piovoso sabato mattina a pormi una serie di domande...

Mi imbarco con quelle domande ancora in testa sull'Intercity per La Spezia, destinazione Genova; altre amicizie, altre ore a cercare di scacciare i pensieri in un posto nuovo, altri tentativi inutili di reprimere l'agitazione interiore, calmare il mare mosso che disturba la navigazione e non mi lascia dormire sonni tranquilli.
Mi immergo nella lettura e vedo scorrere di fronte ai miei occhi le incredibili difficoltà di Christopher Boone nella sua grande lotta per riuscire a fare tutte quelle cose che per chi gli sta attorno sono considerate normali, quotidiane; mi immedesimo nel personaggio fino ad avere gli occhi lucidi e mi chiedo quanti arriverebbero a questo punto, a questo sentirmi così diverso, spesso inerme ed impotente di fronte alle mie emozioni, alle parole che non escono, incapace di scendere da queste montagne russe.
Mi immergo nella lettura e vedo scorrere di fronte ai miei occhi le incredibili difficoltà di Christopher Boone nella sua grande lotta per riuscire a fare tutte quelle cose che per chi gli sta attorno sono considerate normali, quotidiane; mi immedesimo nel personaggio fino ad avere gli occhi lucidi e mi chiedo quanti arriverebbero a questo punto, a questo sentirmi così diverso, spesso inerme ed impotente di fronte alle mie emozioni, alle parole che non escono, incapace di scendere da queste montagne russe.
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