mercoledì 14 marzo 2012

Treni in corsa


Il Frecciabianca delle 8.17 corre in mezzo alla pianura a velocità controllata, con il suo carico di speranze, sempre e solo speranze. Sheryl Crow accompagna la corsa con una malinconica "Run, Baby Run", mentre il cervello è ingarbugliato in pensieri su pensieri, per lo più inutili ed infruttuosi, come i miei sforzi di provare a migliorare qualcosa della mia vita.


A lato dei binari si scorgono i primi accenni di cantieri per la costruzione della linea per l'alta velocità; quella dei treni. E la mia? Dov'è la mia linea ad alta velocità? Dov'è che continuo ad impantanarmi? Le mie paure, le mie strade sbagliate, le mie ansie, il mio sonno che sta andando a quel paese, le lacrime che verrebbero da versare ma che restano dentro, le sicurezze che non ho mai avuto... è tutto ancora lì che da un momento all'altro rischia di cadere, tutto sempre in equilibrio precario, con la barca che rischia di scuffiare dopo un un'improvvisa sbandata, con il boma che ha attraversato pericolosamente la coperta.

Resta la paura, quella di ritrovarmi nuovamente in mare aperto senza un obbiettivo e senza vento. A cosa serve avere il coraggio, la pazzia e la fretta di cavalcare le onde alte controvento se poi un tale sforzo non porta da nessuna parte? No, dire di averlo fatto non conta e non è quello che mi interessa. Vorrei solo riuscire ad essere in pace con me stesso, senza venir sballottato da una parte all'altra dai venti e dalle correnti.

Ora quello stesso treno frankenstein (molto più realisticamente un suo simile e non proprio lo stesso, anche se è bello pensarlo) mi sta riportando a casa con il sole negli occhi, molto in anticipo rispetto alla tabella di marcia prestabilita, quasi a fuggire da una giornata di attese disattese, di tanti binari e di incroci obbligati.
E per la mia barchetta forse ora è tempo di ammainare temporaneamente le vele, mettere l'ancora a vento e far riposare un po' il timoniere.
...e tutto quello di cui avrei voglia ora sarebbero semplicemente un abbraccio ed una spalla su cui scaricare tutte quelle lacrime che restano dentro. Ma questo, i numerosi ignari compagni di viaggio che riempiono la carrozza 7, non possono saperlo; mi piacerebbe sapere cosa vedono, loro, nei miei occhi.

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