martedì 13 marzo 2012

Crazy dreams

Autostrada A4, 140km/h, il tramonto negli specchietti, una domenica pomeriggio di rientro da una fiera; oggi sembra lunghissima, non finisce più, tanto che, appena fuori dalla gabbia del tutor, contrariamente alle mie abitudini, l'andatura è aumentata più del normale, per aggredire quel che resta di quei duecento e passa chilometri che questa volta, contrariamente all'ultima che li ho percorsi, sembrano solo un'inutile e noiosa striscia d'asfalto.

La stanchezza accumulata dalla giornata e le poche ore di sonno della notte precedente aumentano la voglia di far presto a tornare a casa a riposarsi; mi concentro sulla strada, mentre tra un discorso e l'altro con mio padre, le note degli Hanson (quelli cresciuti, fisicamente e musicalmente, non quelli dell'apparizione fanciullesca degli anni '90) accompagnano la marcia verso quel profondo Veneto che ho l'impressione inizi a starmi un po' stretto.


Ma il pensiero corre inevitabilmente a quanto accaduto nelle ultime settimane; corre alle pazzie che mai avrei creduto di essere capace di fare, ai limiti superati, alle ansie, alle notti disturbate, ai sorrisi, ai (seppur brevi) sogni ad occhi aperti. Mi chiedo se ci sono davvero sempre io ai comandi di quell'auto o se c'è un Francesco che è sempre stato nascosto sotto chissà quali e quanti strati di paure (e non è che non lo sia ancora) e che ora lotta per venir fuori dall'acqua, da quella sua pelle e da quella sua vita che, come la sua regione, iniziano a diventare quasi soffocanti..

Così quella mia barchetta, col mare grosso, tra un'onda e l'altra, prosegue la sua lunga traversata solitaria, tutta di bolina, risalendo un vento che non conoscevo, con lo scafo sballottato su e giù dalle onde nonostante i consigli di un equipaggio che, anche se non è a bordo con me, so che è sempre presente e pronto a rincuorarmi quando lancio i miei frettolosi ed impulsivi SOS.

...ma allora, forse, mancava solo un motivo per partire?

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