mercoledì 21 marzo 2012

Principi azzurri on the run

SS541 Traversa Maremmana, 145km/h, direzione Pievescola. Non ho idea del perché questa strada si chiami così, sinceramente, visto che va da Gracciano alla Collonna di Montarrenti. Forse perché di lì, faticando altri 85km come dei disperati a trattenere le macchine per i curvoni della 73 di Ponente infestate di trattori, e di mietitrebbie insorpassabili d'estate si arriva a Follonica.
O forse perché rischiando la vita per altri 80km attraverso la lunga e pericolosissima 223 si arriva sempre sulla costa.
Tant'è che questo rettilineo di 22km è stato teatro di diversi tour. Via per l'Elba, fino al Capannino della Suvera per la via lunga, tortuosa e TREMENDAMENTE ESALTANTE di Montieri, scendendo per la strettissima 439 sotto Massa Marittima, e via verso Piombino e verso l'ora di nave consueta.
Non ho idea nemmeno del perché io vada così forte, sarà lo stato di agitazione permanente che mi ritrovo di recente, del tutto immotivato.
Su questa strada c'erano notti d'estate in cui procedevo dritto a soporiferi 120km/h a bordo prima dell'Ammiraglia (per Anita new entry del blog: Lancia Ypsilon Turbodiesel iperaccessoriata con tetto di vetro, e ogni genere di amenità presente sul listino) e poi dell'Eroica (la mia famosa Alfa Mito rossa Twinturbo da 195cv e 298Nm di coppia che rende piloti pure quelli che si sentono fermi ma in realtà non lo sono), in cui tutto pareva perduto.
La bella campagna toscana intorno, i 5 castelli che nel tratto Colonna di Montarrenti-Gracciano dell'Elsa fanno bella mostra di sé da secoli, gli odori del grano trebbiato, il profumo del verde riscaldato dal sole del giorno, non c'era più, non veniva più percepita.
Lo ricordo chiaramente. Erano i primi di luglio, e tornavo. Qualcuno era accanto a me nel tratto critico. Prontamente scesa in centro. 3km di Senese a tutto gas, ma veramente a tutto gas.
Mi trovavo ad adempiere all'ultimo incarico da addetto agli scambi giovanili del Distretto Leo.
Tornavo, sperando di non doverci andare più.
Finestrini aperti a dissetarmi di vento, come direbbe quell'ammasso di Botox di nome Baglioni.
Tutto intorno non c'era che il deserto. Il buio deserto che era dentro di me diventava un'immagine traslata all'esterno. Buio, nero. Alta velocità nel più totale silenzio. Il motore turbobenzina non aiutava. Avevo appena montato la seconda turbina.
Un silenzio che faceva male, nonostante la musica a "volume 30" della Mito rossa.
Non riuscivo a riempirlo, nemmeno quando scalavo in quarta al curvone prima del Capannino.
Scalavo, tiravo a 200 km/h sul rettilineo nel disperato tentativo di lasciare indietro le lacrime, cercavo di arrivare come un disperato prima che mi raggiungessero, ma inevitabilmente sembravano essere dotate di una Maserati.
Nel frattempo qualcuno si divertiva alle mie spalle, e io con la forza della rabbia arrivavo comunque, nonostante tutto, a casa vivo, intero, vegeto, ancorché triste.
Ci ripenso a quel rientro. Faccia a faccia, a 180km/h con una volpe la cui ora non era scoccata quel giorno. Nemmeno la mia. Sarebbe stato uno sfracello, oggettivamente.
I Kings of Leon risuonavano con una prepotenza inaudita nelle mie orecchie, ammorbavano la mia mente, azzeravano ogni percezione auditiva, inibivano i pensieri, ed impedivano la vista.
Ero l'ombra di me stesso, stavo male, malissimo, in primis con me stesso.
Nemmeno la soddisfazione di sorridere a qualcuno che mi odiava mi riportò un attimo di serenità che avrei meritato.
Avevo perso tutto il potenziale da osservatore che adesso sto mettendo a frutto.
Se ci penso, quando adesso attraverso la oggettivamente piatta pianura padana, mi soffermo molto ad osservare ogni piccolo particolare.
Tutte le volte che riparto da lassù, diretto qui in Italia centrale, guardo albe, colgo la bellezza dell'umidità riflessa nel rosa del mattino, faccio mio il Paese che nasce, cresce, vive, impreca, guida.
E non posso che essere felice di aver trovato questa serenità. Anche il deserto e una pianura hanno il sapore di vittoria, adesso.

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