lunedì 8 febbraio 2021

Ode a Virginia


Superstrada Firenze-Siena, 120km/h. L’Enterprise va forte col suo equipaggio classico, quello naturale. In effetti, sei arrivata quando l’Enterprise era nuova, quando avevo già fatto casino dall’altra parte del mare.

C’eri nei momenti peggiori, quando tutti gli altri fuggivano. C’eri nelle


drammatiche domeniche di dicembre, quando la nave affondava. C’eri quando qualcuno mi amava ad intermittenza, ma non vedevo che era una finta. C’eri quando dovevo dire a me stesso che era finito tutto e che dovevamo ripartire. C’eri quando in nave, dopo aver ribollito, ti ho detto: “Abbiamo fatto una cazzata” e tu, con l’innocenza dei 25 anni hai risposto al tuo capo “La stronzata l’hai fatta te”. Niente di più vero.

C’eri, con il tuo silenzio e, alle volte, con le tue battute, e questo mi bastava. 

La nostra nave ammiraglia viaggia, tranquilla, mentre Kim Wilde canta con la sua voce ultratrentennale “Hey Mister Heartache”, che appartiene ad un mio passato lontano, alle volte anche troppo presente. Sei arrivata ed ho insistito perché tu tornassi: credo in te, ma non te lo dico, perché lo dovresti scoprire da sola. In questo periodo di “forzata convivenza” ho imparato a conoscerti, perché in tante cose io e te siamo uguali e compatibili. I sentimenti di ogni natura sono la nostra forza, ma soprattutto abbiamo entrambi la brutta, bruttissima abitudine di tenere tutto dentro. Ricerchiamo la reciproca approvazione, perché nei nostri cuori sappiamo entrambi che, alle volte, le regole non sono ben definite, e che nel cuore, sin troppe volte, le cose non finiscono mai.

Ho lanciato sin troppe volte la mia mano destra in cerca della tua, poi sin troppo spesso ritirata pensando “Chissà cosa pensa”. 

Tu sei qui, e io sono tranquillo. Tu sei qui, e io sono felice perché non sono solo. Io sono qui e sai che qualcuno è con te. Ti lancerò nel mondo che meriti, che ti piace, e lo farò nella maniera più minuziosa.

Ho imparato che mandi giù sin troppe cose, che alle volte pretendi troppo da te stessa, che non hai un momento in cui ti siedi, piangi e riparti. Dovresti averlo, dovresti fidarti, dovresti alle volte lasciarti un attimo andare con chi non giudica niente e nessuno.

Dovrei farlo anche io. Se lo fai tu lo farò anche io.

Sarai accanto a me quando arriverà il “secondo round” dall’Isola d’Elba? Sarai accanto a me quando metterò le scelte sbagliate avanti a quelle giuste? Sarai accanto a me quando tutto sembrerà perduto ancora una volta, quando il secondo round finirà e avrò abbandonato la Maserati che sapevo guidare in favore della Panda? 

Ti prego, dimmi di sì. 

Senza te, in effetti, sarei perduto. E non professionalmente. Sarei perduto, punto.

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