mercoledì 17 febbraio 2021

Mano nella mano



Strada Comunale delle Lellere, 100 km/h.  Sabato sera, ore 20:30.
L’Enterprise è in modalità  Sport, con il cambio in modalità manuale. Queste impostazioni la rendono una bestia feroce che risponde subito a tutti i comandi, che ti fa sentire pure la rughetta microscopica dell’asfalto. Non è  più la comoda passista autostradale su cui io e Virginia andiamo in Tribunale o dai clienti, ma si è trasformata in Mr. Hyde, ovvero un oggetto velocissimo e brutale. Per una volta, fatemi giocare.

Comunque, sono uscito in ritardo bestiale dalla curva che immette sul rettilineo in salita e, nonostante la neve in terra, ho corretto la traiettoria dell’Enterprise, che altrimenti sarebbe finita su una fila di birilli posti nel mezzo della carreggiata, a proteggere il distributore di benzina posto alla mia destra. Sorrido, e penso che per me queste manovre siano ordinaria amministrazione: d’altronde, prima che Avvocato e imprenditore, sono sempre stato un pilota. Negli altoparlanti della mia astronave suona True Faith dei New Order, perché mi professo rocchettaro però adoro sempre più le canzoni del cavolo anni '80, con il loro ritmo sincopato e spensierato. Il periodo è così, e va così. Merita comunque cavalcare l’onda di tutto questo momento.

In un’ora tutto si è consumato.
Mi hai chiamato, con lo scetticismo che ti contraddistingue quando si tratta di chiedere aiuto, e di chi cancella il messaggio su whatsapp e che invece non avresti dovuto fare. Non lo fare più di farti problemi.
Mi hai chiamato e sono corso, con una bottiglia alla mano, che non fa mai male. Ti ho abbracciata. E il dolore è forse passato, anzi, si è convertito in rabbia. Hai santa ragione ad arrabbiarti.
I pianti non devono mai essere giudicati, solo capiti e smorzati. 

Ed eccomi qua, la mia mano nella tua mano. È una sensazione strana, un po’ come Dottor Jekyll e Mr. Hyde. Capo severo durante la settimana, nel fine settimana qualcosa di strano ma bello. E non voglio niente di diverso. Voglio continuare ad essere questo oggetto strano ma bello senza definizione, indefinito ed indefinibile. 

La tua mano è  nella mia anche il giorno dopo, che è un po’ come premere il tasto Sport dell’Enterprise, quando nel mondo siamo circondati da fave che si vestono da acchiappafantasmi e sembriamo nettamente superiori con uno sguardo. 

Da lunedì si rientra in modalità “Comfort”, ed è giusto e doveroso. 

Mi sono domandato molto spesso perché noi, che passiamo la giornata insieme, siamo così flessibili nei nostri modi di pensare e di vivere le cose. Alle volte penso che siamo due illuminati che sanno scindere gli ambiti, come le navi hanno i loro compartimenti stagni e non affondano. 

Altre volte penso che non ci sia niente di sbagliato ad essere amici/Colleghi/sostanzialmente complici in tantissime cose. Altre volte invece credo che nessuno di noi sbagli a esserci così, brutalmente l’uno per l’altra e l’una per l’altro. 

E non importa se la gente e gli altri non capiscono, e nel loro essere riduttivi e ridotti vivono di bianchi e di neri, senza assaporare tutti i grigi presenti nelle nostre vite. Il più bel grigio, cari amici che vivete di certezze, stereotipi, cose scontate, ve lo perdete e non sapete nemmeno com’è. Il grigio è per pochi fortunati. 

Non dirò mai che c’è qualcosa di sbagliato. La mia mano nella tua non lo è.

Noi siamo il verso di Rumi: “Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò  laggiù”.


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