venerdì 16 aprile 2021

Guidare la propria vita

 


Montesenario, 2 giugno dell'anno pandemico. 2 giorni al mio trentanovesimo compleanno. Le due Alfa Romeo Duetto, la prima bronzo metallizzato del 1980, la seconda Rosso Winner Micalizzato del 1990, sono parcheggiate al fresco, sotto gli abeti che circondano questo luogo. I quattro componenti degli equipaggi sono fuori a chiacchierare di argomenti che sicuramente non resteranno impressi, ma che fanno parte dell'amicizia.
Per chi non lo sapesse, Montesenario è una bellissima Abbazia posta nel Comune di Vaglia a oltre 800m di altitudine, dove la vegetazione e le strade assumono connotati montani. E' veramente un posto magico, non direi mistico ma magico, a pochi km da Firenze.
Non avevo la donna della mia vita accanto quel giorno, perché si sentiva male, o così diceva, e allora Lorenzo, grande amico appassionato di macchine come  e più di me, era venuto in mio soccorso sul sedile di destra. Eravamo monturati da piloti anni '70, con gli occhiali Carrera Grand Prix che facevano molto James Hunt.
Emanuele e Martina, con la loro dolcezza, erano con noi sulla macchina color bronzo.
Avevamo guidato forte, da Fiesole alla Torre di Buiano.  E' una strada piena di curve anche veloci, intervallate da una vista mozzafiato sulle colline fiorentine.
Non avevamo tirato allo spasimo, ma avevamo pennellato le curve tirando le marce sui 4000/4500 giri al massimo, confidando nei baricentri bassi delle nostre piccole ma cattive vetture storiche. Cambiando a quei regimi, i 2000 bialbero Alfa Romeo danno tutto, il loro meglio, e viaggi in souplesse a velocità altissime, senza accorgertene. E' la vera guida che adoro, quella da granturismo.
La macchina di Emanuele romba dai carburatori, la mia no, essendo ad iniezione, ma l'efficacia è la stessa di questi due mostriciattoli bassi su strada.
Avevamo viaggiato aperti e coi fari accesi, fino a far scansare le auto moderne al nostro passaggio.
Avevamo guidato bene. Avevamo mangiato bene in un ristorante caro alla mia infanzia.
Dall'altra parte del mare c'era l'inizio di una breve crisi, ma ogni cosa sembrava in via di risoluuzione con uno sguardo. E così fu, dopo.
Il mio 39esimo compleanno era vicino, molto vicino.
Vivevo nella speranza che qualcuno al di là del mare suonasse alla porta della stazione di Colle, ed arrivasse velocemente l'abbraccio di cui negavo a me stesso la terribile assenza in quel momento. Volevo che facesse quello che avrei fatto io. Peccavo d'egoismo, rapportando a me stesso quello che avrei preteso dalle altre pesone.
Non lo fece, e non sapevo che il mio 39esimo compleanno sarebbe stato uno dei giorni più brutti della mia vita. La scusa ufficiale era un motivo di salute. La realtà non la conoscerò mai.

Quel giorno non ci pensavo. Eravamo piloti e andavamo forte, senza pensieri con le teste tra le nuvole e il vento sulla pelle, e la dirompenza dell'inizio dell'estate.
Sì, in quel momento credevo di essere il pilota della mia vita, nonostante tutto.
Amavo i viaggi di andata, e odiavo i viaggi di ritorno, anche se rumorosi e curvilinei.
Ora quello che vorrei sarebbe solo un viaggio di ritorno.
Le basi sono sbagliate, le intenzioni erronee. Più insisti e peggio fai, brutta fava.
Oggi, forse ancora di più. Sono sei mesi che non incrocio lo sguardo della donna della mia vita, salvo una fugace apparizione di fine gennaio mentre avevo una mano sulla schiena di Virginia. 
Sono sostanzialmente 5 mesi che la mia vita è pilotata da stati variabili, umori ballerini, voglie strane, ricerca di bersagli facili da puntare, e da notti tachicardiche e insonni.
Allora mi domando il perché di tutto questo, mi domando perché mi ci vorrebbe un punto, una fine, un qualcosa di nuovo a sconvolgere questa vita che sa tanto di spettacolo teatrale. Mi domando perché non posso avere pace.
Sono proprio al punto in cui, con tutte le intenzioni che avevo a giugno, non sarei mai voluto ripiombare.
Mi accorgo che, in realtà, il mio ego razionale vorrebbe venire fuori da questo buco nero in cui sono piombato, ma l'ego irrazionale gli dà una bella pedata e lo rispedisce in fondo alla buca.
Nonostante mi sforzi, non ho elaborato il lutto di 5 mesi fa, non ho elaborato un cavolo.
Dovrei toccare il fondo, come dice la mia grande psicologa.
Solo che ho ragionato in modo serio e responsabile e non ce la faccio. Tengo la mia inquieta mente occupata, costruisco la mia realtà ad esclusivo uso e consumo delle mie idee.
Faccio di tutto, cerco "vittime" per non sentire il fortissimo rumore di fondo che ho dentro.
Prima o poi, però ce la farò ad affrontare tutto questo.
E tornerò ad essere pilota della mia vita.

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