mercoledì 21 maggio 2014

All'ombra delle (poche) palme


Da qualche parte nei cieli sopra la Turchia, notte fonda, più o meno 800km/h; l'A330-343 targato D-AIKS procede a velocità di crociera verso DXB. Dubai International, per i meno avvezzi alle sigle aeroportuali. Il sonno ha finalmente la meglio su di me e mi lascio andare nel mio sedile in posizione anomala; nota: mai scegliere la prima delle ultime file a tre sedili; la prossima volta la seconda, oppure più avanti.

In quel sedile è tutto strano; è disallineato da quelli davanti quindi lo schermo non è davanti ma devo girarmi leggermente a destra per guardarlo; il tavolino esce dal bracciolo, che quindi è pieno ed inamovibile, oltretutto eliminando lo spazio per il telecomando del sistema, che quindi è sul lato interno del bracciolo, diventando quasi inaccessibile. Ma in fondo è tutta esperienza accumulata, qualcosa che imparo, per non sbagliare una seconda volta; perché sbagliare ci sta, ma bisogna apprendere.

Continuo a fare cose giuste e sbagliate, in diverse parti del mondo, in loco come a distanza. Ne ho fatte tante negli ultimi 8 mesi e mezzo. Shanghai. Un nome, una città, tante, troppe sensazioni, troppi ricordi. Tante cose rimaste a metà, incomplete. Potrei provare a elencarle ma forse non è questo il modo, non così strutturato in linee, pensieri e paragrafi. È una grande nuvola dai contorni non sempre definiti che va e viene dalla mia mente.

E poi c'è chi va e chi torna. Echi dolorosi lontanissimi che non diminuiscono e voci che, seppur lontane, tornano a regalarmi sorrisi che avevo quasi dimenticato. Tutto circondato da una grande incertezza sul futuro prossimo. Ma soprattutto c'è il coraggio; il coraggio di ammettere di aver sbagliato e quello di perdonare. Roba non da poco.

Commetterò nuovi errori? Chi lo sa...

Per il momento torno nella mia microbica casa mediorientale e mi lascio cullare dal caldo vento del Golfo Persico, sempre tra mille domande; una in particolare grande grande. Ma forse ci penso meno. E forse devo seguire i consigli di quella voce lontana.

venerdì 2 maggio 2014

Sui sogni


La cosa più divertente è che, quando inizio a scrivere, non so mai cosa scriverò. So che il foglio bianco sottostante al falso inchiostro spaventa, quindi lo cambio in un colore che più si confaccia alle mie esigenze del momento. 
Oggi pensavo ai sogni. Ho sempre sognato qualcosa di diverso da quello che possiedo e mi domando se sia qui perché davvero ci sono voluta arrivare o se mi sono fatta semplicemente trasportare con abbandono dalla corrente di un fiume di eventi; malaugurata ipotesi, quanto, temo, reale.

Ho sempre sognato di viaggiare, costruire, vedere il mondo e raccoglierne ogni frammento in una pagina della mia esistenza. Eppure sono ancora qua, ospite della mia stessa casa, con in mano niente se non un foglio ottenuto con tante speranze, poi mandate in pensione prima ancora di essere messe in atto.
Cosa ho ottenuto? Ricordo di aver per un attimo sperimentato la vita che avrei voluto e di aver provato un’insana solitudine tornando nella momentanea casa accampata in fretta e furia tra le mura ammuffite di un quartiere periferico, ma ricordo altrettanto di essermi trovata a lato di persone che riempivano la mia esistenza ed aver provato la stessa sensazione di solitudine, come l’essenza più intima del mio essere fosse altrove in attesa che mi decidessi a partire.

Partire, restare… troppo spesso ci si illude che un’ipotesi sia migliore dell’altra, solitamente la più comoda.
Una famosa canzone dice “you’ll still be here Tomorrow, but your dreams may not”, ma forse non è così. I sogni rimangono, ma diventano semplicemente irraggiungibili. Se c’è una cosa che ho imparato è quella di non rimandare mai un sogno ad un istante più appropriato, il tempo passa e si cade nella perversa spirale di eventi che, con la sua forza centripeta, ti incolla al suolo.


Forse è già troppo tardi per i miei sogni o forse l’orologio sta ancora ticchettando i suoi ultimi battiti prima che il porto chiuda alle navi in partenza.  Continuo a sperare che sia vero che, quando tutto cambia, cambia in modo estremamente veloce, continuo a sperare che ci sia un punto di rottura in cui il soddisfacente non si a più abbastanza; un punto in cui le eliche iniziano a girare e le barriere del porto si aprano verso un orizzonte di opportunità. 
Forse anche questo è solo un sogno destinato a tramontare.
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